domenica 15 maggio 2016
Stella rossa sulla Cina: una nuova edizione per il libro di Snow
Edgar Snow: Stella rossa sulla Cina, il Saggiatore
Risvolto
Nell’estate del 1936 il giornalista statunitense Edgar Snow, da qualche anno inviato speciale nella Cina di Chiang Kai-shek, intraprese un viaggio che aveva già allora il sapore dell’epopea. Snow fu il primo occidentale a varcare il confine dei territori controllati dai rivoluzionari di Mao Zedong, incontrandoli da vicino, accolto come un amico nelle loro case-grotta dello Shaanxi settentrionale. Da quei nove formidabili mesi nacque un reportage definito all’epoca «lo scoop del secolo» e destinato a diventare celebre.
In Stella rossa sulla Cina parlano dirigenti comunisti e combattenti volontari, contadini beneficiati dalla ridistribuzione delle terre e giovani donne lavoratrici, che rivendicano il diritto all’autogoverno contro l’occupazione giapponese, lottando con uno spirito di comunità e una caparbietà travolgenti. E parla lo stesso Mao, che racconta a Snow le imprese dell’Armata rossa, le peripezie mitiche della «Lunga marcia», la rottura con i nazionalisti del Guomindang e i fraintendimenti con un lontanissimo Stalin, ma anche i drammatici problemi della società cinese, le letture, l’antica fascinazione per i pensatori occidentali, i dettagli della vita privata.
Calato nella quotidianità della rivoluzione, ammaliato dalla tempra morale dei suoi protagonisti, Snow riuscì a segnare il primo punto di contatto con una realtà antropologica, prima ancora che ideologica, rimasta fi no ad allora misteriosa. Riproposto dal Saggiatore con la preziosa curatela di Enrica Collotti Pischel, Stella rossa sulla Cina è una testimonianza insuperata della genesi della Cina di Mao, ai cui miti fondativi attinge ancora oggi il capitalismo di stato cinese; un classico della storia contemporanea, capace di illuminare l’essenza dei problemi in una prospettiva umana autentica, con una forza narrativa che ha sedotto intere generazioni.
Edgar Snow (1905-1972), giornalista statunitense, è vissuto in Cina per oltre tredici anni da inviato speciale. Durante la Seconda guerra mondiale, è stato corrispondente da Russia, Polonia, Germania, Inghilterra, Francia, Austria e India.
C’era una volta la rivoluzione di Mao Ecco il viaggio iniziatico di Edgar Snow
Corriere della Sera 5 mag 2016 Di Marco Del Corona
Ci sono viaggi dai quali si torna ma che non riportano a casa. Viaggi di sola andata, perché consegnano a una dimensione permanente, a un’esperienza dalla quale non è possibile uscire. Il viaggio di Edgar Snow nelle basi della guerriglia cinese e i suoi incontri con la leadership comunista appartengono a questo genere di avventura. Lo scrive lo stesso Snow al termine di Stella rossa sulla Cina, con uno struggimento che non si ritrova neppure nei passaggi più drammatici del suo resoconto: «… Guadai il fiume, agitai la mano in segno di saluto e cavalcai via con la mia piccola carovana. Forse ero l’ultimo straniero che li vedeva vivi, pensai». E di seguito: «Non mi sentivo come uno che torna a casa, ma come uno che se ne sta allontanando».
Testimone e comprimario, dunque: Snow non solo fu il primo giornalista occidentale a penetrare nei territori off limits della rivoluzione. Consegnò al mondo un testo che segnò il primo punto di contatto con una realtà, umana prima ancora che ideologica, fino ad allora sfuggente, circonfusa di mistero. E quel testo rimase a lungo una sorta di pietra di paragone per fare i conti con la genesi della Cina di Mao Zedong, oltre che uno strumento per leggere l’affermarsi di un modello comunista che sin dagli inizi mostrava tratti distanti da quelli dell’Unione Sovietica. Snow, corrispondente statunitense di base a Pechino, era penetrato nelle aree controllate — parole sue — dalla «banda di tisici» di Mao, rimanendovi per mesi tra il 1936 e il ’37. Concluse la stesura del libro il 20 luglio ’37; e quasi trent’anni dopo — lo dimostra l’appassionata introduzione di Enrica Collotti Pischel all’edizione italiana — si attingeva alle sue pagine con una devozione che, oggi, pare andare al di là del rispetto dovuto a un documento rilevante.
Lo sforzo di obiettività di Snow appare offuscato dall’evidente simpatia per patrioti reduci da una — ancora parole sue — «donchisciottesca spedizione». La sua ammirazione per la Lunga marcia, con cui dall’ottobre 1934 all’ottobre 1935 i comunisti sfuggirono alla «campagna d’annientamento» dei nazionalisti di Chiang Kai-shek, diventa tutt’uno con uno dei miti fondanti della Repubblica popolare. Snow si offre come tramite fra quell’epopea e il suo mondo, l’Occidente. E le sue parole, a prescindere dalle successive conquiste storiografiche e interpretative, al netto delle critiche anche durissime al suo essere «di parte», continuano a significare qualcosa: per noi e in Cina.
Oltre al valore documentario, Stella rossa sulla Cina fa scattare altri e più profondi meccanismi. Antecedente di tanti reportage dalle guerre dell’Asia novecentesca, l’avventura di Snow è un viaggio iniziatico. Un’odissea umana e letteraria, a ben vedere, affine a certe favole. Il canovaccio appartiene alla famiglia del Flauto magico mozartiano o del Signore degli anelli, oltre che, naturalmente, di tante narrazioni della tradizione cinese: il protagonista deve affrontare un viaggio pericoloso in terre sconosciute, confidare in pochi amici, fare assegnamento su se stesso, portare a casa la pelle e qualcosa di prezioso. Andrà così, in effetti. Snow lascia Pechino e la sua casa tradizionale dove, Un’odissea affine a certe favole. E il destino del leader ricalca quello del suo popolo
nella corte, ha fatto allestire un campo da tennis; dopo tante peripezie se ne uscirà con un racconto straordinario e con informazioni che nessuno aveva raccolto prima di lui. Significativo, tra l’altro, che il titolo cinese di Stella rossa sulla Cina, cioè «Note a caso di un viaggio a Occidente», evochi il Viaggio a Occidente, romanzo di epoca Ming, un classico della tradizione cinese: in quel caso l’aventura verso ovest è intrapresa per cercare dei testi sacri, proprio come Snow insegue il verbo di Mao… C’era una volta la rivoluzione, dunque.
La componente iniziatica si stempera nel distacco e nello humour che Snow mostra a più riprese. Il giornalista esprime sorridendo certi suoi timori («Non sapendo esattamente cosa significasse “comunismo” per quegli uomini, ero preparato a vedere i miei effetti personali prontamente “ridistribuiti”») o racconta divertito una sua esibizione canora («Furono molto gentili. Non mi chiesero il bis»).
E si può tracciare un parallelo tra lo sguardo di Snow sul movimento comunista e il Mao restituito nelle sue pagine. La vita del leader è, a sua volta, una lunga marcia. Il precoce risveglio patriottico e ideologico di Mao rispecchia quello del suo popolo. Prendendo in prestito categorie della biologia e capovolgendole, si potrebbe dire che la filogenesi ricapitola l’ontogenesi: il destino di un popolo ricalca quello del suo leader.
Alle sorgenti del comunismo
L'eredità del Grande Timoniere . Quarant’anni fa moriva Mao. Come raccontare oggi il paese di allora? Il Saggiatore ripropone Edgar Snow e il suo «Stella Rossa sulla Cina» per rintracciare la storia in presa diretta
Simone Pieranni Manifesto 9.9.2016, 23:59
Il 9 settembre 1976 moriva Mao Zedong. Oggi in Cina la data di morte del Grande Timoniere, così come quella di nascita, il 23 dicembre 1893, passa in sordina o viene per lo più celebrata in quei luoghi ancora agganciati alla sua eredità per questioni puramente nostalgiche (poche ormai) o turistiche (sempre di più). È il caso, ad esempio, di Yan’an divenuta nel tempo una sorta di «Disneyland rossa» o di Shaoshan, il luogo di nascita.
Questo ricordo ondivago di Mao da parte della Cina contemporanea riflette una discussione storica per la letteratura che affronta il Celeste Impero; in molte pubblicazioni che provano a fare luce sul gigante asiatico si presenta spesso la seguente domanda: quanto è rimasto dell’esperienza politica comunista, con Mao a capo, in questa «nuovissima Cina»? Quanto c’è ancora oggi di quel paese protagonista della rivoluzione? E quanto rimane dell’origine antica di alcuni fardelli sociali con cui dovette confrontarsi anche il «contadino» Mao? Le risposte a queste domande riservano il consueto senso di vertigine che si ha nel momento in cui si affrontano questi passaggi nella storiografia cinese. Mao è presente e completamente assente nella Cina di oggi, allo stesso modo. Resistono alcune caratteristiche, interne, sociali, politiche e internazionali, «segnate» dal passaggio del grande leader della rivoluzione, così come tutto è cambiato.
Cospiratori in caverna
La Cina è completamente diversa da allora e nel corso di questi quarant’anni dalla sua morte il feticcio di Mao è stato saccheggiato e svuotato, mentre il mondo circostante è diventato completamente diverso. E uno dei testi con i quali ancora oggi si fanno i conti è il capolavoro di Edgar Snow, Stella Rossa sulla Cina (euro 29) che nel 2016 il Saggiatore ha deciso di ristampare, con l’introduzione della prima edizione del 1965 di Enrica Collotti Pischel e arricchita da una prefazione di Marco Del Corona, già corrispondente del Corriere della Sera a Pechino e grande conoscitore del paese e della storia della Cina.
Il testo di Edgar Snow ha due grandi pregi: è un documento storico incredibile, perché Snow ha potuto vedere da vicino quanto nessuno in quel momento poteva vedere, ovvero l’organizzazione e l’afflato rivoluzionario e nazionalista di Mao e compagni. Una vicinanza non solo fisica che segna nettamente il libro, come ben si sa. La voce di Snow, la sua condivisione dei tempi, delle condizioni di vita e delle parole dei comunisti, rimane un dato emozionante che emerge anche in alcuni passaggi della lettura, come quello relativo all’infanzia e alla «formazione» di Mao, quando Snow scrive che «per molte notti nella caverna di Mao davanti alla tavola coperta dal tappeto rosso, scrissi alla luce delle candele tremolanti, sino a crollare per la stanchezza; sembravamo proprio dei cospiratori».
In secondo luogo, Snow ha partorito un testo di giornalismo narrativo che rappresenta ancora oggi un utilissimo esempio di scrittura reportistica di grande impatto stilistico oltre che di documentazione storica. In alcune passaggi, come ad esempio nel capitolo dedicato alle parti più «private» di Mao, Snow lascia la parola direttamente al protagonista, suggellando un ritmo narrativo a una vicenda la cui rilevanza storica ha finito per schiacciare l’importanza «editoriale» del volume.
Da un punto di vista storico, infatti, il libro restituisce completamente l’idea della complessità del processo messo in atto da Mao e dal partito comunista cinese, rendendo chiare le caratteristiche salienti e «proprie» della rivoluzione comunista. Compresi i miti e lo sciacallaggio che già all’epoca si faceva su Mao (dalle dicerie sul suo carattere, a immaginarie malattie, fino a dati più marginali e di colore, come la presunta perfetta conoscenza del francese, un rumor assurdo per un leader che all’epoca sostanzialmente non era mai uscito dalla Cina, e che, anche in seguito, andrà solo una volta fuori dai confini cinesi per un viaggio in Russia).
Tra campagna e città
Stella Rossa sulla Cina rappresenta ancora oggi uno snodo capace di rappresentare quale sarebbe potuto essere il destino della Cina senza la vittoria dei comunisti. Marco Del Corona nella sua prefazione coglie alcuni punti essenziali dell’opera di Snow. Innanzitutto, la sua strategia nel raccontare quell’ampio materiale raccolto durante la permanenza nelle «caverne» dove i comunisti hanno vissuto il biennio del 1936 e 1937; quello di Snow è un racconto in presa diretta, tra i membri della «banda di tisici» di Mao, come li chiama il giornalista americano.
Ci sono fonti, materiale storico, discussioni, interviste. Snow decide di presentare tutto questo al lettore con uno stile non dissimile da quello delle opere epiche e mitologiche. Non a caso Del Corona cita Il signore degli Anelli e il Flauto Magico e quella parte di letteratura cinese capace di muoversi tra «storia sociale» e la favola ribelle, che esalta proprio il concetto di «ricerca» e «iniziazione». Il giornalista del Corriere ricorda infatti il titolo in cinese del libro: Note a caso di un viaggio in Occidente, molto evocativo rispetto a Viaggio in Occidente, un classico della letteratura cinese.
Tornando alla rilevanza storica dell’opera e alla sua attualità: Snow a un certo punto scrive che «solo per la terra qualsiasi contadino in Cina sarebbe pronto a lottare sino alla morte». Per lui questa è la base della rivoluzione comunista, l’attacco alle città da parte dei contadini, così fomentato da Mao. Ma questa frase di Snow racconta molto anche della Cina di oggi: un paese che è diventato ormai urbano e che vede nella questione della terra uno dei meccanismi capaci di agitare lo spettro di uno scontro di classe e sociale. Il recente censimento in Cina ha suggellato la verità storica attuale: la Cina è un paese urbano.
L’urbanizzazione è proceduta prima a tappe forzate, con le grandi città, poi a tappe intermedie.
Il risultato è stato un’urbanizzazione letale che ha lasciato in campagna solo anziani (vittime di alti tassi di suicidio per solitudine e cattive condizioni economiche) e i cosiddetti «left behind», bambini abbandonati alle cure dei vecchi da parte dei genitori andati in città a cercare lavoro. E ha creato, anzi ha spezzato il sogno di Mao, creando due classi sociali molto ben definite: i cittadini con tutti i diritti, i migranti senza alcun diritto.
Analogamente il partito comunista per portare a compimento l’urbanizzazione ha dovuto affrontare l’amore e l’attaccamento alla terra dell’anima contadina dei cinesi. Degli oltre 180mila incidenti di massa che avvengono ogni anno, molti sono ancora oggi relativi a dinamiche legate all’espropriazione delle terre. Contraddizioni e scontri che neanche Mao fu in grado di redimere completamente.
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