mercoledì 9 marzo 2016

Anche Rusconi, dopo Bolaffi, denunciato da Merkel per sexual harassment

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La pericolosa scommessa della Merkel
di Gian Enrico Rusconi La Stampa 9.3.16
In una Europa divisa, confusa e inconcludente di fronte alla questione dei migranti, la Germania di Angela Merkel è determinata a imporre la sua linea di intesa con la Turchia - anche a prezzo maggiorato. A costo di sfidare ostilità esterne e interne e anche di innescare situazioni drammatiche come la chiusura dei confini decisa ieri da Slovenia e Serbia. È una nuova prova per l’egemonia tedesca, di cui si è tanto parlato negli anni scorsi con accenti controversi. Ma ora si gioca su un terreno inatteso dove la Germania si è mostrata estremamente vulnerabile.
La situazione è difficile. La strategia della cancelliera non è dettata semplicemente dall’essersi cacciata in un vicolo cieco, come dicono i suoi avversari. Risponde ad un calcolo che segue un preciso ordine di priorità, all’interno e all’esterno. Con l’interruzione o quantomeno il contenimento del flusso dei migranti, garantito dagli accordi con la Turchia, fermo restando il principio dell’accoglienza per gli aventi diritto d’asilo, Angela Merkel mira a riguadagnare i livelli di popolarità pericolosamente persi nei mesi scorsi. Non sarebbe la prima volta nei lunghi anni del suo cancellierato che interagisce attivamente con il sentire della gente comune.
Così era sembrato del resto anche nell’agosto scorso quando ha spalancato le porte ai migranti/ profughi/ richiedenti asilo raccogliendo a prima vista un grande consenso. In seguito sono arrivati i ripensamenti, i pentimenti, i disinganni sino al grave episodio della notte di San Silvestro a Colonia percepito da molti tedeschi e dalla cancelliera stessa come una sorta di «tradimento morale» da parte dei rifugiati (o quantomeno da una parte di essi). Ma anche davanti al successivo drammatico deterioramento della situazione lungo le linee di fuga di massa dei migranti nei Balcani e nel centro d’Europa, Angela Merkel ha tenuto fermo alle sue convinzioni. Da qui è nata l’idea dell’intesa con la Turchia, accettata con riluttanza da Bruxelles. Subito si è rivelata una prospettiva carica di incognite. All’interno, la cancelliera deve ora trovare le parole giuste per convincere e tranquillizzare i semplici cittadini , che le stanno a cuore più e prima ancora degli equilibri di partito.
Per difendere la sua politica non manca di usare argomenti che puntano sull’ orgoglio di «essere tedeschi che sanno fare cose grandi anche quando sembrano impossibili». E’ il suo modo di essere «populista», per contrastare gli slogan nazionalisti dell’estrema destra euroscettica di Alternative für Deutschland (Afd) che nelle elezioni comunali in Assia ha raggiunto il 13,2 per cento, diventando la terza forza politica. Ma decisivi saranno soprattutto i risultati dell’importante appuntamento di domenica prossima, quando si voterà in tre Länder: Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt. Saranno certamente un verdetto su Angela Merkel. Ma è difficile dire in che misura quei risultati saranno interpretabili come un giudizio specifico sugli accordi con la Turchia.
Il costo finanziario dell’operazione turca appare sopportabile soltanto se ad esso si accompagna la ricostituzione di un affidabile confine esterno dell’Unione. E quindi si cancellino i vergognosi muri di reticolato interni, specialmente in quella che era la mitica Mitteleuropa.
Ancora una volta - sia pure in dimensioni minori - la vicenda tedesca si incrocia e diventa storia europea. Ancora una volta la Germania merkeliana si presenta come «nazione di riferimento».
A questo proposito è interessante osservare il comportamento della cancelliera in questi giorni. Assai meno visibile, meno centrale e meno sorridente che nei tradizionali meeting europei, Angela Merkel è intensamente impegnata a contattare direttamente i singoli esponenti politici, quasi a convincerli uno per uno.
Vedremo nei prossimi giorni sino a che punto l’aggravio dell’impegno finanziario con la Turchia sarà un ostacolo insormontabile o ancora trattabile. Vedremo se sarà il vincolo principale o se verranno alla luce gli altri seri problemi di ordine etico e giuridico, connessi ai comportamenti del governo di Ankara a cominciare dalla scandalosa e inaccettabile restrizione, se non addirittura abolizione della libertà di stampa. Di fronte a queste e altre questioni però non sembra che l’Unione europea sia in grado di presentare una linea chiara, univoca e condivisa. Sarebbe deplorevole se ogni Stato tirasse fuori le sue richieste, le sue obiezioni, se non addirittura i suoi veti - in ordine sparso. Ma soprattutto, come si comporterà la Germania che in questa partita mette in gioco molto di più della tenuta del suo governo? Sarebbe estremamente pericoloso per la tenuta stessa dell’Unione se la Germania dovesse trovarsi isolata o quasi, circondata dal malumore degli altri Stati. Ma lo sarebbe anche se riuscisse a far passare la sua linea a costo di cattivi patteggiamenti e compromessi che lascerebbero tutti insoddisfatti. Spero che i politici europei siano consapevoli della gravità delle decisioni che dovranno prendere nelle prossime settimane.

L’egemonia riluttante del gigante tedesco Nel suo ultimo studio su luci e ombre della Germania Gian Enrico Rusconi ripercorre la storia del Paese attraverso i leader: da Bismarck alla MerkelTONIA MASTROBUONI Restampa 24 4 2016
Troppo piccola per l’egemonia, troppo grande per l’equilibrio. Poche intuizioni sulla Germania sono illuminanti come questa, tradotta dallo storico Ludwig Dehio in un termine, “semiegemonia”, che è il destino e la condanna del Paese più ingombrante e, a tratti infelice, d’Europa. Il filo rosso della “potenza del centro”, costretta a funambolismi diplomatici e ad alleanze variabili per garantirsi un posto nel cuore del continente — quasi il diritto ad esistere — accompagna la Germania sin dalla sua unificazione, nel 1871. E l’equilibrio si mostra talmente complesso che in assenza di personalità europeiste, forti o dotate di genio politico come Bismarck, il Paese rischia di precipitare nel disordine, se non nel terrore.
Gian Enrico Rusconi, che continua ad essere tra le voci più lucide e intelligenti sulla Germania, ci aiuta a seguire quel filo rosso in un libro appena uscito per il Mulino, Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome Bismarck. Il libro analizza l’evoluzione dei rapporti di forza tra i tedeschi e il resto d’Europa dal “cancelliere di ferro” ai giorni nostri. La lezione più immediata delle due unificazioni tedesche, un secolo e mezzo fa e un quarto di secolo fa, è che la Germania non può permettersi un cancelliere mediocre. Troppo grandi le pressioni e le paure intorno, troppo fragili i rapporti delle “potenze laterali” si sarebbe detto ai tempi di Bismarck, troppo forte la personalità dei tedeschi, che tende a imporsi, militarmente allora, economicamente ai giorni nostri.
La Germania “cesarista” di Bismarck sovverte il “sistema Metternich”, incardina il proprio potere sulla forza militare, resta condizionata dall’ostilità con la Francia, coltiva rapporti con il Regno Unito e la Russia, ma si scopre vulnerabile non appena la “Kanzlermonarchie” termina. Il grande merito del cancelliere dell’unità è stato quello di tenere sotto controllo la potenza tedesca e governare magistralmente l’inquietudine che generava. Anche i cancellieri della seconda unità tedesca, dal 1990, hanno fatto i conti con l’esigenza di tenere questo equilibrio — basti ricordare gli sforzi di Kohl per tranquillizzare i partner al di là e al di qua della Cortina di ferro sul ritorno di una “Grande Germania”.
L’evoluzione della “potenza di centro” è quella di Merkel, basata sulla forza economica e su una visione eurocentrica come Bismarck, ma giocata su un sistema intergovernativo a predominanza tedesca che approfitta di un’Europa sfilacciata. E che rischia di essere pericolosa. In assenza di un maggiore coraggio su alcuni punti che dovrebbero contribuire a una maggiore integrazione del continente, la Germania disgrega, invece di unire. Resta “egemone riluttante” invece di evolvere verso una predominanza più responsabile. E salvifica, per un continente sempre più sul punto di implodere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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