lunedì 6 giugno 2016

Nuova Guerra Fredda: Obama ha atomiche in mezzo mondo ma noi dovremmo temere per Cina e Corea...




Come affrontare la doppia minaccia di Cina e Corea 

L’Asia dagli Anni 70 è uno dei continenti più tranquilli del mondo, eppure è allo stesso tempo il posto più pericoloso del pianeta. 

Bill Emmott Busiarda 5 6 2016
Contiene un regime isolato e brutale in possesso di armi nucleari, vale a dire la Corea del Nord, e una nuova superpotenza che crede di avere il diritto di possedere i mari che circondano le sue coste, sto parlando della Cina, a prescindere dalle rivendicazioni degli altri Paesi che vi si affacciano. La minaccia è reale. Ma oltre i problemi c’è un’altra domanda ancora più fondamentale: in base a quali regole dovrebbero essere governati la regione, e il mondo?
Come ogni anno degli ultimi 15, il forum più importante per discutere di queste preoccupazioni si è tenuto a Singapore, è il «Shangri-La Dialogue» (dal nome dell’hotel in cui si svolge) ed è organizzato da un think-tank londinese, l’Istituto Internazionale di Studi strategici. Quest’anno l’incontro si è aperto il 4 giugno con un intervento del segretario americano della Difesa Ashton Carter, durante il quale ha usato 37 volte l’espressione «di principio».
Non è stato un caso, come ha sottolineato l’analista francese in tema di sicurezza che ne ha tenuto il conto, François Heisbourg. Quello che l’America sta cercando di fare in Asia è di presentarsi come il nobile difensore del diritto internazionale e dei principi di buon vicinato cercando di stabilire, ha detto il segretario Carter, una «rete di sicurezza di principio» aperta a chiunque voglia aderire – in riferimento ovviamente alla Cina -, purché ne rispetti i principi.
Ma non può farlo, o per lo meno non lo farà, ha borbottato ogni ministro della Difesa presente, dai Paesi del Sud-Est asiatico al Giappone. Da due anni nel Mar Cinese del Sud, la Cina sta costruendo isole artificiali sopra scogliere sommerse per piazzarvi piste d’atterraggio e altre strutture militari. Quelle nuove isole hanno trasformato le antiche rivendicazioni teoriche della Cina per la sovranità su tutto il Mar Cinese Meridionale in una realtà, con grande costernazione in particolare delle Filippine, del Vietnam e della Malesia, i suoi principali rivali.
Due anni fa al Shangri-La Dialogue un generale cinese aveva cercato di giustificare questa pretesa facendo riferimento a una dinastia imperiale di 2000 anni fa, un po’ come se l’Italia rivendicasse gran parte del Mediterraneo sulla base dell’impero romano. I partecipanti non credevano alle proprie orecchie. Eppure era mortalmente serio. Probabilmente non in senso letterale in termini giuridici, ma piuttosto nei termini dell’autopercezione che la Cina ha di sé come superpotenza: 2000 anni fa era lo Stato più forte dell’epoca e controllava il Mar Cinese Meridionale e così sente che dovrebbe farlo di nuovo ora.
Da qui il ricorso americano ai «principi» e allo stato di diritto. Durante le prossime settimane la Corte permanente di arbitrato dell’Aia dovrà dirimere una controversia per un caso sollevato dalle Filippine contro la Cina che, sostengono, ha violato il loro territorio sovrano. Quella sentenza, ha detto il segretario Carter, rappresenterà «un’opportunità» per tutti i Paesi di sedersi insieme e risolvere i loro dissidi in base al diritto internazionale. Tranne che non sarà affatto così, perché la Cina non riconosce la competenza del tribunale dell’Aia nel merito della questione.
I dettagli di queste dispute marittime sono tecnici. Ma le accompagnano un pericolo immediato e un problema molto più fondamentale. Il pericolo immediato - dato che, da ogni parte, un sempre maggior numero di navi e aerei militari transita attraverso le acque contese, per cercare di dimostrare il proprio diritto - è una collisione accidentale o, anche, un conflitto. La questione fondamentale, però, verte sul se le superpotenze dovrebbero davvero rispettare le regole.
La Cina è, per molti aspetti, un grande difensore della legge internazionale e dell’uso di organizzazioni multilaterali per disinnescare le tensioni - tranne quando tale legge entra in conflitto con i propri interessi. La Cina ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), che ironicamente è la base di molte delle rivendicazioni territoriali fatte contro di essa da altri Paesi asiatici. Semplicemente la Cina decide di ignorare l’Unclos quando le serve.
La difficoltà per la nuova presa di posizione «di principio» dell’America in Asia è che questo è esattamente il modo in cui anche gli Stati Uniti operano. Gli Stati Uniti non hanno ratificato l’Unclos. E per decenni hanno trattato il diritto internazionale come qualcosa che si applica agli altri Paesi. Quello che stiamo vedendo in Asia è che la Cina aspira a comportarsi nello stesso modo. La Cina vuole essere come l’America, sotto questo e altri aspetti.
Probabilmente è una fortuna che la Corea del Nord rappresenti un grosso problema di sicurezza per la regione tanto per la Cina come per gli Stati Uniti. Possono non essere d’accordo su tutto, ma è chiaro ad entrambi che avrebbero preferito che la Corea del Nord non avesse armi nucleari. Questo è almeno un principio che possono condividere. E la necessità di cooperare nel trattare con la Corea del Nord ha fornito, per quanto strano possa sembrare, l’unica ragione di ottimismo al Shangri-La Dialogue di quest’anno. Non che qualcuno sappia quale potrebbe essere la soluzione. Ma sono d’accordo sul problema. Traduzione di Carla Reschia BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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