domenica 19 febbraio 2017
Winston Churchill credeva negli extraterrestri
ELENA DUSI Rep 16 2 2017
La guerra sarebbe scoppiata a momenti. Ma la mente di Winston Churchill era concentrata ben oltre le sorti del mondo. «Siamo soli nell’universo?» si chiedeva il futuro premier britannico nel 1939 in un articolo destinato a un quotidiano di Londra. Per decenni quelle undici pagine battute a macchina sono rimaste sepolte nell’Us National Churchill Museum di Fulton, negli Stati Uniti. «È stata una sorpresa enorme quando il direttore del museo me le ha messe tra le mani», racconta il fisico americano Mario Livio su Nature.
Allo scienziato e divulgatore Usa il responsabile del Churchill Museum Timothy Riley chiedeva soprattutto un parere scientifico. Quanto solide erano le conoscenze di astrofisica e biologia dello statista britannico? Che credenziali aveva per dire la sua in un campo che all’epoca viveva più di aneddoti e fantascienza che non di ricerche e osservazioni? Quella di Mario Livio per Churchill è una promozione con lode. «In un’epoca come quella odierna in cui i politici preferiscono scansare la scienza, è emozionante ritrovare un leader che vi si impegnava in profondità».
«Il Sole è semplicemente una stella come migliaia di milioni di altre stelle dell’universo. Perché non potrebbero esserci altri sistemi planetari attorno a esse?», spiega per esempio Churchill, anticipando le osservazioni che il satellite della Nasa Keplero avrebbe fatto settant’anni più tardi (oggi i cosiddetti esopianeti identificati nell’universo sono alcune migliaia). «Non sono così presuntuoso da credere che il mio Sole sia l’unico ad avere dei pianeti che gli orbitano attorno», prosegue Churchill. Alcuni di questi pianeti «potrebbero avere le giuste dimensioni per mantenere sulla superficie acqua allo stato liquido, e magari anche un’atmosfera». Tutto sta «che si trovino alla giusta distanza dalla loro stella madre, per mantenere una temperatura adeguata». Come sarà confermato più tardi, Marte e Venere sono i migliori candidati del Sistema Solare per cercare altre forme di vita, sosteneva Churchill. Che prevedeva: «Un giorno, forse in un futuro nemmeno troppo lontano, diventerà possibile viaggiare fino alla Luna, o magari fino a Venere e Marte». Ma viste le distanze fra noi e il resto dell’universo, è possibile che non arriveremo mai a sapere se altri pianeti «ospitano creature viventi, o addirittura piante».
Alla possibilità di vita extraterrestre lo statista britannico credeva con convinzione. E non solo perché influenzato dalla Guerra dei Mondi, andata in onda l’anno precedente. O perché non molti decenni prima, l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli aveva annunciato di aver osservato i famosi canali su Marte. La convinzione di Churchill aveva basi morali, oltre che scientifiche: basi amare, ma non c’è da stupirsi, visto lo spirito dei tempi. «Io, per mio conto, non sono poi così impressionato dai successi ottenuti qui dalla nostra civiltà da pensare che siamo l’unico punto di questo immenso universo a contenere creature viventi e pensanti. O che noi rappresentiamo il culmine dello sviluppo fisico e mentale nel vasto orizzonte del tempo e dello spazio».
Nel 2010, in un gruppo di documenti declassificati dal Ministero della Difesa britannico (i cosiddetti “Ufo files”), uscì anche il resoconto di un fisico dell’università di Leicester. Suo nonno era stato guardia del corpo di Churchill e in tempo di guerra gli capitò di ascoltare una conversazione con il generale Eisenhower. I due leader lessero con preoccupazione il rapporto di un pilota della Raf che, tornando da un bombardamento, riferì di essere stato affiancato da un disco volante, abilissimo nelle manovre ma dall’aspetto sostanzialmente pacifico. Memori delle reazioni di panico della Guerra dei Mondi, i due leader decisero di classificare quel rapporto come top secret per 50 anni. Gli alieni esisteranno pure, dovette aver pensato Churchill, ma è meglio che non si sappia troppo in giro.
l’inedito di churchill sull’abitabilità dell’universo
Amedeo Balbi Busiarda 18 2 2017
Prima o poi è capitato a tutti di chiederselo, magari guardando un cielo stellato, in una notte estiva: c’è nessun altro, oltre a noi, nell’universo? E però, per quanto possa essere diffusa questa domanda, può sembrare sorprendente che a porsela - e in modo piuttosto serio - sia stata anche una delle figure politiche più importanti del Ventesimo secolo: Winston Churchill. Nell’ultimo numero di «Nature», l’astronomo Mario Livio racconta di essersi ritrovato tra le mani le undici pagine dattiloscritte di un saggio dal titolo «Siamo soli nell’universo?», scritto da Churchill tra il 1939 e il 1950, mai pubblicato e solo recentemente riscoperto tra le carte dello statista conservate al National Churchill Museum degli Stati Uniti.
A colpire non è soltanto il fatto che Churchill fosse interessato all’argomento, ma che fosse anche in grado di ragionarci su in maniera estremamente informata e rigorosa, maneggiandone disinvoltamente gli aspetti scientifici. Per esempio, Churchill sottolinea come la vita che conosciamo abbia bisogno di acqua liquida e che, dunque, un pianeta non potrà orbitare né troppo vicino alla propria stella né troppo lontano, se deve essere adatto a ospitare organismi viventi. Insomma, dovrà trovarsi in quella zona a temperatura moderata che oggi gli astronomi chiamano «fascia di abitabilità», un concetto che all’epoca in cui scriveva Churchill non era ancora così diffuso. Churchill poi si addentra in considerazioni per nulla ingenue sulla capacità di un pianeta di possedere un’atmosfera, e prosegue riflettendo sul fatto che, dal momento che il Sole è semplicemente una stella come le altre, devono esistere innumerevoli altri pianeti oltre a quelli del sistema solare. Conclude, quindi, che sarebbe molto strano se il nostro pianeta fosse l’unico su cui è apparsa la vita. Da appena una ventina d’anni, le osservazioni degli astronomi hanno confermato che, in effetti, esistono altri pianeti in orbita intorno alle altre stelle: uno dei campi più attivi della ricerca attuale è proprio la scoperta di questi altri mondi, e la comprensione degli aspetti che potrebbero renderli adatti alla vita.
L’interesse di Churchill per la ricerca di vita nell’universo potrebbe sembrare solo una marginale concessione all’eccentricità. E invece illumina un aspetto rilevante del personaggio: la sua grande passione per la conoscenza scientifica e per le novità tecnologiche, che lo portava a consultarsi con i grandi studiosi e a tenersi costantemente aggiornato sulle ultime scoperte. Non solo per soddisfare una curiosità insaziabile, ma anche perché Churchill aveva capito che la scienza, oltre a chiarire il nostro posto nell’universo, è anche il mezzo attraverso cui una nazione avanzata può conservare il suo primato: «Solo guidando l’umanità alla scoperta dei nuovi mondi della scienza e dell’ingegneria manterremo la nostra posizione e continueremo a guadagnarci di che vivere», scrisse nel 1958. Anche da questo, si capisce di che pasta è fatto un grande statista.
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