Il centrosinistra italiano sta per riprodursi in Spagna. E' per questo
che Iglesias e Podemos piacciono tanto, in quell'arco di debolezze che
da Brioscino e Vendola arriva fino al nulla passando per Fassina [SGA].
Pablo Iglesias. “Noi di Podemos insieme ai socialisti per la nuova Spagna”
“Senza il Psoe non ce la faremo. Lavoriamo già insieme nelle città. Dopo il voto del 26 i nostri rapporti miglioreranno”intervista Rubén Amón Repubblica 14.6.16
MADRID.Iglsias,
il Segretario generale di Podemos, sembra quello di un impiegato in
un’agenzia amministrativa. Non è chiaro se ne abbia appena preso
possesso o se sia appena arrivato; è un po’ come se la provvisorietà
fosse l’allegoria della sua stessa situazione politica. Un leader in una
situazione mutevole e un partito dall’ideologia trasformista che
aspirano a La Moncloa (il palazzo sede della presidenza del Governo
ndr.), e che, finora, sembrano essersi garantiti l’egemonia della
sinistra. C’è un poster di Che Guevara, un quadro della Khaleesi (il
personaggio di Game of Thrones) e una biografia di Simón Bolívar, ma ce
ne è anche una di re Juan Carlos e una rivista che dedica la copertina a
Felipe González.
Quanto pesa il carisma di Pablo Iglesias in Podemos?
«Sempre
meno. Siamo un’organizzazione nata con una zavorra, e cioè il fatto di
dipendere troppo da quanto fosse noto il suo candidato. Ora abbiamo una
leadership corale e molti candidati con toni e stili diversi».
Può esistere Podemos senza Pablo Iglesias?
«Assolutamente sì. E che si possa prescindere da me è la migliore notizia per Podemos».
Pensa di ritirarsi quando il partito sarà lanciato?
«Sì.
Per due motivi. Perché la politica è temporanea e perché uno deve
essere sempre a disposizione dell’organizzazione. Voglio diventare
presidente del Governo, e questo implica una disponibilità di 4 o 8
anni, ma è un fatto rivedibile».
Smentisce, quindi, il paradosso secondo il quale Iglesias potrebbe distruggere il partito fondato da Iglesias?
«Lei
sta parlando dell’alleanza con i socialisti: ma in politica è
fondamentale capire i rapporti di forza. Senza il Partito socialista non
ce la faremo. Stiamo già governando le principali città spagnole grazie
a loro».
Al momento sembra che Psoe e Podemos abbiano rotto i ponti.
«Bisogna
pensare al futuro. Ci sono state parole pesanti. Anche da parte mia.
Capisco il tono aspro di Pedro Sánchez in questa campagna, ma penso che
dopo il 26 giugno si debbano abbassare i toni. Dobbiamo parlare della
Spagna».
Da dove comincerebbe la sua autocritica?
«A volte
ho usato un tono troppo duro. Certe cose basta suggerirle una volta, non
c’è bisogno di ripeterle. E credo che a volte la dinamica
dell’aggressività parlamentare mi abbia attirato come una calamita.
Essere in politica è anche maturare, rendere più forti le proprie
spalle. Bisogna fare come Muhammad Ali sul ring: muoversi come una
farfalla e pungere come un’ape».
Le hanno consigliato di cambiare
look, le hanno raccomandato la cravatta... È disposto a un aspetto più
formale o le sembra una frivolezza?
«Portavo sempre la cravatta.
Era abituale che la indossassi nei programmi in televisione, come
dimostrano le prime parodie che mi hanno dedicato. Ammetto che mi
diverte l’aspettativa suscitata da ogni cosa che faccio. Il più piccolo
dei gesti viene interpretato come un’operazione attentamente calcolata».
Qual è stata la cosa peggiore dell’esperienza politica?
«Perdere
tempo per fare cose che mi piacciono. Prima leggevo molto di più. Avevo
il privilegio di bere una birra nell’anonimato. Ma quello della
politica è anche un viaggio incredibile».
Le voglio citare Umberto Eco.
“Appellarsi
al popolo significa costruire una finzione: siccome il popolo in quanto
tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale
della volontà popolare”.
«È intelligente, come tutto quello che
diceva Eco, ma è una negazione dei fondamenti politici della democrazia.
La sovranità si fonda sulla volontà del popolo. Sicuramente a livello
accademico e intellettuale è molto interessante. Ma chi non si appella
al popolo? ». Si parla di una sua affinità con Papa Francesco. Non ci
sono stati dei cambiamenti reali in Vaticano, al di là della forma o
della superficie. Podemos corre lo stesso pericolo? «Quello che il Papa
dice e fa, produce realtà. E lo stesso vale in politica. Podemos ha già
contribuito a realizzare dei cambiamenti in Spagna. E questo, senza
essere arrivati al governo. Quando ci arriveremo...».
(© El País/ LENA, Leading European Newspaper Alliance Traduzione di Luis E. Moriones)
Spagna, nel duello tv fra i leader è scontro fra socialisti e Podemos
di Francesco Olivo La Stampa 15.6.16
Due
ore e mezza in tv per chiarire la situazione, eppure oggi è tutto più
complicato. Lunedì notte la Spagna si è fermata per il dibattito a
quattro, l’unico di questa strana campagna elettorale. Da un punto di
vista televisivo il successo è stato enorme 57% di share, battuta anche
la nazionale di calcio al debutto. Ma da quello politico, l’incertezza
aumenta invece di diminuire. Fra undici giorni si torna alle urne, dopo
che per sei mesi i partiti non sono riusciti a mettersi d’accordo. I
veti reciproci cadranno, si pensava, ma tutto pare immutato: i
socialisti non vogliono nemmeno parlare con il Partito Popolare; Podemos
e Ciudadanos, i due nuovi movimenti, si dichiarano mutuamente
incompatibili, mentre Rajoy, l’attuale premier per mancanza di
successore, non concepisce un Paese governato da qualcuno che non sia
lui.
Il dibattito, già di per sé, presentava una novità: la
presenza di Mariano Rajoy, che per due volte nella scorsa campagna
elettorale si era rifiutato di sfidare i tre avversari, tutti molto più
giovani e assai più disinvolti di lui in televisione, Pedro Sanchez
(Psoe), Albert Rivera (Ciudadanos) e Pablo Iglesias (Podemos). Stavolta
il vecchio Mariano non si è potuto sottrarre e tutto sommato è uscito
vivo dall’arena. Il premier è stato l’obiettivo dei tre ragazzi della
nuova politica, ma ha mostrato stile presidenziale, vacillando soltanto
quando Albert Rivera, quello teoricamente meno distante da lui, ha
colpito duro sul punto debole del premier: la corruzione che dilaga nel
suo partito.
Ma l’altro duello, durissimo, è stato quello a
sinistra, socialisti contro Podemos. Il contesto oggi è cambiato: gli ex
indignados nei sondaggi sono dati al secondo posto, davanti al Psoe. Un
fatto storico, mai gli eredi di Felipe Gonzalez sono stati superati a
sinistra, dovuto all’alleanza tra il partito di Iglesias con i
neocomunisti di Izquierda Unida. Pedro Sanchez, leader socialista, ha il
dente avvelenato con Iglesias, reo di aver votato a marzo scorso contro
un governo basato sull’accordo tra socialisti e Ciudadanos. Così,
Sanchez ora non si fida di quella mano tesa, esibita platealmente dal
professore con il codino. E in diretta tv le scintille sono state
continue.
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