domenica 15 novembre 2015

Un libro su Michel Serres

Michel Serres, a cura di Gaspare Polizzi e Mario Porro, Milano, Marcos y Marcos, pagg. 434, € 25,00

Risvolto
Nella sua lunga attività di filosofo, raccolta in circa sessanta libri, Michel Serres (Agen, 1930) ha attraversato numerose discipline, spesso lontane fra loro – dalle matematiche alla letteratura, dalla fisica all’estetica, dal diritto alla storia, dall’antropologia all’informatica, dalla sociologia alla chimica – per trarne una visione globale.
Un grande racconto transdisciplinare per affrontare la complessità contemporanea. Nel 1969 ha avviato un ambizioso progetto di filosofia della comunicazione sotto il segno augurale di Ermes. Queste ricerche fanno perno sulla considerazione dell’avvenuta svolta epocale che dal mondo della produzione e dell’industrialismo (Prometeo) ha condotto a quello della comunicazione e dei messaggi (Ermes), per disegnare l’orizzonte di una nuova cultura della comunicazione e dello scambio, che unisca le scienze, le arti, le leggi e le religioni, in una ‘nuova alleanza’, e stabilisca un nuovo patto naturale e morale tra uomini e natura. Nei suoi ultimi scritti (2001-12) Serres ha affrontato i nodi ontologici, cognitivi ed etici più rilevanti della condizione umana nella tarda modernità, nel segno della ricognizione di una nuova ‘emergenza’ dell’umano.

Le sezioni del volume, a cura di Gaspare Polizzi e Mario Porro, seguono il complesso itinerario serresiano, cronologico e tematico, rendendo conto della sua proposta filosofica. Un libro di filosofia e insieme un manuale per leggere il contemporaneo.
Nel volume, scritti mai tradotti in italiano di Michel Serres; interviste e conversazioni con Marco Belpoliti e Mario Porro, Roberto Berardi, Jean-Paul Enthoven, François Ewald, Jean-Claude Guillebaud, Bruno Latour, Martin Legros e Sven Ortoli, Pierre Léna, Hans-Ulrich Obrist, Gaspare Polizzi; interventi di Régis Debray, Alessandro Delcò, Christiane Frémont, Gianfranco Gabetta, René Girard, Pier Aldo Rovatti; saggi inediti di Pierpaolo Antonello, Francesco Bellusci, Andrea Sani, Domenico Scalzo, Viviana Verdesca. Un racconto inedito di Chiara Valerio; disegni di Paolo Mazzuferi e ritratti fotografici di Basso Cannarsa.

Un volume su un ‘maestro del pensiero’ – secondo la formula con cui gli è stato conferito sul finire del 2013 il premio Nonino – che in Italia non ha ancora ricevuto l’attenzione dovuta.


Da Prometeo ad Ermes
Un libro a più voci sul filosofo francese che nel 1967 intuì il senso della svolta dalla produzione alla comunicazione

Remo Bodei Domenicale 15 11 2015
Sotto lo sguardo amorevole del padre, una bambina gioca con la sua bambola. Sta davanti a una fattoria innalzata sulle fondamenta di un vecchio mulino degli inizi del Novecento, costruito a sua volta nel luogo dove sorgeva un monastero e forse, prima ancora, un tempio gallo-romano. Accanto scorre un torrente impetuoso che, per aprirsi il percorso, ha nei millenni spostato grandi massi. Sullo sfondo si ergono massicce montagne coperte di neve e circondate da un ghiacciaio. Nel cielo, un sole splendente. Questo spettacolo racchiude e incolla simultaneamente ritmi temporali diversi, dotati di maggiore o minore lentezza o rapidità. Li ricopre e li nasconde sotto il manto di uno spazio omogeneo. L’oblio delle differenti scansioni temporali è dovuto a quel che si potrebbe chiamare effetto Fontenelle, ossia alle conseguenze della sua affermazione, ricordata da Diderot, per cui «a memoria di rosa non si è mai visto morire un giardiniere».
Argomenta Michel Serres: «Costui vede quella nascere, schiudersi, appassire, poi scomparire per il tempo che passa, ma se il fiore potesse vedere o sentire, ammirerebbe gli spostamenti lentissimi del suo coltivatore, stabile e molto resistente nello spazio. Per la bambina la fattoria non si muove e suo padre, a sua volta, sa, come tutti i suoi antenati, che le montagne non si sollevano né si spostano. A monte di queste due vite, rapide come rose, votate all’usura e alla decadenza, ecco della stabilità spaziale, la casa e la montagna, che giocano, diciamo, il ruolo del giardiniere». Diversi strati di tempo si sovrappongono, formando gradini discendenti di esistenze sempre più effimere: dal sole, che conta miliardi di anni, alle montagne che ne annoverano milioni; dal torrente, che ne ha accumulato migliaia, alle decine di anni della vita del padre; dai tre della bambina ai pochi mesi della bambola, che presto perderà un braccio e sarà gettata via.

Noi umani non ci accorgiamo dell’invecchiare del sole, del corrugarsi delle montagne, dell’erosione delle rive del torrente, dello sgretolarsi dell’intonaco della fattoria. Assolutizziamo la storia della nostra specie e difficilmente siamo capaci di pensarla o immaginarla in un contesto cosmico di durate plurime che si incrociano. Il nostro comune modo di vedere e rappresentare provoca, infatti, l’assorbimento del tempo nello spazio. Istintivamente non prendiamo sul serio il detto di Eraclito “tutto scorre”. Continuiamo a essere convinti che il fiume scorra, ma entro gli argini di solide e immutabili valli; crediamo ancora che il mutamento riguardi il visibile e il misurabile nel breve periodo di qualche generazione. Questo non vale solo per il mondo esterno, ma anche per il corpo e la mente di ognuno: «nelle nostre condotte e nei nostri pensieri, potremo presto, possiamo già distinguere tra quelli che datano dalla formazione stessa delle cellule, qualche miliardo di anni, del nostro midollo spinale, qualche centinaia di milioni, altre contemporanee all’ominazione e, infine, altre che risalgono al secolo scorso o a ieri mattina. Superiamo di gran lunga la nostra storia».
Il libro che presento testimonia l’interesse e la profondità delle riflessioni non ancora sufficientemente esplorate di questo pensatore, già agricoltore, marinaio nella Garonna a bordo della draga e delle sabbiere paterne, poi ufficiale della marina militare francese nei mari del mondo, più tardi amante dell’alta montagna. Normalien, matematico, professore di filosofia dapprima in Francia e dal 1982 a Stanford. Qui, nel centro della Silicon Valley, oltre a frequentare assiduamente René Girard, entra in stretto contatto con i problemi dell’innovazione tecnologica, dell’industria, dell’informatica e delle startup. Non ha avuto però bisogno di insegnare in California per comprendere il valore della comunicazione e dei suoi mezzi. È stato, anzi, uno dei primi, nel 1967, ad accorgersi della svolta, realmente epocale, del passaggio dal mondo della produzione (raffigurato da Prometeo) a quello della comunicazione (raffigurato da Ermes). Essa ci inserisce in una rete complessa di cui ciascuno è uno svincolo – échangeur, quello che oggi chiameremmo una rotonda stradale –, «un nodo multiplo senza intersezione o, se si vuole, un’intersezione senza crocevia né incrocio. Riceve e redistribuisce, smista senza mescolare, simula localmente su di una stazione puntuale, la totalità della rete efferente e afferente […] Chi sono io allora? Un nodo di emissione e di ricezione, un commutatore aperto, dotato della pura possibilità di cortocircuito, che assorbe e ridistribuisce, per lampi ed occultamenti, la tonalità continua, carica di senso, carica di rumore, del noi che pensa, una struttura di scambio, impensabile senza lo scambio, dotata della pura possibilità di filtrare il senso ed il rumore».
Il libro è a intarsio, alterna testi di Michel Serres inediti in Italia con acuti e pertinenti commenti sulla sua opera da parte non solo dei curatori (Gaspare Polizzi e Mario Porro), ma di altri studiosi, come Marco Belpoliti, Pier Aldo Rovatti, Bruno Latour, Pierpaolo Antonello, Francesco Bellusci, Domenico Scalzo, Viviana Verdesca o Andrea Sani. È un volume che serve a risvegliare o a confermare l’attenzione sulla ricchezza dell’opera di un filosofo che concepisce i saperi – leibnizianamente e da buon marinaio – alla maniera di «un corpo continuo come un oceano», le cui acque si scambiano continuamente o di «un navigare da isola a isola», in cui l’universale e il particolare si intersecano pur nella salvaguardia della specificità di ogni fenomeno, componendo una «federazione di mosaici», le cui tessere si mescolano senza annullarsi. Da qui il suo costante sforzo di trovare una convergenza tra cultura umanistica e scientifica, in vista del superamento dei reciproci limiti: «I letterati vivono in un mondo che non comprendono più […] Conosco scienziati che non hanno mai letto nient’altro che fumetti […] L’incultura degli scienziati è qualcosa che mi fa paura e l’ignoranza degli uomini colti mi fa ugualmente paura»

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