Come ora qualcuno possa vedere una continuità tra Marx e questo "maestro del plagio" è difficile da capire [SGA].
mercoledì 17 febbraio 2016
L'anniversario di Malthus, l'uomo che Marx prese per il culo forse più di chiunque altro
Spiegava Marx che era "conforme agli interessi delle classi dominanti idolatrate da Malthus in modo squisitamente pretesco, spiegare [la]
sovrapopolazione con le leggi eterne della natura, anziché con le leggi naturali puramente storiche della produzione capitalistica".
Come ora qualcuno possa vedere una continuità tra Marx e questo "maestro del plagio" è difficile da capire [SGA].
Come ora qualcuno possa vedere una continuità tra Marx e questo "maestro del plagio" è difficile da capire [SGA].
Laudato si’ nonno Malthus
Ferdinando Boero Stampa 16 2 2016
Non sono superstizioso (porta sfortuna), ma per pura coincidenza nei giorni tra il 12 e il 19 febbraio sono nate le persone che hanno cambiato il nostro modo di vedere il mondo. Il 12 febbraio 1809 nasce Charles Darwin, il 13 febbraio 1766 Robert Malthus, il 15 febbraio 1564 Galileo Galilei, il 16 febbraio 1834 Ernst Haeckel, il 19 febbraio 1473 Nicolò Copernico. Tutti legati da un sottile filo.
La rivoluzione astronomica di Copernico e Galileo, e la rivoluzione ecologico-evoluzionista di Malthus, Darwin e Haeckel hanno cambiato la nostra visione del mondo. La teoria dell’eco-evoluzione, però, ha necessitato di molti aggiornamenti, con una miriade di contributi che affinano la comprensione del fenomeno più complesso dell’universo conosciuto: la vita e la sua organizzazione in ecosistemi.
Se le risorse sono limitate
Darwin riconosce a Thomas Malthus, nato 250 anni fa, nel 1766, il merito di averlo portato all’intuizione della selezione naturale. Quello che mostrò Malthus, economista e demografo, avrebbe dovuto rivoluzionare la nostra visione dell’economia: se la nostra popolazione cresce, cresce anche la sua richiesta di risorse e, a un certo punto, la velocità con cui le risorse sono consumate supera la velocità con cui esse si rinnovano. Oggi la chiamiamo sostenibilità: se togliamo più di quello che si rigenera, prima o poi mancherà ciò di cui abbiamo bisogno. Questo non vale solo per noi; Darwin applica il principio alla natura, a tutte le specie. Da qui deriva la selezione naturale, basata sulla competizione per accedere a risorse limitate: la lotta per l’esistenza. Anche le crisi ricorrenti del sistema capitalistico, teorizzate da Marx, si basano su questo principio. Darwin applicò il pensiero di Malthus alla natura, e chiamò «economia della natura» quella che, 150 anni fa, Haeckel chiamò «ecologia».
La conferma sperimentale di quel che dicono Malthus e Darwin (e tutti gli ecologi dopo di loro) non si può ottenere con un esperimento simile a quello che ha portato alla conferma sperimentale della teoria di Einstein sulle onde gravitazionali, celebrata in questi giorni. Per la fisica è possibile «confermare» una teoria con una misurazione, come è possibile «rigettarla» con un’altra misurazione: se qualcosa viaggia più veloce della luce, magari in un tunnel scavato da Gelmini, allora crolla l’impalcatura teorica di Einstein. Altre scienze affrontano problemi più complessi: i concetti sono facili da intuire ma difficili da dimostrare. E infatti tutti, ancora, ci dicono che dobbiamo crescere: non abbiamo capito il concetto. Francesco ha capito, e lo spiega in Laudato si’. Dice che l’economia ci spinge a sfruttare in modo irresponsabile la natura, la casa comune. La stiamo distruggendo, consumandone le risorse. L’ecologia ci permetterà di correggere i nostri errori: ci dobbiamo convertire all’ecologia. Il messaggio arriva a Cop21 e, a Parigi, 198 Paesi comprendono che stiamo esagerando nel consumare le risorse: dobbiamo darci una regolata e fermare il riscaldamento globale.
Fiducia ingiustificata
Tutto questo ha le sue radici nelle intuizioni di Malthus e di Darwin. Con la tecnologia riusciamo a spremere il sistema che ci sostiene, e questo genera la speranza che si potrà continuare a crescere, a superare i limiti. Lo scientismo non è la fiducia ingiustificata nella scienza, è la fiducia ingiustificata nella tecnologia. Esistono limiti ai quali non ci possiamo sottrarre. Possiamo alzare l’asticella, questo sì. Abbiamo inventato l’agricoltura quando la caccia e la raccolta non ci hanno più permesso di soddisfare i nostri bisogni. L’innovazione tecnologica ha alzato l’asticella. Ma spostare il limite non significa azzerarlo. Non è possibile crescere all’infinito. Il motivo è semplice: il sistema che ci sostiene non è infinito. Non è difficile da capire, eppure non lo vogliamo capire. La risposta non ci piace, e quindi rimuoviamo il concetto, e ci affidiamo a sempre nuove conquiste che, si spera, risolveranno tutti i problemi.
Sono aspettative infantili; non si basano sulla ragione, ma sulla fede nelle capacità divinatorie della tecnologia. I detrattori di Darwin e Malthus hanno giustamente criticato le applicazioni aberranti del pensiero di questi due grandi. Il darwinismo sociale arrivò a giustificare il dominio delle «razze» più forti su quelle «deboli». Ed è giusto dire che se le risorse fossero distribuite in modo più equo potremmo vivere tutti bene. Ma questo sposta solo il problema. Prima o poi saremo troppi. La dimostrazione arriverà con i fatti, non con un esperimento.
Finitezza e umiltà
In tempi moderni è stata la Scuola di Roma, con il famoso saggio I limiti dello sviluppo, a spiegare che non possiamo crescere all’infinito. Le teorie della decrescita di Latouche si basano ancora su questa consapevolezza. C’è una grande differenza tra emettere una diagnosi (non si può crescere all’infinito, in un sistema finito) e proporre una terapia (il darwinismo sociale, la decrescita). Una terapia errata non necessariamente inficia la diagnosi. Così come non rigettiamo Fermi perché dal suo lavoro si è costruita l’atomica.
Si celebra il giorno di Darwin grazie alla decisione di un ministro della Pubblica istruzione di togliere l’evoluzione dai programmi della scuola dell’obbligo. Un famoso fisico aveva detto che, non essendoci l’equazione dell’evoluzione, l’evoluzione non è una scienza - e quindi perché insegnarla? Si celebra qualcosa quando si teme che si possa dimenticare. Non abbiamo più bisogno di celebrare Copernico e Galileo, le loro intuizioni sono saldamente fissate nella nostra cultura, sono patrimonio di tutti. Ma quelle di Darwin e Malthus no. C’è ancora chi non vuole sapere e si ostina a chiudere gli occhi, credendo nella crescita infinita in un sistema finito. Sarebbe da istituire un festival delle scienze della natura (quelle senza l’equazione): dal 12 al 19 febbraio. Così, per non dimenticare, come ci spiega Francesco, che non siamo Dio. Darwin e Malthus insegnano qualcosa di cui ci siamo dimenticati: il concetto di finitezza, l’umiltà.
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