Creditori alla porta e scioperi. Tsipras sotto il tiro incrociato
Atene.
Il governo di Syriza ha bisogno di alleanze sempre più forti e guarda
con interesse crescente allo scontro ingaggiato da Roma con Bruxelles.
Ieri trentamila persone in piazza contro la riforma del sistema
previdenziale. Incontro di nove ore tra i ministri e i rappresentanti
dell’Fmi, che chiede di tagliare ulteriomente la spesa e le pensioni
di Teodoro Andreadis Synghellakis il manifesto 5.2.16
La
Grecia ha incrociato le braccia, ieri, contro la riforma del sistema
previdenziale. Circa trentamila persone hanno manifestato nel centro di
Atene, partecipando alla mobilitazione organizzata dai due maggiori
sindacati del pubblico impiego e del settore privato, Gsee e Adedy, con
l’appoggio del sindacato dei commercianti, degli artigiani, dei medici e
dei farmacisti.
Nel frattempo, continua anche la mobilitazione
degli agricoltori, sempre contro l’aumento dei contributi previdenziali e
la riforma della tassazione: hanno annunciato che bloccheranno per 24
ore, fino a domani mattina, gli aeroporti, le dogane, i porti e le
autostrade di tutto il paese. Le tasse dovrebbero aumentare in modo più
evidente dal 2019, arrivando anche al 46% del loro reddito imponibile.
Il
governo di Alexis Tsipras cerca di non rompere con i creditori e di
garantire, contemporaneamente, la maggior tenuta possibile della
coesione sociale. La proposta dell’esecutivo ellenico, per quel che
riguarda la riforma previdenziale, nella sua versione più aggiornata
prevede, secondo quanto filtrato sulla stampa, l’aumento della
contribuzione e una nuova base di calcolo dell’importo pensionistico.
L’aumento
dei contributi, in totale, è dell’1% per i datori di lavoro e dello
0,5% per i lavoratori, mentre la tassa sulle operazioni bancarie
potrebbe toccare lo 0,1% del totale.
Per quel che riguarda il
nuovo metodo di calcolo dell’ammontare pensionistico, il governo si
impegna – attraverso un sistema di compensazioni – a non tagliare, in
realtà, l’ammontare delle pensioni più basse già erogate, ma è chiaro
che per importi oltre i mille euro, la diminuzione dell’assegno dei
nuovi pensionati sarà evidente. Tsipras si batte per ridurre questi
tagli al minimo possibile, mentre il Fondo Monetario Internazionale
arriva a chiedere che le riduzioni delle pensioni raggiungano il 15%
della somma percepita. In un paese che negli anni della crisi, dal 2010
in poi, ha subito ben cinque decurtazioni di stipendi e pensioni, è
facile comprendere come le pretese dei creditori creino fortissime
reazioni avverse.
E proprio questi creditori, nel frattempo, sono
ad Atene, per discutere delle riforme in atto. L’incontro con il
ministro delle finanze, Efklidis Tsakalotos, e quello dell’economia,
Jorgos Stathakis, è durato ben nove ore e la rappresentante dell’Fmi,
secondo quanto è filtrato, ha chiesto, come sempre, maggiori tagli alle
spese di bilancio e alle pensioni. Più in dettaglio, a non essere
accettata, prima di tutto, è l’intenzione del governo di Syriza di
concedere una pensione di 384 euro a tutti i cittadini che, all’età di
67 anni, abbiano almeno quindici anni di contributi. Parliamo – è palese
– di cifre minime, che non riuscirebbero, molto probabilmente, neanche a
garantire le esigenze basilari di un cittadino. Eppure, anche la mera
sopravvivenza provoca ancora la reazione dei più ultraliberisti tra i
creditori.
I colloqui tra il governo e il quartetto delle
istituzioni creditrici (Fondo Monetario, Banca centrale europea,
Meccanismo europeo di stabilità e Commissione europea), dovrebbero
concludersi a fine mese, sempre che si riesca ad arrivare ad una
soluzione che tenga conto della situazione sociale ed economica del
paese.
Il premier Alexis Tsipras, nei suoi interventi, insiste sul
fatto che «con questo governo non ci sono stati licenziamenti di
pubblici dipendenti, non sono stati toccati stipendi e pensioni, sono
stati compiuti tutti gli sforzi possibili per proteggere la prima casa
di proprietà delle famiglie indebitate. Tutte cose che la destra non
avrebbe fatto».
Ma è indubbio che per riuscire a contrastare, in
parte, le richieste dei rappresentanti delle istituzioni europee ed
internazionali, il governo di Atene ha bisogno di alleanze sempre più
forti: e in questa chiave si guarda con interesse a Roma – con tutti i
possibili sviluppi dello scontro con Bruxelles sull’austerità – e alla
realtà politica spagnola, sperando che si arrivi, quanto prima, a un
governo di collaborazione tra Podemos, la sinistra e i socialisti.
Austerità senza fine. Le richieste della troika a Tsipras
Grecia paralizzata dagli scioperi contro i tagli alle pensionidi Vittorio Da Rold Il Sole 5.2.16
In
50mila hanno incrociato le braccia ad Atene, e altri 14mila hanno
manifestato a Salonicco, per protesta contro la riforma delle pensioni.
Nella capitale, frange violente hanno innescato scontri lanciando
molotov contro le forze dell’ordine. Per il terzo sciopero generale in
diversi mesi si sono fermati treni e traghetti, bloccando a terra
dozzine di voli. Gli ospedali hanno funzionato solo per gli interventi
di emergenza, i benzinai sono rimasti chiusi.
Dopo la protesta dei
giornalisti, ieri hanno incrociato le braccia anche anche avvocati,
notai, medici, farmacisti, benzinai, tassisti, guidatori di tir e
agricoltori, che hanno bloccato le autostrade in diversi punti con i
loro trattori, in una protesta che va avanti da due settimane.
Il
governo propone di abbassare il tetto massimo previdenziale da 2.700 a
2.300 euro e intende introdurre una pensione minima garantita di 384
euro con 15 anni di contributi. Il governo vuole anche accorpare i fondi
pensione e aumentare i contributi previdenziali per i nuovi assunti.
Le
pensioni dovrebbero essere tagliate di un altro 15%, pari all’1% di Pil
di risparmi, cioè 1,8 miliardi di euro all’anno. Tsipras è tra
l’incudine e il martello: il Paese dice no ai nuovi tagli alla spesa
mentre il governo di sinistra ha cercato di aumentare i contributi per i
nuovi assunti ma la troika si è opposta a questo tentativo di scaricare
sulle nuove generazioni il costo delle riforme.
Il premier,
Alexis Tsipras, è accusato di aver tradito le promesse elettorali una
volta arrivato al potere. Tra le rimostranze dei manifestanti,
l’imminente privatizzazione del porto del Pireo da parte del gigante
cinese Cosco.
Inoltre c’è la crisi dei migranti dove Bruxelles ha
chiesto ad Atene di blindare le frontiere con la Turchia e di far
funzionare gli hotspot per il riconoscimento dei migranti. Chi non
dovesse provenire da Stati in guerra e quindi non avere lo status di
rifugiato dovrebbe essere rispedito nel Paese di provenienza. Altrimenti
Bruxelles minaccia di chiudere la frontiere con la Macedonia e i
profughi resterebbero chiusi in Grecia, dove la Ue minaccia di costruire
un campo profughi da 400mila persone ad Atene.
Il ministro
dell’immigrazione greca Mouzalas ha parlato di fronte a questa ipotesi
di una Grecia «trasformata in un cimitero di anime» e praticamente
espulsa da Schengen. Un’altra ipotesi prevede che i migranti, vedendo
chiusa la frontiera macedone, potrebbero decidere di dirigersi verso
l’Italia dalla costa adriatica. Atene resta ancora l’anello debole di
una crisi dei migranti che si collega a quella del debito non ancora
risolta.
«Non mischiamo i due processi» sui migranti e sul piano
di assistenza finanziaria in Grecia. Questo l’invito del commissario Ue
agli affari economici Pierre Moscovici, che ha sottolineato che il
programma di aiuti in corso «ha la sua logica, non è Schengen né gli
hotspot». La revisione da parte della ex troika «è in corso ad Atene» e
l’obiettivo è «concluderla il prima possibile», ha detto Moscovici,
invitando a «non perdere lo slancio» di attuazione delle riforme degli
ultimi mesi.
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