Nei giorni scorsi abbiamo assistito a una grottesca gara a chi tirava Putin dalla sua parte: "Ha sconfessato Lenin"; "Ma se ha ancora la tessera del Pcus...". Una gara a chi è più subalterno [SGA].
giovedì 28 gennaio 2016
Putin e la storia russo-sovietica
Nei giorni scorsi abbiamo assistito a una grottesca gara a chi tirava Putin dalla sua parte: "Ha sconfessato Lenin"; "Ma se ha ancora la tessera del Pcus...". Una gara a chi è più subalterno [SGA].
«Lenin, una bomba sotto la Russia» Putin sconfessa ilmito sovietico
Ideali utopistici, disorganizzati e poco tesi alla difesa della civiltà cristiana: lo «zar» smonta il comunismo «buono» del rivoluzionario. A favore di Stalin
28 gen 2016 Libero GIORDANOTEDOLDI
La chiave del sorprendente attacco di Putin a Lenin, in un incontro, lunedì scorso, con i suoi sostenitori nella città di Stavropol, nella Russia sud-occidentale, sta nelle conclusioni del suo intervento, quando ricorda che in gioventù (e ancora oggi) ha avuto grande ammirazione per le idee comuniste. Idee che, ha detto Putin, ricordano i valori biblici: eguaglianza, fraternità, felicità (anche se nel messaggio evangelico la felicità è riservata alla vita ultraterrena).
Dov'è che allora Lenin ha fallito? Nel passaggio dalle idee alla realtà. «Il nostro Stato non era quella città del Sole che pensavano». Il fallimento di Lenin, secondo Putin, non fu primariamente ideologico, ma politico: nella concezione decentrata della struttura che avrebbe dovuto amministrare lo sterminato territorio dopo la liquidazione dell'ultimo zar: «ponendo le singole repubbliche su un piano di eguaglianza, concesse loro il diritto alla secessione», il che voleva dire autodeterminazione politica, e il diritto di formare uno stato separato. Questo federalismo che apriva alla possibilità della secessione, secondo Putin piazzò «una bomba a tempo sotto la Russia», esplosa poi con la dissoluzione dell'Urss nel 1991, ma le cui schegge continuano a dilaniare, come nella guerra in Ucraina, il corpo dell'ex impero sovietico. Putin sottolinea l'incapacità di Lenin nel rendere coesa la federazione sovietica, quando tracciò confini arbitrari e «deliranti come quelli che assegnarono il bacino del Donec (un affluente del Don) all'Ucraina, al soloscopo «di rafforzare il proletariato ucraino», il che spiegherebbe le tensioni, crollato il comunismo, di quei popoli che hanno preso le armi per tornare allo status quo precedente alle divisioni imposte da Lenin.
La dichiarazione ha destato sorpresa perché, mentre sono stati ripetuti i suoi attacchi alla figura di Stalin, responsabile di massacri ingiustificabili da ogni possibile ragionedi stato, eper ilquale è vietataqualunquemanifestazione omemoria nostalgica, Putin si era finoramostrato prudente nella valutazione di Lenin, smentendo, ad esempio, che il governo avrebbe mai rimossola sua salma imbalsamatadalmausoleo sulla Piazza Rossa. Nel discorso di lunedì gli elogi sono invece andati a Stalin, che in polemica con Lenin predicava una federazione di repubbliche fortemente centralizzata, con la concessione alle singole province di una relativa autonomia, machenon potevamaiarrivare alla secessione. Politica che in effetti Stalin mise in atto, conbrutaleenergia, durante il suodominio e che, come lo stesso Putin ha riconosciuto in passato, ebbe ilmerito di tenere unito un immenso organismo statale, estremamentedifferenziato sulpiano etnico, economico, religioso, politico. Ma i semi della dissoluzione, gettati dalla fondazionedell'Urss presidiatadaLenin, venneroagermogliocomunque, settant'annidopo. Putin non ha fatto altro che svelare un paradosso della storia russa post-zarista: il comunismo originario, il comunismo «buono», di Lenin, fu insipiente sul piano politico, inseguendo un’utopistica libertà e autodeterminazione delle repubbliche sovietiche; il comunismo trionfantedi Stalin, quello sanguinario delle purghe edegli eccidi, fu in un certo modo il modello da seguire per contenere (e reprimere) le spinte secessionistiche, e ilprezzodapagare per «realizzare» il comunismo.
Unacontraddizione che illumina la stessa figura di Putin, che, anche per gli osservatori occidentali, è per metà Lenin e per metà Stalin, e, ovviamente, nessuno dei due. Come Lenin, Putin è qualcosa di più diuncapo politico: ha l'ambizione di porsi alla testadella civiltà cristiana contro laminaccia islamica e, recentemente, in un incontrocolpresidentedelle comunitàebraiche in Europa, ha offerto alla diaspora ebraica, che lasciò l'Unione Sovietica al tempo dei pogrom, di tornare in Russia. Il rispetto per la tradizione ebraica e cristiana è lo stesso che gli fa dire che la parte «buona» del comunismo ricorda la Bibbia. Ma come Stalin, e da ex agente dei servizi segreti, sa chenon può tenereunificato un territorio tanto diversificato senza ricorrere a metodi tutt'altro che cristiani. Così l'attacco a Lenin non è una semplice liquidazionedelpadre delcomunismosovietico, finora risparmiato dal revisionismodiPutin, altrimentinonsi spiegherebbeilcontestualeomaggioalla spregiudicata abilitàpoliticadiStalin. Ma è lospecchio stesso di quella ambiguità politica e umana che è Putin.
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