mercoledì 9 marzo 2016

Siderurgia, Surrogacy & Aperitivo non molla l'osso centrosinistro. Tutti a ruota


La sinistra e il fantasma del candidato, Oggi lo ’spareggio’ fra Marino e Bray

Campidoglio. Sel: allarghiamo il campo. Fassina: faremo le primarie

di Daniela Preziosi il manifesto 9.3.16
Dovrebbe essere la giornata risolutiva per i dubbi della sinistra-sinistra romana che cerca un candidato per il Campidoglio ma per ora se ne ritrova tre. Il condizionale è d’obbligo: sulla telenovela circolano boatos e ricostruzioni di fantasia. Oggi però l’ex ministro Massimo Bray e l’ex sindaco Ignazio Marino si incontreranno a pranzo. Incontro «definitivo», assicura chi ha parlato con entrambi. Poi hanno appuntamento con esponenti di Sel. Bray, benché iscritto Pd, è pronto a «mettersi a disposizione» dell’area a sinistra di Renzi. Marino anche; ma ci mette un di più di protagonismo personale. E di rivincita per il ’maltrattamento’ che è convinto di aver subìto dal suo partito. Entrambi sono vicini al presidente di Italiani europei, ragione per la quale sui social circola l’idea che dietro la possibile riunificazione a sinistra c’è «l’ombra di D’Alema»: ma potrebbe anche finire in una deflagrazione.
Fra i due, il terzo uomo naturalmente è Stefano Fassina, ex viceministro di Letta, ex Pd e oggi frontman di Sinistra italiana. Dallo scorso novembre scarpina per tutta Roma da candidato sindaco. Sabato scorso, trascurato dai media («oscurato» dicono i suoi) ha riempito il Teatro Quirino per lanciare il programma de «La meglio Roma», slogan della sua corsa. Ma i giochi sul suo nome non sono ancora chiusi. Non del tutto almeno.
Tant’è che ieri il presidente Pd Matteo Orfini – alle prese con presunti brogli alle primarie napoletane e con qualche incongruenza anche nel voto romano, come il «mistero» delle quasi 3mila schede bianche che incuriosisce detrattori e militanti – si è tolto lo sfizio di suggerire a Fassina di passare anche lui per i gazebo: «Credo che il mio amico Fassina capisca oggi perché gli suggerivo di fare le primarie: quando una candidatura la decidono in tre, gli stessi tre possono rimangiarsela qualche mese dopo, come stanno provando a fare con lui, mostrando peraltro una certa ingratitudine».
La battuta non è amichevole. Ma non c’è problema, ha spiegato lo stesso Fassina ieri in Transatlantico: «Se sul progetto messo in campo emergono altre candidature è un fatto positivo, vuol dire che è attrattivo». E nel caso «sceglieremo con le primarie». Conferma un altro ex Pd, Alfredo D’Attorre: «A Roma è in campo la candidatura di Fassina che ha messo al centro una serie di proposte concrete per la Capitale. Se ci sono altre personalità che danno disponibilità a misurarsi, come l’ex ministro Bray, metteremo in piedi un meccanismo serio di scelta democratica attorno a un programma condiviso e alla figura più adeguata a rappresentare quel programma. D’altronde l’assurdo delle primarie Pd è proprio il fatto che si sono svolte attorno a un vuoto di proposte».
L’allargamento dell’area della sinistra radicale ad altre personalità in uscita dal Pd sarebbe in ogni caso alle porte. Ieri Paolo Cento, segretario romano di Sel, ha parlato del varo di «un laboratorio per un’ampia coalizione civica, una coalizione larga, democratica e di sinistra capace di aggregare i tanti elettori delusi dal Pd. La candidatura di Fassina ha aperto uno spazio pubblico di iniziativa che può coinvolgere uno schieramento ampio da Marino a Bray e nei municipi tante associazioni e comitati di base».
L’eventualità che Bray passi oltre le linee sinistre del Pd e approdi nel campo (un tempo) vendoliano comincia ad agitare il partito del Nazareno. Che moltiplica gli appelli alla lealtà. Gianni Cuperlo propone «una federazione» dentro e fuori dal Pd ma una lista ’di sinistra’ in appoggio al candidato Roberto Giachetti. Che a sua volta è netto contro l’ex ministro: «Avevo auspicato che Bray partecipasse alle primarie, la sua risposta è stata che non voleva fare una candidatura divisiva. C’è una tentazione costante nella sinistra di far perdere il centrosinistra. Ora non capisco come farebbe a non essere divisiva. Ma a questo punto, un’altra candidatura non ha alcuna speranza: ha solo la possibilità di decidere che al ballottaggio ci vanno M5S e centrodestra».

D’Alema spinge Bray torna l’ipotesi scissione
Se il direttore della Treccani si candiderà a Roma fuori dal Pd l’ex premier lo voterà. Ma la minoranza lo gela: “Stiamo con Giachetti” di Giovanna Casadio Goffredo De Marchis Repubblica 9.3.16
ROMA. Se Massimo Bray si candida a Roma la scissione di fatto nel Pd assumerà contorni molto più definiti. Perché stavolta verrebbe guidata da un pezzo da novanta, il vero anti-Renzi della sinistra: Massimo D’Alema. C’è lui dietro la corsa annunciata, ma non confermata, dell’ex ministro della Cultura. I dalemiani, mentre l’ex premier è in trasferta a Teheran, lo dicono apertamente: «Non ci sono dubbi, se corre Bray D’Alema voterà per lui». Per lo statuto del Pd questa è l’unica condizione d’incompatibilità, l’unico vincolo di appartenenza: non si può sostenere una lista avversaria del partito nelle competizioni elettorali. Quindi, se D’Alema non solo votasse ma sostenesse pubblicamente Bray sancirebbe la sua uscita dal Pd.
Lo schema in realtà viene raccontato in un altro modo. Il sostegno avverrebbe solo dietro le quinte in un gioco di specchi che l’ex premier ha già sperimentato durante la segreteria di Walter Veltroni. Allora fondò Red, un’associazione parallela che faceva anche il tesseramento. «È uno schema dentro-fuori – dice una fonte dalemiana - . Del resto lo fa anche Renzi quando usa Verdini e Alfano contro un pezzo del Pd». Come dire: a brigante, brigante e mezzo. Secondo l’ex premier Bray avrebbe più possibilità di intercettare il consenso della sinistra, dei delusi del Pd e il voto di opinione di un’area moderata, della classe dirigente. Bray è un intellettuale, ex ministro della Cultura nel governo Letta, ex deputato del Pd, direttore della Treccani. Ancora oggi però nei week end gira l’Italia per non perdere il polso della politica e il contatto con la gente. Si candiderebbe a Roma con una lista civica, fuori dai partiti. «Decido entro 48 ore», dice. E D’Alema torna dall’Iran proprio domani.
Ma la sua sfida è tutt’altro che in discesa. Non deve avere avversari a sinistra, quindi la precondizione è che Stefano Fassina si ritiri. Cosa che l’ex Pd non vuole fare: «Chi appoggia Bray? D’Alema. Non mi faccio mettere fuori gioco da lui. Semmai facciamo le primarie». L’altra incognita è legata a Ignazio Marino, anche lui prodotto della Fondazione Italianieuropei diretta da D’Alema. Il ticket Bray-Marino è l’obiettivo finale. L’ex sindaco dimissionato dal Pd in realtà coltiva il sogno di una ricandidatura. Ha sicuramente un bacino di voti. Sta riflettendo, ha sentito più volte l’ex ministro della Cultura. Oggi i due si vedranno a quattr’occhi. Nel caso di un passo indietro, però, la preferenza di Marino va certamente a Bray: promuoverebbe una lista in appoggio. Il chirurgo infatti valuta Bray al suo livello, una partnership tra intellettuali, mentre considera Fassina un politico di professione. C’è anche questo elemento per Marino che quando incontra qualcuno ha il solito quaderno davanti e accanto al nome scrive “QI”. Alla fine del colloquio, sentenzia sul quoziente intellettivo dell’interlocutore.
Bray si deve poi appoggiare su Sel, ma la sinistra non ha una rotta. Vendola sarebbe offeso con Fassina per le sue critiche alla maternità surrogata proprio nei giorni della nascita di Tobia. L’uomo forte di Roma, Smeriglio cerca un accordo con Bray. Il coordinatore romano Paolo Cento propone addirittura il disarmo bilaterale: Giachetti e Fassina si ritirano e convergono su Bray. Cortocircuito totale. Sullo sfondo c’è anche la presa di distanza netta della minoranza dem. Gianni Cuperlo è duro sull’ipotesi del sostegno occulto di D’Alema a favore di Bray: «In politica non puoi fare a lungo cose che non puoi dire». E Roberto Speranza taglia corto: «Abbiamo fatto le primarie. Adesso stiamo tutti con Giachetti». 

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