martedì 31 gennaio 2017
Mimmo Franzinelli sui tribunali speciali fascisti. Il parere del Nostro Toynbee
Mimmo Franzinelli: Il tribunale del Duce. La giustizia fascista e le sue vittime (1927-1945), Mondadori
Risvolto
Novant'anni fa, il 1° febbraio 1927, s'insediava a Roma, nell'Aula IV
del Palazzo di Giustizia, il Tribunale speciale per la difesa dello
Stato, un organo composto da magistrati e giudici in camicia nera
reclutati tra gli squadristi. Mussolini, dopo il discorso del 3 gennaio
1925 e l'introduzione delle «leggi fascistissime» - che avevano
soppresso la libertà di stampa, di associazione e il diritto allo
sciopero -, mostrava il suo vero volto, quello di un dittatore disposto
ormai a tutto. Per i nemici del regime, ma anche per i semplici
cittadini che osavano criticarlo, non c'era più spazio per il dissenso.
Anzi, non c'era più spazio per la libertà. Agli imputati, condotti di
fronte alla corte e rinchiusi in un gabbione, non rimaneva che attendere
il verdetto: d'altra parte, come potevano difendersi se l'istruttoria
era segreta? Fino al luglio 1943 la magistratura, sottoposta agli ordini
del duce, processerà migliaia di oppositori politici (tra loro, Antonio
Gramsci, Umberto Terracini, Altiero Spinelli, Sandro Pertini, solo per
citarne alcuni) e persone comuni, accusate di spionaggio, contrabbando
valutario, mercato nero... Le condanne a morte, mediante fucilazione
alla schiena, saranno un'ottantina. Eppure, la storia del Tribunale
speciale dello Stato è rimasta sostanzialmente sconosciuta. Poco
studiata. Persino l'imponente biografia mussoliniana di Renzo De Felice,
punto di riferimento irrinunciabile per chiunque si occupi del
Ventennio, gli dedica meno di due pagine. Il libro di Mimmo Franzinelli,
basato su fonti d'archivio sinora inesplorate, riempie questo «vuoto», e
lo fa documentando attività e funzioni del Tribunale, svelando
l'intreccio tra persecutori e perseguitati, raccontando i segreti, assai
poco commendevoli, della magistratura di regime: gli scandali su cui fu
imposto il silenzio, le ruberie dei giudici, la corruzione degli
avvocati, le sentenze palesemente truccate, la terribile situazione in
cui vennero a trovarsi le donne, vittime di una giustizia ferocemente
maschilista (il solo essere figlia, sorella o moglie di un sovversivo
comportava l'arresto, senza riscontri oggettivi di reato). Ma
Franzinelli dedica pagine efficaci, ricche di dettagli e informazioni,
anche ad altri aspetti, non meno inquietanti, dell'intera vicenda, come
il potenziamento del Tribunale speciale durante la seconda guerra
mondiale e, soprattutto, il colpo di spugna che dopo il 1945 «perdonerà»
quasi tutti i responsabili. In nome della continuità dello Stato, si
doveva archiviare (e dimenticare) un passato troppo scomodo.
Il saggio di Mimmo Franzinelli (in uscita per Mondadori) è dedicato a uno degli strumenti repressivi adottati dal regime di Mussolini per colpire gli oppositori politici
di PAOLO MIELI Corriere 30 1 2017
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