venerdì 15 gennaio 2016

"Aborigeno, ma io e te che cazzo se dovemo di!?!?!"

Laura Corradi: Il silenzio della terra. Sociologia postcoloniale, realtà aborigene e l’importanza del luogo, Mimesis, pp. 138, euro 14

Risvolto

Nel quotidiano frastuono informativo, "Il silenzio della terra" ci invita a riflettere in maniera inedita sull'urgenza di una prospettiva aborigena per capire un mondo stravolto da velocità e grandi menzogne; per interrogarci sulle relazioni sociali oggi possibili, e su come decolonizzare il futuro. Questo libro rallenta l'osservazione, mette a fuoco corpi e luoghi. Suggerisce il superamento della visione occidentale e coloniale in cui sono intrappolate le scienze sociali e offre elementi che ne favoriscano il ripensamento in termini di utilità, a partire da un posizionamento autocritico della sociologia rispetto alle contraddizioni del neoliberismo, contro la mercificazione della natura, della vita e dei sentimenti, contro subalternità vecchie e nuove. Imparare dalla sociologia aborigena - da chi produce saperi ai margini del mondo - significa praticare con umiltà i sentieri di una terra che le scienze sociali non vedono più, e sporcarsi di fango nella conoscenza dei luoghi: una sociologia a piedi scalzi contro il sapere ingessato dell'accademia, in sintonia con le lotte sociali per i diritti della terra e di chi la abita. Le autrici sono sociologhe femministe, attiviste che combattono per la giustizia sociale e ambientale. Si sono conosciute all'Università di Santa Cruz in California, più di venti anni fa, e da allora esplorano il pensiero sociale del Sud del pianeta, con attenzione alle resistenze individuali e collettive... 

Una mappa postcoloniale e di genere 
Saggi. «Il silenzio della terra» (Mimesis), il volume scritto e curato da Laura Corradi, ricercatrice all’università della Calabria dove insegna Studi di genere e metodo intersezionale, e Raewyn Connell, sociologa australiana 
Alessandra Pigliaru Manifesto 15.1.2016, 0:03 
Si intitola Il silenzio della terra. Sociologia postcoloniale, realtà aborigene e l’importanza del luogo (Mimesis, pp. 138, euro 14) ed è il volume scritto e curato da Laura Corradi, ricercatrice all’università della Calabria dove insegna Studi di genere e metodo intersezionale, e Raewyn Connell, sociologa australiana e docente all’università di Sidney. Il libro nasce da un percorso politico e di condivisione che ha impegnato le due autrici per circa venti anni. 
L’esigenza primaria è quella di una critica nei confronti delle scienze sociali convenzionali come unico modo di decifrare il mondo, quindi lo spostamento verso culture antichissime sopravvissute a secoli di colonialismo per aprire a una riflessione che tenga conto delle lotte per la giustizia economica, sociale, ambientale e per le differenze. Ciò da cui procede l’intero ragionamento è il sud del mondo e il coinvolgimento – sia scientifico che politico — che le due autrici hanno avuto, e continuano ad avere, nei movimenti sociali e nella ricerca. 
Nella prima parte del volume, Laura Corradi affronta alcuni nodi inerenti la teoria sociale per segnalare da un lato le categorie adottate dalle scienze sociali occidentali con cui leggere il presente, e dall’altro lato per chiarire la contiguità con la difesa dei diritti della terra, delle comunità aborigene e della loro cultura. Essenziale risulta quindi illustrare le teorie postcoloniali, gli studi contro-egemonici per poi virare su idee specifiche quali modernità, globalizzazione e l’intersezione con alcune teorie femministe. 
Lo scenario entro cui si collocano le teorie critiche aperte agli studi postcoloniali, è mosso tra gli altri tra Du Bois, James, Fanon, Césaire, Said, Memmi e Condè, non ignorando la ricezione italiana e gli scambi proficui in luogo di lavori come per esempio quello di Sandro Mezzadra. Corradi presenta nel testo una rassegna che si articola e si dipana, arrivando alle questioni epistemologiche più cogenti e a paradigmi di tipo olistico, affettivo ed empatico. L’intersezione fra postcoloniale e femminismo prevede una interrogazione su genere e razza, classe e colore, nazione e religione su cui si sono concentrati già molti studi che Corradi segnala e commenta costruendo un’utile mappa — anche da un punto di vista didattico. 
Infine l’importanza del luogo nei sistemi di conoscenza indigeni viene sviluppata nella seconda parte del volume da Raewyn Connell che, nella sua lunga carriera, ha scritto numerosi e importanti saggi di cui solo due tradotti in Italia – Maschilità (1996) e Questioni di genere (2011). Il titolo del contributo verte di proposito sul cosiddetto silenzio della terra.
«L’idea di spossessamento – uno dei concetti più importanti e meno teorizzati nelle scienze sociali – ha bisogno di affondare le radici nel fango di paesaggi particolari». Prendere la terra seriamente significa infatti connettere la «grounded theory» alla materialità del terreno in cui la ricerca empirica agisce, per osservare e «vangare» i dati raccolti. 
Nella complessa dialettica luogo-potere, le esperienze indigene di lotta per i diritti della terra sono così osservatori cruciali anche per la rigenerazione delle scienze sociali.

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