giovedì 14 gennaio 2016

Le copertine dei libri pubblicati a Berlino durante la Repubblica di Weimar: un fantasmagorico catalogo Taschen

Jürgen Hollstein Hrsg.: The Book Cover in the Weimar Republik, Taschen Verlag 2015, p. 454, euro 49,99

Risvolto

The years between the First and Second World Wars in Germany are famed for their cultural boom. With Berlin as its epicenter, the Weimar Republic was replete with ground-breaking literature, philosophy, and art. At the heart of this intellectual and creative hub were some of the most outstanding and forward-thinking book designs in history.
Book Covers in the Weimar Republic assembles 1,000 of the most striking examples from this golden age of publishing activity and innovation. Based on the remarkable collection of Jürgen Holstein and his rare collectible Blickfang, it combines an unparalleled catalog of dust jackets and bindings with Holstein’s introduction to the leading figures and particular energy of the Weimar publishing age. Expert essays discuss the aesthetic and cultural context of these precious fourteen years, in which a freewheeling spirit would flourish, only to be trampled, burned, or driven out of the country with the rise of National Socialism.
From children’s books to novels in translation, bold designs for political literature to minimalist artist monographs, this is a dazzling line-up of typography, illustration, and graphic design at its most energetic and daring. Part reference compendium, part vintage visual feast for the eyes, this very particular cultural history is at once a testament to an irretrievable period of promise and a celebration of the ambition, inventiveness, and beauty of the book. 

Jürgen Holstein was born in Berlin in 1936. Following an apprenticeship in an antiquarian book store, he founded his own bookshop in 1966, specialized in 20th century art history and literature. Holstein's own publications include a book on the cover designs of George Salter and the bestseller Blickfang, which presented outstanding examples of Berlin-based book design under the Weimar Republic. Since German reunification, Holstein has been particularly active in preserving visual culture artifacts of the former GDR. His extensive archive of artworks, objects, books, catalogs, and posters from this period is now housed in the Getty Center, Los Angeles.




La Weimar creativa spenta dal Führer 
L’arte, il design, la letteratura prima di Hitler Un libro riscopre i fasti berlinesi degli anni 20 
14 gen 2016  Libero VITO PUNZI 
Scriveva Béla Balázs nel 1923 che chi possiede una biblioteca sa bene che «i libri non possiedono solo un contenuto leggibile», ma anche «un'aura visibile, una fisionomia, un volto che scalda il cuore, come il ritratto di un amico alla parete». Non poteva trovare epigrafe migliore, Christoph Stölzl nella prefazione a questo bellissimo volume curato da Jürgen Hollstein (The Book Cover in the Weimar Republik, Taschen Verlag 2015, p. 454, euro 49,99) e dedicato alle copertine dei libri editi nella sola Berlino durante gli anni della Repubblica di Weimar (1919-1933). 
Circa mille titoli prodotti da 250 case editrici comprendenti non solo prodotti letterari, ma anche testi sullo sport, sul cinema, sulla fotografia, sulla storia. Bilingue, inglese e tedesco (i testi che accompagnano le copertine sono un supporto essenziale), il volume è suddiviso in cinque sezioni: copertine di libri di contenuto politico e sociale, editori, libri d'arte, design applicato alle copertine di libri e infine testi letterari. Sulla Repubblica di Weimar, sul fiorire delle arti, in particolare applicate, in quegli anni che in Germania fecero da cerniera tra la Grande Guerra e nazismo, si è scritto molto, moltissimo. Ma una pubblicazione documentaria così mancava. Molte analisi, molte domande senza risposta intorno a quell'esperienza politica così debole, tanto da terminare con l’abbandono tra le braccia di Hitler, eppure così vivace culturalmente. E molti clichés, luoghi comuni, coltivati per decenni nei salotti culturali dell'intellighentia liberal italiana. A lungo la sinistra europea e nostrana in particolare, ha voluto leggere l'esperienza di Weimar come un tentativo di socialdemocrazia abortito per volontà delle forze «conservatrici» e «reazionarie», cioè «di destra», desiderose di portare Hitler alla guida di un nuovo Reich. Luoghi comuni più che mai vivi e ben coltivati anche oggi. Tanto che anche l'uscita di un libro come questo, così legato all'oggettività di prodotti (le copertine dei libri) realizzati in quegli anni è stata utilizzata da Angelo Bolaffi per rievocare, in un articolo intitolato Weimar prima del fuoco e apparso su Repubblica, gli aspetti mitici della socialdemocrazia weimariana. Eppure Bolaffi, filosofo e germanista già direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Berlino, dovrebbe conoscere bene la Germania attuale per averci a lungo vissuto. E dovrebbe conoscere anche quella passata, per averla studiata. Eppure, a proposito di Weimar, sostiene ancora che l'opposizione e le violenze contro la socialdemocrazia e contro gli ebrei tedeschi sarebbero venute solo dell'estremismo di destra, cioè nazionalsocialista. Varrà la pena ricordargli allora quanto scritto da Amos Elon (uno storico, per fortuna, non un filosofo-germanista) a proposito degli ultimi anni di Weimar: «Per ordine di Stalin i comunisti rifiutarono di unirsi ai socialdemocratici in un fronte comune antinazista, odiavano i socialdemocratici più di quanto temessero i nazisti. Non è escluso che si siano augurati una vittoria di questi ultimo. Un diplomatico russo a Berlino dichiarò al direttore del giornale socialdemocratico Vorwaerts che una vittoria comunista in Germania era inevitabile, però si sarebbe verificata dopo l'ascesa al potere di Hitler».  
Da ultimo, riprendendo ancora da Elon, è utile ricordare anche la sollecitazione che nel luglio 1932 Ruth Fischer, militante comunista, rivolse ai giovani dell'Unione Studentesca dei Comunisti Tedeschi: «Schiacciate i capitalisti ebrei, impiccateli, fateli a pezzi». Insomma, parafrasando il titolo dell'articolo di Bolaffi, Weimar non è «prima del fuoco». Weimar era già fuoco. Un tizzone che ardeva ad entrambe le estremità. E questo libro lo documenta molto bene.

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