domenica 15 novembre 2015
Il lato oscuro di Laclau: neuroscienze, egemonia come propaganda e fine della politica
Viaggio nella (mia) mente Così scegliamo chi è il leader
Il fascino, la capacità attrattiva e gli effetti sugli interlocutori Svelati i misteri della neuropolitica
Il
ricercatore della Sapienza «Ci sono cose che diciamo a tutti e altre
che confidiamo a pochi. Poi ci sono cose che diciamo solo a noi stessi e
altre che non diciamo a nessuno: i test le rivelano tutte»
di Anna Meldolesi Corriere 15.11.15
Silvio Berlusconi non lo sa ma io sono rimasta appesa al suo sguardo. Mi
sono fidata di lui al punto da affidargli i miei soldi. Spero presto di
poter interagire con il suo avatar in una caverna per la realtà
virtuale. Con Matteo Renzi, per ora, ho dovuto accontentarmi solo di un
gioco di sguardi. Si chiama neuropolitica ed è la disciplina emergente
che analizza i correlati cerebrali degli orientamenti politici. In
Italia il gruppo di riferimento è quello di Salvatore Maria Aglioti,
alla Sapienza università di Roma. È qui che comincia il mio viaggio in
tre puntate alla scoperta del mio cervello e delle neuroscienze made in
Italy . Ho contattato alcuni dei laboratori più avanzati del Paese
chiedendo di poter partecipare agli esperimenti e raccontarli in prima
persona. Sono al tempo stesso cronista e soggetto sperimentale.
«Ci sono cose che diciamo a tutti. Altre le confidiamo agli amici o alla
moglie. Poi ci sono le cose che diciamo solo a noi stessi e quelle che
non diciamo a nessuno. I test le rivelano tutte», mi dice Aglioti. A
sinistra è facile trovare persone disponibili a farsi testare, con la
destra bisogna faticare di più. Il primo passo consiste nel tracciare il
profilo psicologico e morale dei volontari con una sfilza di domande su
concetti chiave come l’uguaglianza e il merito, la libertà e la
censura. Mi torna in mente Giorgio Gaber e il suo esilarante elenco su
cos’è la destra e cos’è la sinistra. La neuroversione riveduta e
corretta della canzone suonerebbe più o meno così: il senso
dell’autorità è di destra, il nevroticismo è di sinistra/
l’estroversione è di destra, l’amicalità invece è di sinistra… Mi siedo
davanti all’ eye tracker . Sembra un normale decoder per la tv ma emette
due coni di raggi infrarossi, che sbattendo sulle mie pupille rivelano i
miei movimenti oculari. Dopo la fase di calibrazione, sullo schermo di
fronte a me compare un primo piano di Renzi con un’espressione neutra.
Ha un quadratino luminoso sul naso all’altezza degli occhi. «Se diventa
arancione lei sposti lo sguardo a destra, se diventa azzurro lo sposti a
sinistra. Ignori qualunque altro segnale», mi istruisce la ricercatrice
Giusi Porciello, mentre si prepara ad analizzare i miei tempi di
reazione e i miei errori. Il problema è che gli occhi del premier non
rimangono sempre fissi. Spesso Renzi ammicca in una direzione 75
millisecondi prima che la lucina mi indichi di guardare in quella
opposta. So di dover reprimere l’istinto a imitarlo ma non sempre ci
riesco. Seguire i movimenti oculari di chi abbiamo di fronte è un
comportamento automatico sin dai primi mesi di vita, serve a
identificare le opportunità e soprattutto i pericoli. Più ci si
identifica con qualcuno, più si è attratti dal suo sguardo. La risonanza
magnetica rivela che durante questo compito si attiva un grande network
, il circuito dorsale frontoparietale. Se si interferisce con
quest’area cerebrale attraverso una stimolazione magnetica mirata,
l’effetto imitativo aumenta e diventa più difficile ignorare lo sguardo
del leader. Sono la prima persona a testare la forza dello sguardo di
Renzi, ma il gruppo della Sapienza ha già fatto questo esperimento con
Berlusconi. Quando era ancora presidente del Consiglio (lo studio è
uscito su Plos One ) e dopo le dimissioni (il lavoro è in via di
pubblicazione su Experimental Brain Research ). Il potere attrattivo dei
suoi occhi, ovviamente, è maggiore per gli elettori di centrodestra,
anche se riesce a fare saltuariamente presa nel campo avverso, ed è
diminuito quando ha lasciato il governo del Paese. In confronto Pier
Luigi Bersani suscitava un basso livello di identificazione persino tra i
suoi, ha rivelato l’ eye tracker .
Ma lo spartiacque tra simili e diversi, ingroup e outgroup , non è solo
una questione di destra e sinistra. Aglioti ha tracciato lo sguardo di
alcuni politici locali a Verona usando le foto dei leader nazionali e
uno stimolo neutro in qualità di controllo. Il risultato è che i
politici si identificano maggiormente con gli avversari che con un
personaggio televisivo amato come Gerry Scotti. Potrebbe essere
l’effetto casta, ipotizza lo scienziato, che vorrebbe continuare a
lavorare con militanti e politici di professione e domani parlerà
proprio di neuropolitica con l’attore Antonio Albanese al teatro
Palladium di Roma, nell’ambito delle Lezioni sul progresso della
Fondazione Telecom.
C’è un altro test che mi aspetta, si chiama «Trust game». Mi fanno
credere che un istituto americano abbia sviluppato un programma che
consente di modellizzare il comportamento di persone note e di prevedere
le loro scelte in un gioco economico. «Questo ti consentirà di
interagire con un modello di Berlusconi. Tu sei l’investitore e lui
l’amministratore», mi dicono. La classica domanda «compreresti un’auto
usata da quest’uomo?» diventa «quanti soldi gli affideresti sapendo che
li farà quadruplicare ma non è tenuto a restituirli tutti?». Posso
puntare da uno a 10 euro e scelgo una via di mezzo. I miei 5 euro nelle
mani di Berlusconi diventano 20 ma lui non me ne dà indietro nessuno.
Vediamo se mostrando più fiducia vengo ripagata, penso. Gioco 10 euro
che diventano 40 e ne ricevo indietro 20. Provo con 8, ne ottengo zero.
Non è giusto! Vado avanti così per un po’, finché arriva la spiegazione:
la sequenza è stata scelta dagli sperimentatori perciò non ho giocato
con un modello di Berlusconi, ma il fatto che lo pensassi ha influenzato
la mia strategia. In teoria dovremmo fare scelte razionali che
massimizzano i profitti, in pratica ci lasciamo influenzare dalla
suddivisione in amici/nemici. Finché il presunto amministratore
Berlusconi si comporta correttamente tutti investono cifre alte. Quando
si dimostra unfair , invece, i soggetti di centrosinistra abbassano la
posta mentre quelli di centrodestra non si scoraggiano.
Anche la personalità dei singoli conta: più si è sensibili all’autorità,
meno si tiene conto delle evidenze. Succede lo stesso con gli altri
leader? Per ottenere il via libera alle prossime sperimentazioni da
parte del comitato etico e reclutare i volontari servirà qualche mese.
Ma Beppe Grillo è difficile da studiare con questi test. «È una
nebulosa, i suoi elettori vanno da un estremo all’altro, mettendoli
insieme i dati diventano evanescenti», sostiene Aglioti. «Anche Renzi
raccoglie simpatie tra elettori diversi e potrebbe risultare difficile
da decifrare».
Tra le idee al vaglio presso il laboratorio che il neuroscienziato
dirige alla Fondazione Santa Lucia c’è quella di sperimentare con degli
avatar che abbiano le fattezze fisiche di Berlusconi e altri leader.
Sarebbe interessante vedere come le persone reagiscono davanti alle loro
emozioni. Chi prova empatia e chi il suo contrario, chi soffre e chi
gioisce nel vederli soffrire. Le possibilità offerte dalla realtà
virtuale sono tante, lo proverò sulla mia pelle nella prossima puntata.
(1 - continua)
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