lunedì 30 maggio 2016
Le "Incantazioni" di Pietro Pomponazzi
Pietro Pomponazzi: Le incantazioni, Introduzione, traduzione e commento a cura di Vittoria Perrone Compagni, Edizioni della Normale, Pisa, pagg. 363 € 25
Risvolto
Uno degli aspetti centrali della cultura rinascimentale, riscoperto nel
Novecento, è costituito dalla magia e, in questo ambito, dal problema
degli incantesimi. Pietro Pomponazzi intervenne in questa amplissima
discussione con un testo memorabile nel quale si sforzava di dare, su
basi naturali, una spiegazione scientifica degli eventi di carattere
soprannaturale. Testo ‘maledetto’, anche per i corrosivi elementi di
critica religiosa, è rimasto lungamente clandestino fino agli ultimi
decenni del Novecento, quando ha riconquistato il ruolo centrale che gli
spetta se si vuole comprendere la cultura rinascimentale nella
pluralità dei suoi elementi costitutivi.
In questo volume Vittoria Perrone Compagni ne presenta una traduzione
accuratissima corredandola di tutte le notizie necessarie al lettore per
entrare in un testo tanto complesso quanto profondamente affascinante.
Pietro Pomponazzi (1462 - 1525) Disincanto rinascimentale
Ritorna un capolavoro della scienza cinquecentesca che affronta con stile naturalistico demoni, magia e libero arbitrio
di Michele Ciliberto
Le Edizioni della Normale hanno varato una nuova collana di «Classici
tradotti» inaugurata da due testi assai importanti: il De
incantationibus di Pietro Pomponazzi e l’Etica di Campanella, di cui per
le stesse Edizioni era uscito il testo latino a cura di Germana Ernst,
che ora lo ha tradotto anche in lingua italiana.
Il testo di Pomponazzi - presentato con il titolo Le incantazioni - è
stato tradotto da Vittoria Perrone Compagni che, oggi, è la maggiore
studiosa del suo pensiero: oltre a pubblicare su di lui molti saggi, ha
curato l’edizione italiana di altri suoi testi cruciali, dal De
immortalitate animae al De fato - un testo da ogni punto di vista
eccezionale per il contributo che offre a uno dei problemi più discussi
fra Quattrocento e Cinquecento, da Valla a Erasmo, a Lutero: quello del
libero arbitrio.
Composto nel 1520 - come si arguisce dalla data di sottoscrizione
apposta dall’autore: 16 agosto 1520 -, il De incantationibus è scritto
quasi contemporaneamente al De fato, ed è effettivamente «l’esito di una
lunga riflessione», che probabilmente si estende anche al di là di
questa data (come sottolinea Perrone Compagni, nelle prime righe della
sua bella Introduzione). «Opera destinata a far epoca proprio per la sua
carica eversiva», «testo famoso per lo scandalo che destò nei secoli» (
per riprendere due giudizi di Eugenio Garin), esso ha avuto una
notevole fortuna anche nel Novecento, testimoniata dai lavori di
studiosi come Cassirer e lo stesso Garin, intrecciandosi, lungamente, al
problema della nascita della scienza moderna.
È, questo, un punto che appare con chiarezza proprio dai giudizi di
Cassirer, che al De incantationibus dedica pagine centrali nel suo libro
su Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento: in Pomponazzi,
scrive Cassirer, la causalità «rimane certo ancora legata al mondo
tradizionale delle rappresentazioni astrologiche», non essendovi in lui
«ancora una scienza esatta della natura». «Ma...una volta rotti questi
quadri ed il concetto di causa astrologico sostituito da quello
matematico-fisico, quest’ultimo non troverà più nessuna resistenza
intima, che si opponga alla sua formazione. In questo senso mediato,
anche l’opera strana ed astrusa del Pomponazzi, da un punto di vista
puramente metodologico, ha aiutato a preparare il terreno al nuovo modo
di concepire l’accadere naturale, proprio delle scienze esatte».
In un testo del 1976, Lo zodiaco della vita, Garin si muove in una
prospettiva differente, ribadendo, certo, l’importanza del testo di
Pomponazzi, ma situandolo nella polemica sulla astrologia dal Trecento
al Cinquecento, e mostrando come esso si contrapponga alle posizioni di
Giovanni Pico della Mirandola e alla critica della astrologia che egli
svolge in un altro testo capitale, le Disputationes adversus astrologiam
divinatricem. Su questo sfondo Garin opera una rigorosa storicizzazione
del De incantationibus in due direzioni: da un lato, lo interpreta alla
luce del problema della causalità che attraversa tutta quella
discussione, coinvolgendo anche il problema delle religioni, del loro
nascere e del loro morire; dall’altro, sottolinea come il dialogo tra
Pomponazzi, Pico ed anche Ficino concluda,non apra,un intero periodo
storico, perché successivamente i problemi saranno impostati in altri
termini: «di fondazione della scienza; di fondazione della astronomia
come scienza; di filosofia della storia e delle società umane».
Uno dei meriti principali del lavoro della Perrone Compagni è
precisamente quello di sviluppare ed arricchire questo approccio
rigorosamente storico, con un ampio apparato di note, oltre che con
l’Introduzione già citata, tenendo fermo un punto essenziale: scopo del
testo di Pomponazzi è spiegare «scientificamente» tutta la realtà
naturale, eliminando le presenze e l’intervento dei demoni su cui aveva
fatto perno la letteratura inquisitoriale, impedendo una corretta
comprensione del mondo.
«Corpora coelestia...universum gubernant et conservant», scrive
Pomponazzi, e questo riguarda anche le religioni, le quali nascono, si
sviluppano, e muoiono, come sta accadendo, a suo giudizio, anche al
cristianesimo. Ciò si può capire da un fatto preciso: quando una nuova
religione sorge, essa è accompagnata da grandi prodigi e miracoli, i
quali hanno una causa naturale; mentre quando una religione tramonta e
finisce, i miracoli vengono meno e le preghiere non hanno più effetto, a
conferma che un ciclo è ormai definitivamente compiuto. Anche la
vicenda delle religioni è dunque determinata dalle stelle, come ogni
evento umano: qualsiasi fenomeno, anche il più strano e singolare, può
essere spiegato su basi razionali, attraverso cause naturali. Il che non
toglie, ritornando alle religioni, che esse possano svolgere una
funzione educativa nella società, configurandosi come strumento per
governare i popoli rozzi ed ignoranti. È per questo che sono stati
introdotti angeli e demoni: per spingere il volgo verso il bene e
allontanarlo dal male. Favole di cui i sapienti non hanno bisogno.
Che un testo così netto e radicale abbia suscitato polemiche e violente
discussioni non stupisce; il De incantationibus è uno dei contributi più
importanti alla costruzione - dura e faticosa - delle «libertà dei
moderni», attraverso un approccio scientifico di tipo naturale alla
realtà imperniato sul paradigma astrologico. In questo senso, è,
effettivamente, un capolavoro della scienza rinascimentale, che, come si
vede anche dai pochi testi citati, è però altra cosa dalla scienza
moderna. Concetto che si potrebbe ribadire per altri grandi protagonisti
del Rinascimento - da Bruno a Campanella. Se c’è oggi un lavoro da
svolgere, è proprio quello di sganciare questi autori dalle genealogie
costruite dai “moderni”, considerandoli nella loro autonomia e
specificità. Tra gli altri meriti, questa traduzione commentata del De
incantationibus ha anche quello di andare in questa direzione.
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