giovedì 31 marzo 2016
Università: ottimismo decisamente mal riposto
Dall'articolo sembrerebbe l'alba della rivoluzione. La realtà - e scrivo da una Università che ha un tasso di astensione superiore alla media - è assai diversa e assai più miserabile [SGA].
L’inattesa vittoria dei docenti disobbedienti all’Anvur. Per ora
L’agenzia nazionale della valutazione universitaria della ricerca (Anvur) costretta a riaprire i termini della valutazione degli atenei a causa della clamorosa protesta dei docenti. Un granello di sabbia sembra avere interrotto la macchina schiacciasassi della meritocrazia all’italiana. Ora la palla passa ai “disobbedienti”: continueranno la protesta o aderiranno al 100 per cento alle richieste della burocrazia e dei rettori?
Roberto Ciccarelli Manifesto 31.3.2016, 8:52
La resistenza del 27% dei docenti dell’università di Pisa e del 30 per cento di quelli di Lecce ha costretto l’Agenzia Nazionale per la valutazione della ricerca universitaria (Anvur) a riaprire inaspettatamente le contestate procedure della “valutazione della qualità della ricerca” (Vqr) chiuse il 15 marzo scorso.
Dal 4 al 15 aprile sarà nuovamente possibile “caricare” i materiali mancanti nel sistema informatico. La protesta dei docenti è arrivata alla seconda vittoria, dopo la miniproroga concessa ai rettori della Crui preoccupati per la clamorosa protesta dei docenti e dei ricercatori contro i tagli e un sistema di valutazione che ne aggrava le conseguenze sociali e territoriali. Una prova lampante che un granello di sabbia ha ingolfato la macchina schiacciasassi che sta sconvolgendo l’università italiana. Per il momento.
I manager della moderna burocrazia della valutazione universitaria si erano mostrati sicuri alla chiusura delle procedure e non preoccupati delle conseguenze di una protesta che non ha ricevuto gli onori della cronaca se non su alcuni quotidiani, tra cui Il manifesto, su testate locali e in trasmissioni televisive andate in onda dopo la fine della protesta.
“Il sistema universitario è sano e ha dimostrato di accettare la valutazione, concetto universalmente riconosciuto” aveva detto il presidente dell’Anvur Sergio Fantoni. “Sono contento che gli atenei abbiano scelto di non farsi del male – ha aggiunto il vicepresidente Andrea Graziosi. Sono favorevole alla battaglia sugli scatti d’anzianità [una delle richieste della piattaforma della protesta, ndr.], una semplice ingiustizia subita dai docenti universitari italiani, ma congelare la Vqr non è un’arma, è autolesionismo”.
I valutatori sottolineano il ruolo dei rettori di “alcune università”.Oltre a quelli di Pisa e Lecce ci sono quelli dell’università Napoli Parthenope dove la protesta ha bloccato il consenso Anvur al 73,7%. Reggio Calabria (82,7%), Catania (85,8%), L’Aquila (86,3%), Urbino, Roma Sapienza (86,4%), Brescia (87,1%), Basilicata (87,8%), Pavia (87,9%), Roma Tre (88%), Sannio (89,1%), Genova (89,1%), Siena (89,4%), Cagliari (89,9%), Salerno (90,3%), Messina (90,5%). Poco sotto Milano Bocconi (91%). Grazie al loro intervento, prosegue il comunicato “l’ANVUR consentirà agli atenei che vorranno farlo di conferire i prodotti ancora mancanti da lunedì 4 aprile a venerdì 15 aprile 2016”.
La specificazione successiva è tutta un programma. Ci si rivolge, quasi scongiurandoli, ai docenti “disobbedienti” di “caricare” nell’apposito software le pubblicazioni – nella neo-lingua orwelliana dell’Anvur “prodotti della ricerca”: “Tale possibilità potrà essere utilizzata esclusivamente per il conferimento di nuovi prodotti per soggetti già accreditati, e non per modificare quelli già conferiti”.
In pratica è l’identikit dei docenti che hanno resistito ad ogni forma di pressione, anche quelle improprie, dei rettori e dei responsabili dei dipartimenti, a procedere alla consegna, pena la punizione dell’Anvur con relativo taglio dei fondi. In tempi di definanziamento radicale è uno scenario da far tremare i polsi a tutti. Già gli atenei fanno fatica a tenere accese le luci, vogliamo anche rinunciare a qualche spicciolo per finanziare una borsa di dottorato?
Questo è il dilemma in cui si dibatte una parte – non piccola – dell’università italiana.
La chiusura del comunicato dell’Anvur è significativa. I manager rispondono, indirettamente, a coloro – e sono fior di filosofi, ingegneri, studiosi di ogni disciplina in Italia e non solo – che hanno definito le loro metodologie come “punitive”. “Si ribadisce che la valutazione VQR ha unicamente l’obiettivo di valutare la qualità della ricerca delle Istituzioni e delle loro articolazioni interne, e non si prefigge in alcun modo di valutare i singoli addetti alla ricerca”.
Ora la palla ripassa nel campo dei “resistenti”.
Continueranno ad opporre il loro rifiuto contro un sistema che amplifica le conseguenze dei tagli voluti da Gelmini-Berlusconi e aggravate dalla decisione del governo Renzi di aumentare a dismisura il peso della quota premiale rispetto al fondo di finanziamento ordinario degli atenei? Oppure cederanno all’offerta dell’Anvur, senza peraltro avere ottenuto nulla rispetto alle critiche al suo sistema o alla questione degli scatti di anzianità?
Sono queste le alternative prima del disastro. Nei fatti, l’Anvur ha ceduto alla protesta dei pochi, e coraggiosi, docenti. La #stopvqr ha individuato il punto debole del sistema e ha dimostrato che non è attendibile: un ateneo rinomato nel mondo come Pisa è all’ultimo posto delle classifiche Anvur non per un disastro scientifico, ma per l’inattendibilità della meritocrazia all’italiana.
Tocca ora al movimento dei docenti, alle loro comunità accademiche, agli studenti e ai precari della ricerca in mobilitazione, decidere cosa fare.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento