sabato 29 ottobre 2016

Guardare Il Trono di spade e credere di aver letto Joyce e forse anche Schmitt: il mito midcult delle "serie tv" americane

Federico di Chio: American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie tv, Carocci, Roma, euro 15

Risvolto
Come “sono fatte” e come “funzionano” le storie dei film e delle serie americane? Quali strutture narrative le sorreggono e come si sono evolute negli anni? Quali sono i temi, i valori e i profili di eroismo che le caratterizzano? Il volume intende rispondere a queste domande, indagando le forme del racconto hollywoodiano, dalle origini ad oggi, sullo sfondo del continuo e fitto dialogo fra produzione e consumo, industria culturale e società. Un’analisi originale della macchina mitopoietica di Hollywood che da sempre, mentre racconta una storia, e nel modo più avvincente, sa anche attivare delle operazioni simboliche profonde, capaci di interloquire con la parte più intima della collettività

Ma Orio e Guido sono parenti? [SGA]


In America in ruggito dell’iperbole 

Orio Caldiron Manifesto 29.10.2016, 23:45 
L’idea di leggere un libro a partire dalla fine può sembrare sbagliata. Ma questa volta funziona. Se vogliamo capire da dove viene la «grandezza» dell’eroe contemporaneo, pur così complesso e discutibile, è illuminante la pagina di «Americana» di Elio Vittorini: «I Padri Pellegrini abbatterono alberi, costruirono fortilizi di legno, coltivarono la terra, riassaporarono il gusto perduto della grande caccia. Solo astratti furori li agitavano, l’idea della grazia, l’idea del peccato, i pregiudizi feroci del dualismo calvinista. Trovarono in America la necessaria ferocia per praticare qui pregiudizi feroci; essere, in qualche modo vivi. Qui c’è, continuo, il ruggito dell’iperbole. È una voce che ruggisce. E sarà questo pur sempre, una voce ruggente che indicherà gli sviluppi interiori dell’uomo in America».
Frank Capra, Il nome sopra il titolo. La vita meravigliosa di un maestro del cinema, trad. it. Alberto Rollo, minimum fax, Roma, euro 23.
Frank Capra non è un mito di ieri ormai dimenticato, almeno a giudicare dalla ventina di suoi titoli che si trovano in dvd. Fondamentale per scoprire i segreti del suo successo, l’autobiografia comincia con il suo arrivo nello studio di Mack Sennett a Edendale, dove si trova di fronte un caos di baracche, uffici, laboratori, teatri ammassati disordinatamente sul fianco della collina di Santa Monica. Ma se la costruzione è fatiscente, la disciplina è ferrea. Nel confronto quotidiano con le regole, nella trasmissione di esperienze e tecniche, nel tirocinio artigianale incentrato sull’individualità creativa si avvia l’immersione nella ordinata follia del cinema del regista. Le sue grandi commedie, da «È arrivata la felicità» a «La vita è meravigliosa», devono tutte qualcosa a quella lontana esperienza.
Santos Zunzunegui, Lo sguardo plurale, a cura di Maria Cristina Addis, Bulzoni, Roma, euro 20. Schiacciato tra l’utopia populista di Capra e il cinema-cinema di Hawks, Gregory LaCava è uno dei maestri misconosciuti della Sofisticata americana, a cui nella sua prima raccolta italiana Santos Zunzunegui dedica un saggio bellissimo e raffinato. Sospese tre «screwball» e «romance», le sue commedie – da «L’impareggiabile Godfrey» a «La ragazza della 5a Strada» – confermano che il minimalismo del regista si muove con strepitosa abilità all’interno dei codici produttivi degli Studios alla ricerca del proprio stile, non perché lo stile è l’uomo ma perché lo stile è il film. Sarà vero o no, ma secondo il critico di Bilbao «L’impareggiabile Godfrey» è un divertente precursore di «Teorema» di Pasolini. Naturalmente in chiave screwball.

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