lunedì 23 novembre 2015

I sondaggi, per quanto orientati, confermano che Sinistra Carina è del tutto inutile

La sinistra radicale al 6 % ma la maggioranza vuole un’alleanza con i demRESTA IL PROBLEMA DELLA LEADERSHIP: IL PIÙ FORTE È MAURIZIO LANDINI

ROBERTO BIORCIO FABIO BORDIGNON
ROMA. Quanto vale la sinistra-sinistra, radicale o, comunque, extra-Pd? Sommando tutte le forze dell’area si arriva, oggi, a lambire il 6%. Un risultato tutt’altro che irrilevante, ma sul quale pesano ancora problemi non trascurabili, per quanto riguarda la leadership, le strategie, le possibili alleanze.

Il nuovo soggetto sulla scena politica è Sinistra Italiana: compagine tenuta a battesimo, pochi giorni fa, da Sel e dai fuoriusciti del Pd (tra i quali Fassina, Mineo e D’Attorre). Se ad esso sommiamo i voti delle altre formazioni minori della sinistra (inclusi i marchi storici di Rc e Pdci) le forze alla sinistra del Pd(R), nell’ultima rilevazione dell’Atlante Politico, si attestano al 5.5% dei voti.
Il risultato del sondaggio va preso però con cautela: non esiste ancora, di fatto, un unico “partito”, chiaramente riconoscibile. Va verificato, inoltre, se i voti dei suoi “soci fondatori” - inclusi quelli che ancora non hanno aderito al progetto - siano effettivamente sommabili. Può essere comunque utile analizzarne, fin d’ora, il profilo, i punti di forza e di debolezza. Una formazione unitaria otterrebbe, naturalmente, il suo migliore risultato fra gli elettori di sinistra (19%). Anche in quest’area, tuttavia, sarebbe superata sia dal Pd (43%) sia dal M5S (32%). I suoi consensi sono molto differenziati per livello di istruzione e classe d’età. Tra i giovani sotto i 30 anni e i laureati, le intenzioni di voto si avvicinano al 10%, ma crollano tra le persone meno istruite e tra gli anziani. Non si rilevano grandi differenze in riferimento alle classi sociali, sebbene lavoratori autonomi, pensionati e casalinghe siano poco disponibili a votare per le forze della sinistra-sinistra.
Un cartello della sinistra-sinistra dovrebbe, d’altra parte, fare i conti con diversi dilemmi, di non facile soluzione. Il primo riguarda la leadership. Il più popolare, tra i leader di quest’area, rimane Landini (29%), mentre Civati, Vendola e Fassina si attestano appena sopra il 20%. Nessuno, tuttavia, stacca nettamente gli altri, sia nell’elettorato generale che in quello di sinistra. Si rilevano, poi, divisioni in merito alle possibili alleanze con il Pd e alle scelte di voto in caso di ballottaggio Pd-M5S. Prevalgono le posizioni favorevoli ad un patto con il partito del premier (87%) e alla scelta per il Pd in un eventuale secondo turno. Non mancano, tuttavia, opinioni di segno opposto. Nodi strategici, da sciogliere per definire l’identità e il profilo politico di un nuovo partito.


L’incertezza “congela” la politica Rischio Pd ai ballottaggi col M5SLa distanza tra il partito del premier e dei pentastellati si sta riducendo a meno di 4 punti. Per il presidente del consiglio invece la partita sarebbe in discesa in caso di scontro con il centrodestra

Stabili i democratici, in lieve crescita i grillini. Sale il gradimento di Renzi e Salvini. Spunta anche Diego Della Valle con una popolarità al 33 per cento. Controsorpasso della Lega su FI. SI al 5,5

ILVO DIAMANTI
I tragici avvenimenti di Parigi hanno “congelato” il clima d’opinione - politica - in Italia. Come se l’esigenza di “unità” avesse, in parte, stemperato le tensioni interne. Le polemiche fra leader e partiti, al proposito, sono apparse meno violente che in altre occasioni. Anche così si spiegano gli orientamenti emersi nel sondaggio dell’Atlante Politico di Demos, condotto nei giorni scorsi, in ambito nazionale. L’indice di gradimento del governo: sale al 46%, 4 punti più di un mese fa. Anche la fiducia personale nei confronti di Matteo Renzi risale al 48%. In entrambi i casi, un grado di consenso che non si osservava dalla scorsa primavera. Tuttavia, la richiesta di “tregua politica”, nell’opinione pubblica, non favorisce solo il premier e il governo. La fiducia nei confronti dei leader politici, infatti, fa osservare un miglioramento generalizzato. Tutti, infatti, rafforzano la loro immagine, agli occhi dei cittadini. Ad eccezione di Giorgia Meloni, il cui gradimento scende al 33%: 3 punti in meno, rispetto a un mese fa. Quando, però, aveva beneficiato del dibattito seguito alle polemiche “romane”. Fra gli altri, risulta interessante la crescita di fiducia verso Salvini. Trainato, probabilmente, dalle polemiche sugli stranieri. E sul pericolo generato dai profughi in arrivo dal mare. Salvini, infatti, raggiunge il 38%: 5 punti più di un mese fa. Dietro di lui – e a Renzi – incontriamo i due leader del M5s: Grillo e Di Maio. Insieme a Bersani e, appunto, a Giorgia Meloni, compresi fra 32 e 34%. Unica novità: Diego Della Valle. L’ultimo arrivato sulla scena politica, insieme a un nuovo marchio: “Noi italiani”. L’imprenditore marchigiano – presidente della Fiorentina – ottiene un buon grado di consensi: 35%. Meno di Salvini. Molto meno di Renzi. Ma (poco) più di Grillo, Di Maio e tutti gli altri. Tuttavia, come si è visto in passato, il vantaggio competitivo delle figure “nuove”, provenienti dall’esterno, tende a sfumare quando “si scende in campo” e la novità finisce.

Così, in attesa che il clima internazionale si raffreddi – oppure, malauguratamente, si riscaldi ulteriormente - gli italiani guardano alle vicende e ai personaggi della scena politica interna con un certo distacco. Comprensibilmente. Le stime di voto lo confermano. E riproducono un profilo con pochi (anche se significativi) scostamenti, rispetto al mese scorso. Davanti a tutti, il PD di Matteo Renzi. Quindi, il M5s. Il PD: 31,6%, appena sotto un mese fa. Il M5s appena sopra: 27,4. La distanza fra i due partiti, dunque, si consolida, intorno a 4 punti. L’arretramento del PD di Renzi, peraltro, si spiega anche con l’avvio della Sinistra Italiana (SI), a cui hanno aderito SEL e altri gruppi, insieme agli esponenti della sinistra del PD usciti dal partito. SI, infatti, potrebbe intercettare una quota di elettori dalla base del PD. Non è detto che si tratti di un prezzo eccessivo, per Renzi. Il quale mira ad attrarre maggiormente gli elettori moderati. E, quindi, a distinguersi dalle posizioni di Sinistra più marcate. Ora interpretate ed espresse dalla SI.
Tuttavia, è interessante osservare come una maggioranza – limitata – di elettori del PD (53%) sosterrebbe l’ipotesi di un’intesa, in vista delle prossime elezioni politiche. Si tratta, tuttavia, di un consenso assai più ridotto rispetto a quello espresso dalla base elettorale di Sel-SI. La cui “sopravvivenza”, senza il traino del PD, verrebbe messa seriamente in discussione dalla nuova legge elettorale. Un motivo in più, probabilmente, per spingere il premier a non tornare indietro. E ad “allontanare” il nuovo soggetto politico dal (sempre più) suo Pd(R).
Riprendendo le stime elettorali, l’unica vera novità appare la risalita della Lega di Salvini, oltre il 14%. E il parallelo arretramento di FI, sotto il 13%. Da ciò, il ri-sorpasso della Lega, che ri-supera, anche se di poco, FI. Da ciò, anche il consenso, largamente maggioritario, per una lista comune, che unisca Lega e FI. Una prospettiva sostenuta da circa 8 elettori su 10, in entrambi i partiti. Per necessità. Ma se il percorso unitario, a destra, appare con-diviso, le idee su chi lo debba guidare appaiono divise. Prevale, fra gli altri, Matteo Salvini. Oltre un terzo degli elettori di Centrodestra lo vorrebbe leader di una lista unitaria. Ma il 27% preferirebbe Silvio Berlusconi. Mentre il 17% punta su Giorgia Meloni. Le opinioni, al proposito, sono ovviamente influenzate dagli orientamenti di partito. E ciò potrebbe, al momento della scelta, complicare la confluenza degli elettorati dentro a un unico collettore politico. Dietro a un’unica bandiera. Per ora, osserviamo che, in caso di ballottaggio (come prevede la nuova legge elettorale, se nessuna lista superasse il 40%), il PdR prevarrebbe senza troppi problemi contro i soggetti di Centrodestra. Di larga misura (20 punti) contro la Lega – da sola. Ma in modo netto (più di 11 punti) anche contro una lista unitaria, che associasse la Lega di Salvini e il partito di Berlusconi.
Così, l’unica sfida veramente incerta appare (e sarebbe) quella fra il PdR e il M5s. Come si era già osservato un mese fa. Ma oggi l’incertezza appare ancora maggiore. Una distanza di poco più di 4 punti, 52% a 48%, si traduce, infatti, in una differenza di 2 punti. Perché ogni punto in più per una lista è sottratto, automaticamente, all’altra. In altri termini: ogni esito pare possibile. Anche perché il M5s non sembra più condannato al ruolo dell’opposizione “non alternativa”. Certo, due terzi degli elettori pensano che non sarebbe in grado di governare, a livello nazionale. Ma quasi metà lo ritiene, al contrario, adeguato, in caso di vittoria, ad amministrare le grandi città dove si vota l’anno prossimo. Come Roma, Milano, Torino. Un’idea condivisa da quasi tutti gli elettori del M5s. Due anni fa non era così. Il M5s era “solo” un voto di protesta. Per quasi tutti gli elettori italiani. E per gran parte degli elettori del M5s. Ma i tempi cambiano. E il clima di insicurezza, alimentato dal terrorismo, vicino e lontano, contribuisce a modificare, ancora, e profondamente, il nostro sentimento politico. Anzi: i nostri sentimenti.

Civati e Possibile: «Non una Leopolda»
Sinistra. A Bagnoli gli stati generali del nuovo partito-movimento. «Nessuno problema con Sel, ma servono facce nuove, non basta mettersi d'accordo fra noi»di Adriana Pollice il manifesto 22.11.15
NAPOLI L’Arenile reloded, un locale sul mare di Bagnoli, il luogo scelto da Pippo Civati per avviare l’iter congressuale (che si concluderà il 7 febbraio), varare regolamento e comitato di garanzia di Possibile: «Avevo promesso il 21 giugno che avremmo seguito un processo di condivisione dal basso per creare il nostro movimento o partito, non importa l’etichetta» spiegava ieri Civati. A Napoli, nell’arco dell’intera giornata, sono arrivati un migliaio di iscritti da tutta Italia (5mila i tesserati totali, secondo le cifre degli organizzatori), il contingente più numeroso dalla Lombardia, seguito da Lazio e Campania.
I lavori iniziano con un minuto di silenzio per gli attentati di Parigi. Poi avanti con i lavori. «Non è un evento, non è una Leopolda, oggi parleremo poco di Renzi e delle sue trovate — attacca Civati -. È un momento programmatico pure serioso, una volta approvata la parte legislativa discuteremo di progetti e impegni, anche in campo sociale come fa Maurizio Landini con la sua Coalizione».
Possibile dovrebbe funzionare così: i comitati territoriali decidono un progetto da portare avanti, che viene condiviso e votato sulla piattaforma internet, «una piattaforma democratica — sottolinea -, non come Casaleggio. La nostra sarà davvero una piramide rovesciata: ogni tre mesi si vota sul web ma prima si sta sul territorio a discutere. Non è un ’like’: facebook senza i banchetti non funziona, ci vuole la pratica politica».
Possibile come via d’uscita dalla struttura partito: «Ideiamo un modello nuovo, lo statuto lascia margini aperti, abbiamo solo due punti fermi: il comitato locale e l’assemblea permanente. Ma non vogliamo fare da soli: offriamo un modello per riorganizzare il campo largo del sinistra. È una formula per tutti quelli che non si riconoscono nel Partito della Nazione, visto che l’Ulivo si è essiccato, ha preso la xylella».
In sala l’età media è intorno ai trent’anni, qualcuno viene dal Pd o dai 5Stelle ma molti sono alla prima esperienza. Nel pomeriggio arriva il segretario del Prc, Paolo Ferrero. Resta aperto il tema dei rapporti a sinistra, spesso descritti come difficili. Con il leader della Fiom, ad esempio, c’era stata tensione sui referendum abrogativi proposti da Possibile: «Con Landini i rapporti sono ottimi — spiega oggi Civati -, certo lui fa un altro mestiere, sono curioso di sapere se la sua Coalizione sociale ha fatto passi avanti: è un modello simile al nostro a cui guardo con interesse. Per quanto riguarda Sinistra Italiana, sono le stesse persone che stimavo prima, non ho alcuna avversità nei loro confronti. È solo che non si tratta di metterci d’accordo tra di noi. Così non si liberano energie nuove. Voglio vedere anche facce diverse dalle nostre. Proviamo a fare un viaggio in Italia come fece Prodi: il suo manifesto è ancora attuale e se Renzi lo leggesse qualche dubbio, secondo me, comincerebbe a porselo».
Stefano Fassina e la pattuglia di Sel ieri erano a Roma alla manifestazione della Fiom: cosa li divide da Civati? «La formazione in Parlamento del gruppo — la replica — che è già un gruppo-partito. Ma la discussione resta aperta, a sinistra abbiamo l’esigenza di non rimanere schiacciati tra Grillo, Renzi e Salvini, modelli molto prepotenti. Se anche noi ci preoccupiamo subito dell’egemonia finiremo sopraffatti dalle formazioni più grandi. Ci sono molte contraddizioni anche nel Partito democratico che primo o poi verranno a galla. La dialettica tra destra e sinistra, che i dem cercano di negare, alla fine spunta fuori: qualche sospetto ce l’avevo dall’inizio, ma se avessi detto ai tempi della prima Leopolda ’Renzi farà le riforme del centrodestra’ mi avrebbero preso per un cretino. Oggi però parla di Ponte sullo stretto, Jobs Act e Sblocca Italia».
Durante la prima sessione di lavori arriva la notizia della candidatura di Antonio Bassolino alle primarie di coalizione del Pd per le comunali di Napoli: «Bassolino e il governatore Vincenzo De Luca sono la prova che Renzi non ha classe dirigente sui territori — il commento di Civati -. Quella di Renzi è proprio una modernizzazione impetuosa e sconvolgente: ha scambiato il futuro con il passato. Non discuto mai le vicende giudiziarie, ma De Luca non bisognava candidarlo, anche perché ha costituito una sorta di Partito della regione, in anticipo sull’intesa nazionale tra dem e Verdini». Da Fassina è già arrivato l’endorsement a Luigi de Magistris: «Il sindaco di Napoli — conclude Civati — cerca un po’ tardivamente il rapporto con i partiti. I comitati locali potranno confrontarsi, ragionare insieme sul tema. Non è una pregiudiziale ma la discussione va fatta. Nel 2011 consigliai il Pd di votarlo, allora la sua candidatura fu interessante perché saltò il Partito della nazionale ante litteram, cioè il blocco che si stava creando, ma è mancato un lavoro di relazione. È stato un sindaco molto ’demagistrisiano’». 

Landini in piazza: “Renzi, noi non ci fermiamo”
Unions. Il segretario Fiom con le tute blu a Roma per il contratto e contro la legge di Stabilità. Tanti immigrati. «No alle guerre e al terrorismo». «Cgil, Cisl e Uil organizzino una grande mobilitazione sulle pensioni». L’anno prossimo il referendum per abrogare il Jobs Act. Sintonia con Susanna Camussodi Antonio Sciotto il manifesto 22.11.15
ROMA Noi non ci fermiamo e andremo avanti». Maurizio Landini conclude così il comizio più breve della sua storia di sindacalista, la pioggia è troppo forte e Piazza del Popolo rischia di svuotarsi. La frase è riferita a Matteo Renzi: parla del referendum contro il Jobs Act che la Fiom, insieme alla Cgil, prepara per il prossimo anno. Parla delle pensioni, con la proposta di una «grande mobilitazione che Cgil, Cisl e Uil devono organizzare dopo gli errori del passato». Ma c’è l’acqua che inzuppa vestiti e cappucci. La testa degli italiani — anche delle tute blu — è ferma a quelle immagini di Parigi, c’è la paura di un attacco terroristico e la voglia di reagire. C’è un 10% di manifestanti che a Roma non ci è venuto, nonostante gli oltre 230 pullman organizzati da tutta Italia, perché è difficile continuare a comportarsi come fino a dieci giorni fa.
Landini ovviamente — come ha spiegato due giorni fa sul nostro giornale — ha subito cambiato il verso della manifestazione — Unions! Per giuste cause — dedicata originariamente al contratto e alla legge di Stabilità, ma poi diventata un netto no alla guerra e al terrorismo. Ieri infatti a guidare il corteo partito da Piazza della Repubblica c’era un folto gruppo di lavoratori immigrati, delegati Fiom delle fabbriche, soprattutto del Nord Italia, che portava uno striscione con su scritto «No alle guerre. Io non ho paura».
«Il mondo del lavoro è contro il terrorismo e contro le guerre. La lotta contro il terrorismo si fa difendendo la democrazia — ha esordito Landini — C’è il rischio che dopo i fatti di Parigi possa essere messo a repentaglio il processo di integrazione dei migranti e noi siamo qui per combattere culturalmente l’assioma migranti-terroristi». «C’è qualcuno che vende armi e compra petrolio dai terroristi, quindi il primo embargo da fare è economico — ha aggiunto il segretario della Fiom, ricordando che «nel nostro Paese il movimento dei lavoratori e il movimento operaio hanno combattuto e sconfitto il terrorismo. Quando tu accetti la riduzione degli spazi di democrazia in realtà stai facendo il gioco di quelli che vorrebbero far diventare tutto questo una guerra di civiltà». «La democrazia e la libertà si difendono praticandole. Capisco la paura, ma va superata insieme».
«La guerra non può essere la soluzione: dopo l’11 settembre si rispose con la guerra, e il risultato è che è nato l’Isis», ha spiegato Landini. Allora, «se il governo vuole fare delle cose vere è ora che dia il diritto di voto agli immigrati, che non faccia pagare la tassa di soggiorno e che abolisca del tutto la legge Bossi-Fini». Il leader delle tute blu ha anche voluto ringraziare «le forze dell’ordine e l’intelligence», perché «con il loro lavoro contribuiscono a difendere la democrazia, e il nostro diritto a fare manifestazioni come questa».
«Ieri è stata di nuovo posta la fiducia sulla legge di Stabilità — ha poi aggiunto Landini, passando ai temi più prettamente economici — Una manovra sbagliata, che non serve, perché il nostro problema è il lavoro». «La manovra va cambiata: è necessario introdurre una tassa sui grandi patrimoni e fare investimenti, non tagliare la sanità, i Caf e i patronati».
Sulle pensioni, per il segretario della Fiom è necessario «abbassare l’età di uscita e reintrodurre quelle di anzianità per i lavori più pesanti». Si deve pensare poi «agli esodati e ai lavoratori precoci». Mentre l’invito ai leader confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo è quello di lanciare una mobilitazione forte su questo tema.
Camusso, dal canto suo, ieri è apparsa molto in sintonia con i suoi metalmeccanici. Rilassata (per quanto ovviamente lo possa permettere il grave contesto che tutti viviamo). Presente a tutto il corteo, è rimasta fino alla fine del comizio di Landini, stando pochi metri dietro di lui. Alla fine i due segretari si sono scambiati dei sorrisi e hanno parlato prima di congedarsi.
Sembra archiviato il “freddo” del marzo scorso, quando si era all’esordio di Coalizione sociale, e la leader Cgil era rimasta ferma sulle scalette del palco.
La sintonia è soprattutto sul referendum sul Jobs Act e sul nuovo Statuto dei lavoratori, e poi dentro la Cgil serve unità, perché troppi lavoratori sono ancora senza contratto. Ieri tanti segretari erano presenti, per dar man forte a Landini: Rossana Dettori della Fp, Walter Schiavella della Fillea, Mimmo Pantaleo della Flc, Claudio Treves del Nidil, solo per citare quelli che abbiamo intravisto. E Landini infatti ha ricordato che «sono sei milioni i lavoratori che da anni non vedono un nuovo contratto». Rimandando i suoi al prossimo round con Federmeccanica, il 4 dicembre.
Ultima notazione: ieri è stato anche l’esordio di piazza per la nuova Sinistra italiana. Tra le tute blu presenti Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre e Nicola Fratoianni. 


Democrack Minoranze riunite a dicembre, ma il candidato Rossi sarà alla Leopolda
Pd, cuperliani bersaniani e ex civatiani si unificano a dicembre. Ma il candidato della sinistra interna ha già detto che sarà alla kermesse di Renzi
il manifesto 22.11.15
Le minoranze Pd, bersaniani e cuperliani e ex civatiani, si unificheranno il 12 dicembre a Roma. Per quel giorno hanno programmato un’iniziativa «sulla sinistra e le sfide dell’Italia e dell’Europa». Lo annunciano Roberto Speranza (Area riformista), Gianni Cuperlo (Sinistradem) e Sergio Lo Giudice (Rete dem). L’obiettivo è «radicare l’ancoraggio del Pd al campo largo del centrosinistra per un nuovo centrosinistra di governo». Escluso l’abbandono del Pd. La data non è felice, non solo per le tristi memorie della storia italiana ma per la coincidenza con la Leopolda di Renzi. Ma è una data di ripiego; l’appuntamento era per il 5 dicembre, ma per quel giorno il partito ha annunciato la giornata dei banchetti in giro per l’Italia.
La contemporaneità con la Leopolda sarà un bel problema per il candidato che (in teoria) a nome della sinistra interna vuole sfidare Renzi a congresso, se e quando ci sarà (per statuto dovrebbe svolgersi nel 2017): è Enrico Rossi, governatore della Toscana e già in corsa per le primarie per la segreteria. Ma il guaio è che Rossi ha già annunciato che in quei giorni sarà alla Leopolda, che pure ritiene «un’assemblea di corrente».

Assemblea di gennaio: «Noi ci siamo», Possibile non perda questa occasione
Act! , L’Altra Europa con Tsipras, Sergio Cofferati, Stefano Fassina, Nicola Fratoianni, Andrea Ranieri il manifesto 26.11.15
 Care compagne e compagni di Possibile, abbiamo seguito con grande interesse e partecipazione i vostri Stati Generali di Napoli. Molte delle cose su cui avete discusso e deliberato ci accomunano. Ci accomuna la volontà di dare vita ad un nuovo soggetto politico di sinistra alternativo al Pd e alla deriva politica, economica e sociale del nostro paese.
E comune è la volontà di costruire una teoria e una pratica politica che metta al centro la salvezza del pianeta dal disastro ecologico, dal crescere insostenibile delle disuguaglianze, dalla guerra e dal terrorismo, cogliendo la connessione tra l’insieme di questi elementi, come ci invita a fare con appassionata lucidità anche l’enciclica di Papa Francesco. Per un’azione politica che sappia tenere insieme una nuova idea d’Europa e una pratica sociale diffusa sul territorio, che già oggi pratichi una nuova idea di sviluppo, di economia, di società.
Gli stessi sono gli interlocutori europei e internazionali con cui vogliamo costruire un discorso comune. Le tante sinistre che in Europa e nel mondo sorgono per dare voce ai diritti negati e lavorano concretamente per uscire dalla politiche neoliberiste. E lo stesso è il popolo a cui ci rivolgiamo, quello che era nelle piazze della Fiom e della coalizione sociale, nelle grandi manifestazioni per la scuola pubblica, quello che sarà il 29 nelle manifestazioni per salvare il mondo dal disastro ambientale.
E anche per noi il nuovo soggetto politico deve essere democratico e partecipativo, unitario e di tutti, autonomo e alternativo, profondamente innovativo e differente, capace di segnare una vera discontinuità rispetto alle pratiche politiche del passato. Anche delle nostre.
Tutte queste cose le abbiamo scritte anche con la vostra partecipazione, nel documento preparatorio Noi ci siamo, lanciamo la sfida della assemblea che abbiamo promosso per metà gennaio, con l’obiettivo di dare l’avvio al processo di costruzione del soggetto politico nuovo, dotato di completa sovranità e autonomia. A cui si aderisce come persone e non come sigle, facendosi attraversare dalle volontà e dalle intelligenze di quanti vorranno prendere parte al progetto, e che avranno tutti lo stesso valore e la stessa voce in capitolo di quanti in politica ci sono da tanto tempo. In questo modo organizzeremo i luoghi della politica sul territorio, come centri di elaborazione politica a partire dalle specificità e dalla concretezza dei problemi, nodi essenziali non solo della mobilitazione ma anche della elaborazione politica e culturale.
Per tutto questo non capiamo il vostro ritrarvi, deciso a Napoli, da questo lavoro comune. Se il nuovo soggetto politico dovrà promuovere creatività, intelligenza collettiva nei luoghi del lavoro e della vita, occorre tenere insieme tutti quanti vogliono impegnarsi in questo lavoro, come del resto sta già avvenendo in molti luoghi d’Italia. Sarebbe davvero insensato vedere sorgere sui territori e nelle piattaforme informatiche strutture concorrenti sul loro grado di alternatività, di creatività, di innovazione. Sarebbe la cosa più vecchia del mondo, quella su cui la sinistra alternativa ha fallito tutte le sue prove.
Per questo crediamo che tutte e tutti debbano dar prova di generosità ricercando quello che hanno in comune, e non invitando il proprio popolo a schierarsi sulle differenze.
Nelle iniziative che avvengono già in questi giorni in molti luoghi del nostro Paese emerge con forza una straordinaria tensione all’unità, nuova e diversa dalla unità in vista di cartelli elettorali attraverso cui le vecchie organizzazioni hanno spesso legittimato se stesse per poi tornare a dividersi il giorno dopo. L’unità di tutte le persone che sanno come sarà duro e difficile il compito che si prefiggono, di quanti ostacoli dovranno superare, di come sarà accidentato il percorso. Ma che proprio per questo con tanto coraggio e tanto entusiasmo intendono percorrerlo insieme. Ed esserne i protagonisti. L’assemblea di gennaio sarà la loro assemblea. Non perdete la straordinaria occasione di esserci.
Campidoglio. Sinistra, spunta un’altra ipotesi per la corsa delle amministrative. Domani Fassina ad Ostia: 'inizio un percorso'. Resta in ballo anche l'ex sindaco Marinodi Daniela Preziosi il manifesto 26.11.15
ROMA Pippo Civati e la sua ’Possibile’ avrebbero un’idea sulla corsa per il Campidoglio. Neanche a dirlo, sarebbe del tutto diversa dalle ipotesi fin qui in ballo a sinistra. Lo ha scritto ieri ilfattoquotidiano​.it raccogliendo voci che circolavano da giorni, e riferendo che il nuovo partito-movimento che fa capo al deputato ex pd avrebbe identificato «l’uomo giusto per la poltrona più importante del Campidoglio». Sarebbe il combattivo trentanovenne Riccardo Magi, neosegretario dei Radicali italiani, ex consigliere comunale radicale eletto nella lista Marino; ma poi spesso schieratosi contro il sindaco.
Fino a qui Civati si era tenuto alla larga dalla corsa della Capitale, del resto ancora lontanissima dal suo inizio. Si era giusto limitato a ipotizzare «una mano tesa» verso Ignazio Marino casomai l’ex sindaco decidesse di ricandidarsi fuori dal Pd. Marino per Civati resta «un interlocutore». E così per il partito di Vendola che il 3 dicembre ha organizzato con lui un incontro pubblico al quartiere Alessandrino. E però Sel nel frattempo ha dato la sua benedizione alla «disponibilità» di Stefano Fassina, che infatti nel pomeriggio di domani «avvierà un percorso» al Teatro Manfredi di Ostia Lido. Un «percorso» che potrebbe finire con una candidatura.
Nella sinistra di rito vendoliano sul nome di Magi non c’è storia; quanto meno la candidatura a sindaco. Negli scorsi due anni i rapporti fra Sel e il radicale, compagni di maggioranza, non sono stati un granché cordiali. A partire da un litigio sulla ’manovra d’aula’ del 2013, denunciata dal radicale e poi ritirata dal sindaco. Fino alle differenze sui sindacati: ai quali Sel è vicina, Magi molto meno. Va detto però che negli ultimi giorni dell’era Marino gli uni e l’altro si sono ritrovati a fianco contro il Pd.
Per i civatiani l’idea Magi per ora resta, appunto, giusto un’idea. «Magi è bravissimo, è uno che studia le questioni e sa poi anche praticarle sul campo, come ha fatto sulle spiagge di Ostia o sui campi rom», spiega il romano Luigi Corvo. «Noi però sceglieremo un nome con un nuovo approccio: metteremo insieme cento persone con competenze ed esperienze su Roma e raccoglieremo le loro idee». Senza dimenticare Marino: «Ci interessa molto la discontinuità della sua giunta verso le pratiche tradizionali per esempio su rifiuti e urbanistica». Ma in conclusione «ad oggi non abbiamo candidato nessuno. Quando sarà lo decideremo insieme: non Civati da solo».
E Magi? Magi ci va piano. Anzi pianissimo. «Civati ha condotto con noi l’iniziativa popolare per il superamento dei campi rom e per la riforma dell’accoglienza ai rifugiati», spiega. Con la sinistra tradizionale qualche differenza d’impostazione c’è. «A Roma non sono più rinviabili le riforme dei servizi pubblici locali, anche con la messa gara. Il “bene comune” deve essere l’efficienza del servizio: dai trasporti alla gestione dei rifiuti. Va chiusa la stagione delle municipalizzate come l’Atac, mandate in bancarotta dal costo delle clientele. Queste sono le battaglie condotte in consiglio e per queste riforme continueremo a lavorare anche in vista delle amministrative. Aperti, al contributo di Possibile. Come di chiunque altro vorrà condiverle». 


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