venerdì 29 gennaio 2016
Altri Lager, altre Memorie
Laddove sarebbe necessaria una Giornata della Memoria del genere umano, senza suprematismi [SGA].
Risvolto
In un campo di prigionia giapponese durante
la seconda guerra mondiale si può morire per amore dell’arte e della
letteratura. Un omicidio, una intricata cospirazione, due guardie, un
giovane poeta e i suoi versi clandestini. «Con questo romanzo Jung-myung
Lee celebra il potere della poesia, dei libri e della lettura e ci
fornisce un “sesto senso” capace di alleviare e trasformare anche i
periodi più bui» (Independent).
Traduzione dal coreano di Benedetta Merlini
Titolo originale: 별을 스치는 바람
Nel 1944 la Corea è sotto l’occupazione
giapponese, e nella prigione di Fukuoka non si permette ai detenuti
coreani di usare la propria lingua. Un uomo, una guardia carceraria,
viene trovato brutalmente assassinato, e un giovane collega dall’animo
sensibile e letterario viene incaricato di condurre l’indagine e trovare
il colpevole. La vittima era temuta e odiata per la sua brutalità, ma
quando l’improvvisato investigatore avvia la sua inchiesta interrogando
custodi e detenuti, ricostruendo poco a poco i movimenti degli ultimi
mesi, un diverso e sorprendente scenario si impone alla sua attenzione.
Dall’inchiesta sull’uomo emerge il passato di un povero analfabeta
orfano dei genitori, il faticoso riscatto attraverso il lavoro, la
carriera nella prigione, la scoperta di una passione inaspettata, il
ruolo di «censore» con l’incarico di controllare la corrispondenza in
entrata e in uscita dal carcere. E soprattutto il legame con un detenuto
particolare, un famoso poeta coreano, autore di scritti sovversivi. E
proprio attorno al poeta ruota l’intera vicenda: nel corso dei suoi
interrogatori il giovane si trova a parlare sempre di più con il
prigioniero e, come prima di lui la guardia assassinata, a immergersi in
un dialogo fatto di letteratura, d’arte, di libertà. Si scopre a
desiderare la bellezza dei suoi versi clandestini, a subire il potere
eccitante e al tempo stesso rasserenante della parola poetica.
Calibrando suspense e ricostruzione storica, dolore e dolcezza, il
romanzo dipinge un universo di contrasti: le condizioni dei detenuti
obbligati ad abolire il proprio nome, la costante violenza fisica e
psicologica alla quale sono sottomessi, il raggio di luce dei poemi del
poeta realmente esistito Yun Dong-ju le cui parole diventano merce di
contrabbando, balsamo di speranza, sfida provocatoria e coraggiosa alla
crudeltà degli esseri umani.
Jung-myung Lee ha studiato letteratura coreana e dopo la laurea ha
lavorato come giornalista. Il suo esordio del 2006, il romanzo The Deep-Rooted Tree,
ha aperto una nuova stagione della narrativa coreana contemporanea, ed è
stato trasposto nel 2011 in una serie televisiva. Sono seguiti altri
quattro romanzi, che lo hanno reso uno degli autori più rispettati e
popolari della Corea del Sud.
La guardia, il poeta e l’investigatore ha venduto oltre un milione di copie ed è stato tradotto in numerosi paesi.
Daniela Pizzigalli Avvenire 28 gennaio 2016
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