Bisogna dirlo una volta per tutte: è un bene che questi qua non contino più un cazzo. Quando hanno pensato di contare qualcosa, hanno fatto danni che stiamo ancora a leccarci le ferite. Soprattutto coloro che hanno pensato che ci fossero le condizioni per un governo delle sinistre, oggi dovrebbero il pudore di tacere e disporsi a una serena vecchiaia.
Ci vorranno molti morti prima che la sinistra si ricomponga in Italia. Almeno due o tre generazioni, compresa la mia [SGA].
Fratoianni: «Per noi il processo costituente va avanti»
Iniziative divise per colpire uniti: Fassina-D’Attorre a Napoli i bersaniani a Roma per riproporre un Pd ulivista e di sinistradi Carlo Bertini La Stampa 12.12.15
Come nella massima resa famosa da Mao del feldmaresciallo prussiano Von Moltke «marciare divisi per colpire uniti», i compagni fuoriusciti dal Pd e quelli ancora fermi nel recinto della «ditta», si ritroveranno oggi sotto le comuni (e non dichiarate) insegne dell’anti-renzismo. I primi a Napoli, Fassina-D’Attorre, a braccetto con i compagni di Sel Vendola, Scotto e Fratoianni, per fare pelo e contropelo al governo, sotto le bandiere di Sinistra Italiana. I secondi, con Bersani in grande spolvero e sotto le bandiere di Cuperlo e Speranza, al teatro Vittoria di Roma, per il primo battesimo del “correntone” (non vogliono per scaramanzia sia chiamato così) della sinistra Pd. Certo, la competition tra i due fronti è aspra, lo scambio di colpi tra le due guarnigioni è a dir poco acceso da quando Fassina e compagni hanno varcato il Rubicone; ma se gli avversari comuni sulla carta restano le destre e i grillini, il bersaglio grosso, vero comun denominatore è uno, il premier: che nelle stesse ore farà entrare nel vivo la sua sesta Leopolda. Bollata dai bersaniani tipo Federico Fornaro come «il congresso fondativo del partito della Nazione, con il corredo dell’orgoglioso rifiuto dei simboli del Pd». Se lo storytelling ormai ha un peso anche per la sinistra ex comunista, lo storyboard delle due «iniziative» è evocativo.
Sel e la campagna social
Dopo le polemiche delle ultime 24 ore seguite all’appello dei sindaci Pisapia, Zedda e Doria a marciare tutti uniti alle comunali, Sel si è scatenata sui social con una serie di vignette caustiche. Il volto di Guerini che sogghigna toccandosi un orecchio e la scritta, «caro Lorenzo, se volete governare con noi perché non avete esteso gli 80 euro a incapienti e pensionati?». Quello di Orfini accompagnato da un «caro Matteo, ma se volete...perché avete bocciato il reddito minimo?». E ancora la faccia di Fassino, «caro Piero, perché togliete la Tasi anche ai proprietari di case che valgono milioni di euro?». Ecco il lancio della manifestazione napoletana di Sinistra Italiana (sul sud e contro le politiche economiche del governo) parla da solo.
Il correntone e il congresso
Il filo rosso della giornata romana di Cuperlo-Speranza e Bersani è filo-ulivista, per un Pd che guardi a sinistra e non al centro. Insomma, l’antitesi è un nuovo centrosinistra contro la formula del partito della Nazione rilanciata dal renzianissimo Nardella e la stagione congressuale si può dire aperta con un anno di anticipo. Al Vittoria si comincia con un video sugli attacchi francesi, commentato dal giovane segretario del Pd parigino. Segue relazione introduttiva di Speranza, poi interventi esterni, tra cui Piero Ignazi e la Bonino. Per gettare un ponte con lo stato maggiore e restituire l’immagine di una «ditta» unita, parlerà anche il vicesegretario Pd Guerini. Spazio anche a Sergio Lo Giudice, capofila dei civatiani rimasti nel Pd e poi chiuderà Cuperlo. In mezzo interventi di sindaci, amministratori, segretari di sezione. «L’idea è di mettere in campo non una componente - sostiene Nico Stumpo - ma un contributo per realizzare una nuova stagione di centrosinistra». Ma il nodo ora sono le comunali. «Certo, questo campo da costruire è un po’ lesionato, forse perché non lo si è curato abbastanza», dice Bersani, «ma il Pd non si deve presentare isolato ai ballottaggi».
Salta la fusione tra Sel, Prc e Fassina
Fallisce il tentativo di creare un soggetto politico radicale sul modello spagnolo di “Podemos”di Matteo Pucciarelli Repubblica 13.12.15
MILANO«Ora ci sarà da avvertire Jeremy Corbyn che l’assemblea di lancio non si fa più, peccato, sarebbe venuto… », si cruccia Massimo Torelli dell’Altra Europa con Tsipras. «Una dura sconfitta per tutti», sentenzia Alfonso Gianni, per una vita mente politica di Bertinotti. È l’ennesimo capitolo della saga dell’unità a sinistra che non arriva mai, neanche ora che il Pd targato Renzi è diventato il nemico comune.
A metà gennaio infatti doveva tenersi l’iniziativa di lancio della “fase costituente” del nuovo partito che mettesse insieme i fuoriusciti del Pd e Rifondazione, Sel e area movimentista; La “brigata Kalimera” dovevano farla a settembre, poi rimandata a ottobre, infine fissata con l’inizio del nuovo anno. Ma niente da fare, la trattativa è finita male. Sul tavolo c’era la proposta di Act, piattaforma di movimento vicina al nuovo corso della Sel post- Vendola targata Nicola Fratoianni: «Un percorso basato su piena cessione di sovranità e sulla partecipazione, anche con una piattaforma digitale che consenta l’effettività della pratica democratica». In sostanza, la creazione di una specie di Podemos italiana, partendo da zero, dallo scioglimento delle varie organizzazioni. Una testa e un voto, con l’intento di aprire a chi non si riconosce nelle vecchie sigle e un programma da rifare “dal basso”. E invece, «spiace constatare — è il resoconto di Act — che di fronte alla palese insufficienza di tutte le forze politiche esistenti e davanti alla drammaticità della situazione politica del Paese non ci sia la forza e il coraggio per mollare tutti gli ormeggi». In parole povere, Rifondazione non ha accettato la clausola dello scioglimento. Nella testa di Paolo Ferrero, infatti, c’è più il modello Syriza, l’altra stella polare della sinistra radicale nostrana: cioè una unione di forze, una coalizione, con la possibilità della doppia tessera (quindi per il Prc di mantenere la propria identità comunista), e per la formazione in partito vero e proprio poi si vedrà.
In mezzo alle diatribe di metodo, ci sono anche i malumori — ad esempio — per il protagonismo di Stefano Fassina, «ora sembra Suslov, fa i discorsi da rivoluzionario — malignano in diversi — quando ieri era viceministro nel governo di larghe intese». Senza dimenticare Pippo Civati, che al tavolo non c’era proprio perché si è fondato il suo partito, cioè Possibile. E ancora, le amministrative: a Napoli e Torino l’area va alle elezioni unita e in alternativa al centrosinistra, a Roma probabilmente, a Bologna Sel è spaccata in due ed è stata commissariata, a Milano Sel per ora sta dentro alle primarie e il resto fuori, a Cagliari tutti insieme con il Pd. «Sel in parlamento non c’è già più e abbiamo dato vita a Sinistra Italiana. Presto ci scioglieremo e ci metteremo a disposizione per allargare ancora, di più cosa dobbiamo fare?», si domanda Fratoianni. Insomma, la strada resta in salita, nonostante la necessità di costruire una nuova aggregazione per sopravvivere.
Ferrero: «Serve una forza unitaria, non un partito»
Ferrero: chiudere il Prc? No, dall’Uruguay alla Grecia le organizzazioni restanointervista di Daniela Preziosi il manifesto 15.12.15
Paolo Ferrero (segretario del Prc, ndr) il nuovo soggetto unitario della sinistra non si fa più?
C’è stato un colpo di arresto. Ma io penso che sia assolutamente necessario e che bisogna continuare a lavorarci. Il neoliberismo sta imbarbarendo e distruggendo la terra, basti pensare che la conferenza sul clima di Parigi ha fissato alcuni obiettivi ma non gli strumenti con cui realizzarli né le sanzioni. Di fronte a tutto questo in Italia dobbiamo costruire una forza politica che raccolga tutti gli strati popolari che per mille e una ragione sono contro le politiche di austerità. E che punti alla maggioranza e a fare un governo alternativo.
Su questo siete tutti d’accordo. Ma questa forza non nasce. Perché per farla nascere voi non volete sciogliere il Prc nel nuovo soggetto, invece Sel sì?
Il dissenso è su cosa dobbiamo fare. Sel propone un partito. Per noi non può essere un partito a riunificare quello che il neoliberismo ha diviso, a meno che non ci si voglia fermare al 5 per cento. La crisi della forma-partito è evidente, il percorso unitario deve darsi una forma allargata, plurale, che valorizzi le autonomie culturali e politiche. Non serve un fortino ma un campeggio. Com’è in tutto il mondo, a sinistra, dall’America latina all’Europa.
Lei parla di crisi della forma-partito. Allora perché non scioglie il suo partito?
Diciamo da anni che il Prc è necessario ma non sufficiente. Proprio per questo serve un percorso unitario, ampio, non federativo, basato su una testa un voto.
Nella vostra idea quale rapporto ci sarebbe fra partiti e soggetto unitario? Proponete una doppia tessera?
Sì. Il soggetto avrebbe piena titolarità sulla costruzione del programma e dell’iniziativa politica. E monopolio della rappresentanza. Il Prc non si presenterà più al voto.
Quindi quale sarebbe il ruolo, se permette l’utilità, di un Prc partito ’parallelo’?
Vi è un enorme lavoro politico che i comunisti e le comuniste oggi fanno poco perché stiamo sempre a discutere di elezioni. Penso all’analisi del capitale e della composizione sociale, all’individuazione delle contraddizioni, alla formazione e controinformazione, al conflitto sociale e alla sua unificazione, alla formazione di militanti in grado di connettere conflitti e linguaggi.
In pratica un’associazione culturale?
No, resterebbe un partito che però si riconosce in una struttura più ampia. In Italia molti fanno politica, la faceva il sindaca dei consigli, la fa la Coalizione sociale di Landini, la fanno i movimenti. È un fatto positivo: bisogna valorizzare la pluralità delle forme della politica, non ridurle ad una. Non capisco perché si pone il problema di chiudere il Prc.
La Coalizione di Landini non non si presenta alle elezioni per statuto. E così farebbe Rifondazione. Il Frente Amplio dell’Uruguay è fatto di quaranta fra associazioni e partiti. Hanno vinto e governano. In Grecia Syriza ha una formula molto più federativa di quella che propongo.
La vecchia Federazione della sinistra doveva funzionare come lei propone, e invece si è rotta. Proprio sulle alleanze.
Quell’esperienza non c’entra niente, e non la ripropogo. Non funzionò perché lì si decideva in quattro, i segretari. E quando il Pdci chiese a Bersani di stare nel centrosinistra si ruppe tutto. Non riproponiamo la federazione. Tant’è che chiediamo che chi fa parte degli esecutivi dei partiti non faccia parte di quelli del soggetto unitario.
A proposito del ’si decideva in quattro’. Non state facendo lo stesso con il ’tavolo’ del soggetto unitario?
Se avessimo raggiunto un accordo a quel tavolo sarebbe stato un passo avanti. Ma accolgo la critica: un processo così deve partire dall’alto e dal basso. E non può fermarsi per un dissenso tra i vertici. Per rilanciarlo serve il protagonismo dei territori.
La sinistra si spacca sull’alleanze. Le differenze fra voi e altri è che sulle alleanze avete un’analisi diversa e irriducibile?
Le politiche di Renzi, l’Italicum e il fallimento dell’ipotesi del condizionamento del Pd, che ormai sta a destra, sono oggi un punto unitario rilevante. Per spirito di unità abbiamo scelto di non far saltare tutto sulle divisioni milanesi. Nel testo ’Noi ci siamo’ (un accordo fra partiti e associazioni approvato a novembre, ndr) era scritto chiaro che occorre costruire una sinistra alternativa alternativa al Pd, ed è stato sottoscritto da tutti: da Sel a Fassina a Civati. Continuo a pensare che uno spazio per stare insieme alle prossime politiche ci sia.
Almeno finché l’Italicum vi costringe a stare insieme?
Da questo punto l’Italicum di vista alza un muro. Ma quando il processo partirà la questione delle alleanze con il Pd sparirà. Io nelle assemblee di gente che chiede il ritorno al centrosinistra non ne incontro.
All’osso: voi dite ’mai con il Pd, altri dicono ’mai con Renzi’.
Con il Pd noi non faremo alleanze. Non le ho fatte neanche con quello di Bersani.
Ma avete governato insieme: dalla Milano di Pisapia alla Liguria di Burlando.
Oggi abbiamo superato quella fase. Il Pd ormai è costitutivamente un pezzo di liberismo. Sono avversari.
Civati si è sfilato dal soggetto unico.
Civati non pone un problema di indirizzo politico ma di modo di costruzione di un soggetto unitario. Sulla forma che proponiamo noi, unitaria ma plurale, Possibile potrebbe starci. Ma va chiesto a lui.
Andrete avanti lo stesso con il soggetto unitario?
Certo, è necessario. Stiamo discutendo con gli altri per vedere come. Sono anni che proponiamo una Syriza italiana, non a caso siamo nel percorso dell’Altra Europa con Tsipras. Un nuovo partito non risolve il problema. Se Sel e Fassina vogliono fare un nuovo partito, nulla da obiettare. Civati lo ha fatto. Ma questo non deve sostituire il processo costituente unitario in cui dobbiamo stare tutti e tutte. Chi dice che il soggetto unitario deve essere un partito in realtà vuole farsi il suo partito.
A Milano il Prc non parteciperà alle primarie con il Pd. Avete un’alternativa?
Ne cominciamo a discutere in un’assemblea mercoledì a Milano, ci saranno anche Revelli e Civati. Alle primarie del Pd può vincere un esponente del centrodestra. Per noi è semplicemente improponibile.
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