di Antonio Carioti Corriere La Lettura 15.5.16
lunedì 16 maggio 2016
La Seconda Repubblica? Lacrime di coccodrillo fuori tempo massimo
Nadia Urbinati e David Ragazzoni: La vera Seconda Repubblica. L'ideologia e la macchina, Raffaello Cortina, pp. 202, e 15
Risvolto
La “Seconda Repubblica”, più che una
realtà, è stata finora un’ideologia. Trasversale a tutte le forze
politiche, che l’hanno impugnata ciascuna per scopi diversi, è avanzata
come una macchina che ha preso velocità nel corso dei decenni: tre le
sue componenti – Parlamento, Partiti e Governo – trasfigurate
polemicamente in parlamentarismo, partitocrazia e governabilità. La
riforma costituzionale del Governo Renzi sembra in procinto di portare a
destinazione questa macchina, dopo un trentennio che ha visto
Parlamento e Governo sfidarsi per l’attuazione delle riforme
istituzionali. Ma il discorso sulla crisi della Repubblica ha radici
lontane, che risalgono agli anni immediatamente successivi all’entrata
in vigore della Costituzione del 1948. La fisionomia della vera
Seconda Repubblica è il risultato del sedimentarsi progressivo di
questi dibattiti, prima esterni e poi interni alle istituzioni. Se un
tempo era la forza dei partiti a ostacolare le loro velleità
riformatrici, oggi è proprio la loro debolezza che consente la nascita
di una nuova Repubblica, non più dei partiti ma del partito.
La repubblica immaginatadi Antonio Carioti Corriere La Lettura 15.5.16
Per
Nadia Urbinati e David Ragazzoni, autori del libro La vera Seconda
Repubblica (Raffaello Cortina, pp. 202, e 15), la riforma costituzionale
è stata per decenni una «potentissima costruzione ideologica», una
«macchina immaginifica» che ha indotto i partiti a mettere in
discussione l’ordinamento dello Stato, «falcidiando la legittimità di
quella Repubblica che pure avevano fondato». Una tesi che sembra
trascurare la profondità delle trasformazioni sociali e culturali che
l’Italia ha vissuto dal 1948 a oggi: esse, ben prima e ben più
dell’inconcludente dibattito sulla riforma della Costituzione, hanno
eroso le basi del nostro modello istituzionale. La Seconda Repubblica è
stata senza dubbio anche una suggestione ideologica, agitata spesso
strumentalmente, ma a generarla hanno contribuito robusti fattori
materiali, cui hanno finito per arrendersi anche molti ex adoratori
della «Costituzione più bella del mondo». Tipo Walter Veltroni, al quale
Urbinati e Ragazzoni attribuiscono giustamente la responsabilità di
aver spianato la strada alla stagione renziana, facendo del Pd «un
partito dall’appartenenza debole e dalle frontiere labili». L’analisi è
fondata, ma viene da chiedersi se oggi in Italia esista una qualche
formazione politica, a parte forse la Lega, dotata di un’appartenenza
forte e di frontiere ben marcate. È vero che la Seconda Repubblica, se
la riforma Boschi supererà la prova del referendum di ottobre, nascerà
dallo «svuotamento» dei partiti «quali corpi strutturati», come scrivono
i due autori. Ma a svuotarli sono stati innanzitutto i cittadini,
ritirando loro la delega a rappresentarli. C’entra l’ideologia, come in
tutte le vicende politiche, però da sola non sarebbe bastata.
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