mercoledì 11 gennaio 2017
Post-operaismi, invenzione dell'Italian Theory e conflitti tra moltitudini cognitarie negriere e foucaultiani
Pietro Maltese e Danilo Mariscalco: Vita, politica, rappresentazione. A partire dall’Italian Theory, ombre corte, pp. 208, euro 18
Risvolto
Quando si parla di Italian Theory ci si riferisce a un canone, a un
paradigma, a un contro-canone, a uno stile di pensiero? È legittimo
l'accostamento di autori tanto diversi e, talora, in polemica
opposizione? Ha un fondamento il sospetto secondo cui l'Italian Theory
non sarebbe altro che l'ennesimo (e prevedibilmente effimero) trend
filosofico condannato al medesimo destino di altre tendenze un tempo
altrettanto à la page? Oppure la riapertura del dossier sul pensiero
radicale italiano è operazione che consente feconde letture del
presente?
I saggi qui raccolti muovono da tali interrogativi e tentano di
esplorare le istanze poste dalla differenza italiana sul piano specifico
della (bio)politica e delle corrispondenti forme di rappresentazione,
proponendo un rinnovato confronto fra le armi della critica e la crisi, a
un tempo determinante e determinata, dei modelli.
Il problema resta quello, annoso e antico, del rapporto fra teoria e
pratica. Se il pensiero italiano contemporaneo è estroflesso e
conflittuale, allora non dovrebbe esso, se non guidare e orientare,
quanto meno intrattenere una stretta relazione con il campo della prassi
politica?
Contributi di Sandro Chignola, Roberta Coglitore, Michele Cometa,
Roberto De Gaetano, Roberto Esposito, Michele Filippini, Dario Gentili,
Pietro Maltese, Danilo Mariscalco, Mauro Pala, Ingo Pohn-Lauggas
Pietro Maltese è ricercatore in Pedagogia Generale e Sociale presso
l'Università degli Studi di Palermo. Si è occupato, tra l'altro, di
Antonio Gramsci e del rapporto tra formazione e lavoro nella
contemporaneità postfordista. Tra le sue pubblicazioni: Letture
pedagogiche di Antonio Gramsci (2010), Generazioni precarie. Formazione e
lavoro nella realtà dei call center (2011), L'università postfordista.
Nuovi modi di produzione e trasmissione della conoscenza (2014).
Danilo Mariscalco è dottore di ricerca in Studi Culturali e docente a
contratto di Analisi dell'Espressione e Critica del Testo presso
l'Università degli Studi di Palermo. È membro del comitato scientifico
della rivista "Forma. Revista d'Estudis Comparatius. Art, Literatura,
Pensament". Autore di diversi saggi e curatele sui movimenti antagonisti
e la cultura visuale, per i nostri tipi ha pubblicato Dai laboratori
alle masse. Pratiche artistiche e comunicazione nel movimento del '77
(2014).
L’anomalia italiana che si nutre di differenze
Saggi. Convezioni accademiche. Un volume collettivo sulla Italian Theory
Nicolas Martino Manifesto 27.12.2016, 17:43
All’inizio furono due antologie a proporre il pensiero radicale italiano al pubblico di lingua inglese . Un numero della rivista Semiotext(e) intitolato «Autonomia» (1980), curato da Lotringer e Marazzi, e poi «Radical Thought in Italy» (1996) a cura di Michael Hardt e Paolo Virno. Da quel momento è cresciuto progressivamente l’interesse per la produzione filosofica italiana, soprattutto quella di derivazione operaista e post-operaista, e si è iniziata a diffondere l’idea di una cosiddetta Italian Theory.
Ora una nuova pubblicazione a cura di Pietro Maltese e Danilo Mariscalco, Vita, politica, rappresentazione. A partire dall’Italian Theory (ombre corte, pp. 208, euro 18), raccoglie i materiali di un convegno e prova a fare il punto su un dibattito che in Italia ha preso l’abbrivio grazie a «Pensiero vivente» (2010) di Roberto Esposito, e «Italian Theory» (2012) di Dario Gentili, preceduti da un velenoso affondo di Toni Negri, «La differenza italiana» (2005). Ricostruita con precisione dai curatori, la questione ruota intorno all’ipotesi fondamentale che regge l’idea di una «via italiana» alla filosofia, quella di un pensiero sradicato e cosmopolita, estraneo al paradigma sovranista e neutralizzante che ha caratterizzato la modernità, strutturalmente biopolitico, antifondativo e in presa diretta con le vicende storiche e politiche.
Quindi un pensiero costitutivamente conflittuale e sintonizzato sul ritmo dell’immanenza, e che proprio per queste sue caratteristiche risulterebbe particolarmente a suo agio in un mondo globalizzato e post-statuale.
Certo questa ipotesi è suggestiva, e se può sembrare ingeneroso ridurre l’Italian Theory a un’operazione di marketing culturale, occorre però aggiungere una glossa. Il fatto è che lo stesso dispositivo dell’Italian Theory è conflittuale, ovvero attraversato al suo interno da spaccature e differenze, tensioni che ne eccedono i confini, e che occorre percorrere fino in fondo, perché insistere sulle differenze serve a decidere da che parte stare. E in questa direzione vanno alcuni dei saggi contenuti in questa raccolta, senz’altro quello di Mariscalco che attraversa il «divenire culturale» del general intellect dal ’77 in poi, per riscoprirne ancora oggi tutta la potenza trasformativa, e quello di Maltese che, ripercorrendo le letture su un Gramsci foucaultiano, inserisce produttivamente il comunista sardo nel paradigma biopolitico. Insomma, dentro e contro l’Italian Theory, si tratta, ancora una volta e come sempre, di prendere partito
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