giovedì 4 febbraio 2016

Dada e il Cabaret Voltaire di Ball

ball hugo - cabaret voltaire
Hugo Ball: Cabaret Voltaire, Castelvecchi, pagine 96, euro 12,50


Risvolto
All'inizio del febbraio 1916, il poeta e scrittore Hugo Ball apre a Zurigo il locale Cabaret Voltaire, che diverrà la culla del Dadaismo. Con la partecipazione di artisti come Marcel Janco, Tristan Tzara e Hans Arp, il locale offre negli anni spettacoli dissacranti e provocatori di danza, musica e reading. Durante questo periodo eccezionale per la cultura e la società europea martoriate dalla guerra, Ball tiene un diario in cui alterna pensieri, impressioni, giudizi sugli artisti, descrizioni della preparazione degli eventi serali, ansie ed emozioni legate al drammatico periodo storico. A un secolo esatto dalla nascita del movimento dadaista, le riflessioni giornaliere di Ball portano il lettore dietro le quinte di una delle esperienze più irriverenti, radicali e geniali dell'Europa novecentesca.
HUGO BALL (Pirmasens, 1886 – Sant'Abbondio, 1927) Scrittore, poeta, regista teatrale. Nel 1916 redige il Manifesto del Dadaismo, la cui critica sociale e intellettuale trova espressione nel poema Karawane e nella fondazione del Cabaret Voltaire a Zurigo. Dagli iniziali interessi anarchici si sposta gradualmente verso tematiche religiose e spirituali, che si riflettono anche nella sua produzione letteraria.


MAURIZIO CECCHETTI Avvvenire 4 febbraio 2016

UNA COMPAGNIA DI MATTI CREATIVI
Ilmondo filtrato dalla follia Cento anni diDadaismo  Partirono dalla Zurigo del 1916 le fantasie di Ernst, Breton, Duchamp Dagli affreschi di carta agli orinatoi, ilmovimento cambiò il Novecento 

5 feb 2016  Libero
Se fosse nato in Italia probabilmenteilmovimentoavanguardistico Dada si sarebbe chiamato Dilà. Almeno stando a un aneddoto raccontato dal dadaista Tristan Tzara: «All'ora di pranzo gustavo unaminestra in una trattoria diZurigo, quando all'improvviso irruppe nel locale un pericoloso ricercato che poi scappa per l'ingresso posteriore. Poco dopo entrano i poliziottiche loinseguivano. Ioavreivoluto dire loro da cheparte era scappato, ma con la bocca piena di cibo riuscii solo a farfugliare “Di là, di là”». 
Cheintedesco si diceDa- da, dada. L'espressione colpìTzara che la trovò perfetta per il gruppo di cui faceva parte e che ancora non aveva un nome. Dada non aveva senso e allo stesso tempo ne aveva tanti. Nella sua linguamadre, il rumeno, significava «sì sì». In francesedada indica il cavalluccio di legno. In tedesco indica l'ingenuità eccessiva. 
Intanto, anche senza unnome, il gruppo era attivo già da qualche tempo. Cento anni fa, il 5 febbraio del 1916, un sabato, in quella che iericome oggi resta l'unica vera città svizzera, aprì un nuovo locale chiamato Künstlerkneipe Voltaire. La pubblicità diceva che sarebbe stato aperto tutte le sere, tranne il venerdì. Universitari, nottambuli, dandy arrivarono a frotte credendo di trovarvi la solita offerta di canzoni divertentiedonnine chemostravano le gambe. Li attendeva invece unaserataabasedi tamburi fracassoni, unaorchestradibalalaike, balletti sfrenati spacciati per Danze dell'AfricaNera. Aun italiano verrebbe in mente il futurismo nato qualche annoprimae infattiallepareti di quello che poi sarà chiamato Cabaret Voltaire sono appesi bozzetti creati da artisti futuristi. 
Il pubblico, insoddisfatto, nonsapeva di assistere alla nascita di un movimento artistico tanto breve quanto fondamentale per l'arte del Novecento: il dadaismo. Quella sera si posero infatti le fondamenta per il surrealismo, l'espressionismo e persino per la pop art che arriverà cinquant'anni dopo. I dadaisti resero ufficiale la follia che poi fu alla base dell'immaginario surrealista e testimoniarono gli effettidella societàmoderna sull'individuo che fluirà nella riproduzione di prodotti commerciali, fumetti, prime pagine di giornali, immagini televisive tipiche di Warhol, Lichtenstein, Schifano. 
Quei collage di figure e parole ritagliate in differenti caratteri tipografici che tornano in tante opere dadaiste sono un modo per esprimere il bombardamento mediatico che l’individuo subiva già cent' anni fa da parte di troppe testate, riviste, quotidiani che rendevano sempre più immediata la comunicazione, che diversificavano le opinioni. Sipuòarrivare adire che senza i dadaisti non avremmo avuto i lavori in cui il coreano Nam June Paik accatasta decine di televisori accesi. Einstein e il kaiser GuglielmoII, cuscinettiasfera epneumatici, enormipalazzi falansterie ingranaggi, tutti perfettamente ritagliati emessiacomporreuncollagecreatoda quella che è considerata l'artista più importante del dadaismo, HannahHöch, purtroppo oscurata dalla figura di Tzara. Questo piccoloaffrescodi carta è l'opera-chiave deldadaismo, daltitolo fantasioso e lunghissimo (all'incirca: Ritagli fatti con un coltello da c ucina dada attraversando la recente epocaweimariana della pancia da birra tedesca). Sembra un gioco, come ogni espressione dadaista, ma quantainfluenzaavrannosulNovecento quei giochi, quei collage, quei titoli lunghi. SipartedaLamariée mise à nu par ses célibataires, mêmediMarcelDuchamp (suo la Fontana- orinatoio), che apparteneva al dada parigino, si passa da Andrè Breton, per arrivare al nostro cantautore IvanCattaneo, per sua stessa ammissione ultimo dei dadaisti, che nel 1980 pubblicò un LP decorato da collage e intitolato Urlo di una spia in agguato avant la guerre troisième. 
La guerra, appunto. Nel 1916 è in pieno svolgimento la Prima guerra mondiale, idadanon se ne curano. Vivono in Svizzera, Paese neutro in cui stanno trovando rifugio russi, francesi, tedeschi, rumeni. Il dada zurighese non si occupa di politica, mira alla negazione totale e gode di questamisceladiartisti diogniPaese. L’internazionalità sarà fondamentale per il dadaismo che viene esportato ovunque. Il suo stile sarà declinato in modi diversi in luoghi diversi. A Berlino, la politica sarà l'oggettodiartisticomeGrosz. AParigi sipunteràsulgiocofolle. AZurigoinvece la scintilla sispegneràpresto, nel luglio dello stesso 1916, quando il Cabaret Voltaire chiuderà. Maavevaappiccatounincendio che avrebbe mutato la cultura europea. 




E tutto nacque tra i tavoli del «CabaretVoltaire»...
5 feb 2016 Libero
All’inizio di febbraio del 1916, il poeta e scrittore Hugo Ball fonda a Zurigo il «Cabaret Voltaire», luogo di aggregazione di giovani artisti in fuga dagli orrori della PrimaGuerraMondiale.
Il locale, «la cui intenzione è di ricordare, al di là dellaguerra edellamadrepatria, ipochi indipendenti che vivono per altri ideali», è una fucina di emozioni folli dove vengono proposti spettacoli dissacranti eprovocatorididanza, musica, pittura e reading. Diverrà la culla del Dadaismo. Di questo parla il libro Cabaret Voltaire di Hugo Ball ( Castelvecchi, pp. 96, euro 12.50, traduzione di Agnese Cornelio eNinoMuzzi).
Il volume raccoglie una serie di testimonianze autografediBall, relative al brevema eccezionaleperiodo di attività del «Cabaret Voltaire»: frammenti del diario in cui l’autore riversa riflessioniartistiche, notizie delle soirée, impressioni sul drammatico momentostorico; unasezione epistolare conalcunelettere, inedite in italiano, indirizzate tra gli altri a EmmyHennings e TristanTzara; e infine alcuni introvabilicomponimentidello stessoBall. Aunsecolo esatto dall’apertura del locale che ha segnato la nascita del movimento dadaista, Cabaret Voltaire porta il lettore dietro le quinte di una delle esperienze più irriverenti, radicali e geniali dell’Europa novecentesca. Ball, dopo averlo fondato, lasciò presto ilDadaismo e dagli iniziali interessi anarchici si spostò gradualmente verso tematiche religiose e spirituali, che si riflettono anche nella sua produzione letteraria: dalla traduzione di Rimbaud in tedesco ai libri Flametti o Del dandismo dei poveri (1918), Critica dell’intellettuale tedesco (1919), Cristianesimo bizantino (1923), Fuga dal tempo (1927).    

"Dada non vuol dir nulla". Ma lo dice bene da 100 anni
Un secolo fa nasceva a Zurigo il movimento artistico più influente della storia. Due mostre lo celebrano
Luigi Mascheroni Manifesto - Sab, 06/02/2016 

Tzara & C. : il ciclone Dada si abbatte sul mondo dell’arte 
Si aprono tre grandi mostre per festeggiare i 100 anni del movimento che con l’ironia ha cambiato per sempre il modo di vedere la società 
Manuela Gandini Stampa 6 1 2016
Spiegelgasse 1. Zurigo. L’indirizzo del Cabaret Voltaire, a un passo dalla casa di Lenin, è sempre quello. Lo è anche l’atmosfera, un po’ dimessa da centro sociale, con un busto di Voltaire che occhieggia ironico sul piedistallo accanto a un finto camino. La figura di Hugo Ball, vestito da cilindro cubista, domina la sala. Eccoci cento anni dopo: la miccia innescata dal dadaismo, il 5 febbraio 1916, ha perforato e influenzato l’anima delle generazioni a venire. Tutta la città di Zurigo: dai musei, ai teatri, alle librerie, agli alberghi, alle ferrovie, è dadaizzata. Da ieri, per 165 giorni (165 come il numero dei dadaisti), si susseguiranno spettacoli, mostre, letture, eventi, a dimostrazione dell’attualità dello spirito dada. Non c’è istituzione pubblica o privata che non sia coinvolta nella festa globale di un movimento così anarchico e indisciplinato. Si va dallo Zurcher Festspiele, il festival teatrale di giugno, a ristoranti come il Zunfthaus zur Waag dove venne presentato il Manifesto, alle case di dieci collezionisti le cui visite sono estratte a sorte. Ma quando dada nasce imperversa la Grande Guerra e, mentre all’Odeon gli intellettuali disertori provenienti da tutta Europa, litigano sulla morale contro l’estetica, Hugo Ball e Emmy Hennings, poveri e affamati come tutti, convincono il proprietario del Meierei cafè ad affittare loro la stanza vacante nel retro, per fondare il Cabaret Voltaire, dove chiunque può presentare la propria arte. E proprio da qui, con i documenti dada dell’archivio di Harald Szeemann incollati alle pareti come una pelle, partono i festeggiamenti con le performance degli italiani Fantin, Pietroiusti, Norese, Negro, Presicce. Profetici, i dadaisti - la cui posizione era contro la guerra, l’arte, la piccola borghesia e il linguaggio corrotto della politica e dei media - hanno realizzato il primo movimento transnazionale, aperto, collettivo, eversivo.
«Dadaglobe. Recostructed», la mostra alla Kunsthaus curata da Adrian Sudhalter, raccoglie 160 tra foto, opere e scritti, di quaranta artisti internazionali, contattati nel 1920 da Tristan Tzara affinché ciascuno gli inviasse a Parigi, via posta, il materiale per pubblicare un’antologia Dada che si sarebbe appunto chiamata Dadaglobe. La pubblicazione non vide mai la luce perché Francis Picabia, inizialmente disposto a sponsorizzarla, litigò con il poeta romeno. Il sogno si infranse e Tzara rinunciò. Ma oggi, dopo sei anni di studi ossessivi e investigativi, la curatrice, con il suo staff, ha rimesso insieme le pagine che avrebbero composto il libro e, con la mostra, seguendo fedelmente le istruzioni del poeta ha miracolosamente pubblicato Dadaglobe. Da questa storica raccolta di documenti, risulta evidente come i semi dell’attuale complessità sociale fossero già presenti: la visione globale, la tendenza all’annullamento delle gerarchie, l’anti-eroicità, il testo breve, i migranti. Sebbene nel 1920 fosse difficile viaggiare, spostarsi, avere il passaporto (Tzara in quanto ebreo romeno non ne aveva il diritto), gli artisti - da Sophie Taeuber, a Brancusi, a Jean Crotti, a Max Ernst - inviavano a Tristan il kit richiesto, composto di: una foto ritratto ritoccata, una foto del proprio lavoro, uno o più disegni. Il materiale - antesignano del web, del selfie e del tweet - fu parzialmente pubblicato su Vanity Fair e su Little Review a New York, in parte fu collezionato dal Moma, ma soprattutto dalla Kunsthaus di Zurigo e da privati. Con la mostra al Landesmuseum, curata da Stefan Zweifel e Juri Steiner, «Dadaglobe» diventa «Universal Dada». Se alla Kunsthaus vi è una raccolta filologica legata al sogno di Tzara, qui è l’esprit du temps a essere protagonista. «Dada - dice Juri Steiner - è un caleidoscopio e nessuno può dirsi proprietario. Nel XXI secolo abbiamo problemi universali e dada è universale perché può liberarsi dallo spirito e dal luogo, in sintesi dada è universale, globale e locale contemporaneamente». Tra scritti autografi di Nietzsche, biglietti esoterici di Artaud, baionette, maschere africane, frammenti di bomba, la percezione della catastrofe si fa acuta. Ma si vede avanzare il piccolo cavallo di legno (in francese dada) che va alla guerra contro la Grande Guerra.

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