mercoledì 18 novembre 2015

Un'antologia di mistiche del Medioevo

Scrittrici mistiche europee. Secoli XII-XIII, testi e traduzioni a cura di Alessandra Bartolomei Romagnoli, Antonella Degl'Innocenti e Francesco Santi, Edizioni del Galluzzo, pp. 584, euro, 72

Risvolto

Il XII secolo è conosciuto nella storiografia come secolo di un grande cambiamento. La nascita delle Università, un rinnovato interesse per la tradizione antica e l’affermarsi della poesia nelle lingue volgari sono i segnali meglio conosciuti di questa trasformazione. Ma anche un’altra grande novità caratterizza questo tempo in una diversa direzione: l’invenzione della scrittura mistica femminile. Le poliedriche visioni di Ildegarde di Bingen aprono un capitolo decisivo nella storia della cultura europea, che ancora in tutto il secolo XIII offrirà personalità poetiche e spirituali di prim’ordine, come Hadewijch di Anversa, Matilde di Hackeborn e Geltrude di Helfta. Donne ai margini della cultura e del potere narrano un’assoluta familiarità con Dio, diretta e senza mediazione, una familiarità che le conduce in innumerevoli viaggi nello spazio e nel tempo, dando luogo a motivi letterari inattesi, rappresentativi di una più alta consapevolezza cristiana. Il libro raccoglie i testi di queste scrittrici, alcune pressoché sconosciute e in molti casi mai tradotte in lingua italiana, documentandone le nuove istanze spirituali e intellettuali. 
In questo primo volume:
Herluca di Bernried, Ildegarde di Bingen, Cristina di Markyate, Elisabetta di Schönau, Alpaide di Cudot, Maria di Oignies, Cristina l'Ammirabile, Juette di Huy, Ida di Nivelles, Margherita d'Ypres, Lutgarda di Aywières, Aleydis di Schaerbeek, Giuliana di Mont-Cornillon, Ida di Léau, Elisabetta di Spalbeek, Beatrice di Nazareth, Matilde di Magdeburgo, Hadewijch di Anversa, Matilde di Hackeborn , Ida di Lovanio , Gertrude di Helfta, Cristina di Stommeln , Lukarda di Oberweimar 



Visionarie sospese tra vita e morte 
Medioevo. «Scrittrici mistiche europee», un’antologia di testi per le Edizioni del Galuzzo 

Marina Montesano Manifesto 18.11.2015, 0:04 

In molti avranno sentito parlare di Cristina mirabilis, mistica vissuta tra XII e XIII secolo, grazie a una canzone di Nick Cave, Christina The Astonishing, che dava alcuni elementi della sua storia senza ricamarci molto intorno: e di ricami davvero non c’era bisogno, visto che Cristina fu creduta morta e messa in una bara nella città di Liegi, ritornò in vita, si arrampicò sul soffittò e da lì cominciò a gridare di non poter sopportare il puzzo dei peccati del genere umano. Ed è solo l’inizio della vicenda, che la vede compiere azioni estreme ed incredibili, soffrire pene atroci in una sorta di purgatorio terreno, per poi finire i suoi giorni in un monastero.
La sua Vita ci viene raccontata dall’agiografo domenicano Tommaso di Cantimpré, ma ha almeno un altro testimone nel celebre cronista Giacomo di Vitry: narrazioni esemplari in un’epoca in cui si andava diffondendo l’idea del Purgatorio? Specchio di una vita reale in qualche modo fuori dal comune? La storia di Cristina l’Ammirabile resta insondabile al di là del testo che la narra, come in molti altri casi del genere. E tuttavia, si inserisce in un filone di mistica femminile assai caratteristico dell’epoca, come ci mostra la bellissima antologia di testi finemente tradotti e commentati da Alessandra Bartolomei Romagnoli, Antonella Degl’Innocenti, Francesco Santi: Scrittrici mistiche europee. Secoli XII-XIII (Edizioni del Galluzzo, pp. 584, euro, 72). 
Alcune delle figure di cui si parla godono di una qualche notorietà, o anche di una grande celebrità: è il caso di Ildegarda di Bingen, badessa, profetessa, naturalista, mistica della Germania renana. Ma sono le figure «minori» a intrigare di più. Talvolta per la poesia degli scritti che ne narrano le vicende; altre volte per il mistero al limite dell’inquietante che le avvolge. Prendiamo il caso di Alpaide di Cudot, vissuta tra 1155 e 1211 in Borgogna. Nata in una famiglia di condizione modesta, vive un’infanzia dura, di lavoro nei campi, e durante l’adolescenza si ammala di lebbra. A parte la madre, gli altri familiari rifiutano di prestarle assistenza e rischia di morire per fame. La sua guarigione è presentata come un miracolo, ma di fatto è costretta a restare paralizzata a letto, quasi incapace di nutrirsi, se non dell’eucarestia. In questo stato che a volta finisce nell’incoscienza, riceve delle visioni nella quali il tema delle pene dei morti, e della necessità del suffragio dei vivi, è ricorrente. Anche questo si può collocare nel quadro dei testi che annunciano la nascita del Purgatorio, ma allo stesso tempo Alpaide è una sorta di tramite fra mondo dei vivi e mondo dei morti, che visita in una inquietante nekya di segno cristiano.  Ildebranda a teatroCronologicamente, siamo in un’epoca nella quale fioriscono forme estreme di religiosità femminile – e non solo femminile; difficile pensare tale libertà esperienziale e di scrittura in momenti successivi. Ma anche rispetto ai secoli precedenti, trascorsi all’insegna di modelli di santità di ben altro genere, queste vite propongono figure di rottura spesso assoluta. È il dato che ha attratto, soprattutto da parte della storiografia angloamericana, letture in chiave attualizzante: il rigetto della vita familiare come forma di autoaffermazione della donna in un’età di cambiamenti profondi; il rifiuto del cibo, così frequente nei testi in questione, come «santa anoressia». 
Sono tutte letture legittime e plausibili, purché non annullino la differenza che intercorre fra presente e passato e non ci facciano banalmente appiattire sentimenti, culture, narrazioni altrui (storicamente o geograficamente, nel tempo e nello spazio) sulle nostre. Per questa ragione l’approccio ai testi, se tradotti e curati filologicamente come in questo caso, è sempre il benvenuto e permetterà a molti di farsi un’opinione su un insieme di storie che ci sorprendono e ci affascinano per la loro estraneità e al contempo la loro umanità. 
Le vicende del misticismo femminile medievale si inserisce in modo potente nell’ambito degli studi di genere o, se si preferisce, di «storia delle donne», come si diceva in Italia sino a non molto tempo fa. Ed è sempre più evidente come la storia dei secoli medievali al femminile sia straordinariamente varia e interessante. Alla luce della sua diversificazione si può leggere anche il saggio di Paolo Cesaretti, Le quattro mogli dell’imperatore. Storia di Leone VI di Bisanzio e della sua corte (Mondadori, pp. 18, euro 20). 
Visto che abbiamo cominciato con una canzone, per la vicenda del basileus Leone, che tra IX e X secolo si sposò quattro volte, si potrebbe ricordare quella celebre di James Brown: It’s A Man’s Man’s Man’s World – un mondo di uomini che tuttavia nulla sarebbe senza le donne che stanno loro accanto; un po’ datato, magari, ma certo vero per la storia di Teofano, Zoe «Zautzina», Eudocia Baiane, Zoe dagli Occhi Neri: questi i nomi delle mogli di Leone VI; la prima morta in giovane età, le altre sposate e divorziate una dopo l’altra a costo di accese lotte a colpi di leggi e canoni con la Chiesa che lo tacciava di ignominia e di sozzura. Dietro le vicende personali, l’affresco di una corte ormai lontana tanto dal modello romano antico, quanto da quello monarchico e imperiale che si andava formando in Occidente.

Matilde gustò Dio
Armando Torno Domenicale 29 11 2015
Per quante definizioni si possano cercare dei mistici, su una loro caratteristica è possibile trovare un accordo che sia di largo consenso: essi raggiungono una conoscenza diretta del sacro. La prosa, le diverse agiografie o la poesia, testimonianze di questa pratica - è lecito aggiungere - confessano slanci di potenza e intensità che riflettono un’esperienza unica: quella della realtà divina. 
Non mancano iniziative editoriali nel nostro tempo che propongono questa fascinosa materia; a volte sono vere e proprie riscoperte come quelle ospitate nella collana La mistica cristiana tra Occidente e Oriente della Fondazione Ezio Franceschini, pubblicata dalle Edizioni del Galluzzo. In essa, accanto a testi di Angela da Foligno o di Giovanna Maria della Croce, esce ora una preziosa raccolta dedicata alle Scrittrici mistiche europee dei secoli XII e XIII.
Oltre a figure note come Ildegarde di Bingen, si trovano in queste pagine protagoniste non sempre ricordate, capaci di comunicare un’esperienza infinita. Ecco, per esempio, Alpaide di Cudot (1155-1211) che diventò un’intermediaria tra il mondo dei vivi e quello dei morti, costretta in un corpo quasi annichilito e tentato dal maligno che a lei si presentava nelle fattezze di un medico; ecco Lutgarda di Aywières (1182-1246), alla quale il cielo affidò il compito di intraprendere una crociata di digiuno di sette anni per la sconfitta degli eretici Albigesi. Ed ecco Ida di Nivelles, scomparsa forse nel 1232, che pianse d’amore per Gesù e questi – rivela una visione - raccolse in un bacile d’oro le sue lacrime. Oppure, grazie a questa raccolta è possibile accostarsi a Matilde di Magdeburgo, morta intorno al 1283, nota per la “mistica nuziale”, basata sul “gustare Dio” (il verbo medio alto tedesco smacken, ben utilizzato da Matilde, indica sia il senso del gusto sia quello dell’olfatto). I versi che ci sono giunti rapiscono il lettore: «Salterò nell’amore, danzando, in passi/ dall’amore alla conoscenza,/ dalla conoscenza al piacere,/ dal piacere oltre i sensi umani». Ultimo esempio che prendiamo dalla raccolta: Cristina di Stommeln (1242-1312). In una lettera a Pietro di Dacia, dell’ordine dei predicatori (si trovava a Parigi per completare i suoi studi teologici), gli descrive le apparizioni del demonio. Il quale assume, tra le altre, le sembianze di suo fratello ferito e la supplica di medicarlo. Ma Cristina lo riconosce e lo sbugiarda.
Il libro, curato da Alessandra Bartolomei Romagnoli, Antonella Degl’Innocenti e Francesco Santi avrà un seguito in un altro volume dedicato ai secoli XIV-XVI, in modo da coprire il periodo basso medievale. Si affianca idealmente a un’altra raccolta, uscita nel 1988, curata da Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi: Scrittrici mistiche italiane (pubblicata da Marietti), diventato un riferimento per gli studi sul genere. Entrambi fanno parte di quelle opere che durano nel tempo e diventano una palestra per l’anima. La quale è sovente più importante di quelle utilizzate per il bene dei muscoli.

Nessun commento: