sabato 4 marzo 2017
Come l'establishment della Sinistra Imperiale si impegna a provocare populismo
La difficile partita delle riforme da fare Corriere della Sera
Marine Le Pen perde immunità Ue per foto Isis su Twitter Il Sole 24 Ore
Via l’immunità a Marine Le Pen per un video dell’Isis su Twitter
La leader del Fn: è solo un’inchiesta politica
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Ora Marine Le Pen ha una ragione in più per attaccare Bruxelles. Ieri i suoi colleghi del Parlamento europeo hanno deciso a larga maggioranza - per alzata di mano - di toglierle l’immunità parlamentare. Un atto di sfida che forse potrebbe persino fare gioco alla leader del Front National, candidata alle presidenziali in Francia.
L’inchiesta della procura di Nanterre, sulla quale si sono espressi gli eurodeputati, non ha nulla a che vedere con le indagini sui finanziamenti elettorali o con quelle relative al presunto incarico fittizio assegnato a una sua collaboratrice. L’indagine a carico di Le Pen riguarda la diffusione di alcune immagini cruente su Twitter ed è considerata da molti come un’intrusione nella libertà d’espressione. Nel dicembre del 2015, Le Pen aveva postato tre fotografie raffiguranti altrettante esecuzioni da parte dell’Isis, accompagnate dalla scritta «Questo è Daesh!». Una reazione in risposta a un paragone tra l’Isis e il Fn fatto da un giornalista francese in tv. La diffusione di «immagini a carattere violento» può essere considerata, a certe condizioni, un reato per il codice penale francese: le pene prevedono fino a tre anni di reclusione e 75 mila euro di multa. Per questo la procura di Nanterre - dopo la denuncia pubblica da parte dell’attuale premier Bernard Cazeneuve, che all’epoca era ministro dell’Interno - aveva deciso di aprire un’inchiesta. «Mi accusano di diffamazione nei confronti dell’Isis?» aveva ironizzato Le Pen.
Ad aprile dello scorso anno la leader del Front era stata convocata dalla procura, ma si era rifiutata di partecipare, invocando l’immunità parlamentare. Il caso è stato quindi portato al Parlamento europeo a ottobre, ma solo tre giorni fa la commissione Affari Giuridici ha dato il via libera a togliere l’immunità, portando la questione in Aula, che ha seguito l’indicazione. Per Le Pen si tratta di «un’inchiesta politica» perché «quando denuncio l’Isis lo faccio nelle vesti di eurodeputato». Dunque - a suo dire - dovrebbe poter godere dell’immunità riservata agli eletti. A suo favore gioca la decisione presa due settimane fa dall’Assemblée Nationale, opposta rispetto a quella di Bruxelles. Anche il deputato del Fn Gilbert Collard aveva diffuso quelle immagini su Twitter lo stesso giorno di Marine, ma la Camera francese ha respinto la richiesta della procura di togliere l’immunità parlamentare.
Per il braccio destro della Le Pen, Florian Philippot, il Parlamento Ue è «un avversario politico» e questa decisione è «assolutamente ridicola e problematica». Solidarietà arriva anche dagli esponenti dell’ultradestra italiana come Matteo Salvini, Gianni Alemanno o Giorgia Meloni («In futuro non escludo di fare una campagna come la sua»).[m. bre. ]
Jean d’Ormesson“La debolezza dell’Europa spinge il populismo”
Alain Elkann Stampa
Jean d’Ormesson, lei è uno scrittore e giornalista di fama internazionale. Vari Paesi del mondo stanno prendendo un indirizzo sempre più populista, in Francia le elezioni sono imminenti. Vede una reale possibilità che Marine Le Pen possa vincere?
«È evidente che il Front National sta avanzando in modo consistente. Mi ricordo che il partito dell’estrema destra francese all’epoca di Tixier-Vignancour raggiungeva al massimo il 2% dei voti, più tardi il partito di Jean-Marie Le Pen raggiungeva al massimo il 3-4%. Ora che il mondo è percorso da un’ondata populista, penso per esempio alla Brexit, a Trump, alle prossime elezioni olandesi, Marine Le Pen rappresenta un francese su quattro ed è al 26-27%».
Dunque, ce la potrebbe fare?
«È l’unica candidata ad essere certa di passare al secondo turno. Ma non penso che possa essere eletta. Avrà addosso il partito socialista guidato da Hamon, dell’estrema sinistra guidato da Mélenchon, che uniti rappresenterebbero il 25%. Secondo me, vinceranno le elezioni o Fillon (se resta in corsa dopo lo scandalo che ha travolto la moglie Penelope, ndr) o Macron. Credo che Marine sarà eletta nel 2022, ma tutte le possibilità sono aperte. Se sfortunatamente dovesse esserci una orribile attentato due giorni prima delle elezioni, in quel caso Marine potrebbe vincere».
Secondo lei i francesi in questo momento sono inquieti?
«La Francia è molto cambiata, era un Paese organizzato fin dall’800 con due partiti: conservatori e socialisti, destra e sinistra. Giustamente Macron ha detto che il bipartitismo è finito, è stato sostituito dal quadripartitismo: madame Le Pen all’estrema destra, l’estrema sinistra di Mélenchon e poi la sinistra tradizionale e la destra tradizionale. Quel che è cambiato non è soltanto la politica, sono anche i francesi, una volta erano allegri e spensierati, sono diventati come diceva giustamente Cocteau “italiani di cattivo umore”. Da due anni, il sistema democratico è minacciato, la gente tende ad andare verso gli estremi. La vittoria del Front National sarebbe una catastrofe economica, un ritorno al franco, chiusura delle frontiere, insomma un grande caos».
Brexit, elezione di Trump sembravano cose imprevedibili, però sono accadute.
«Non ci si può assolutamente fidare dei sondaggi, in più bisogna dire che per molti anni la gente non osava dire che votava per il Front National. Questa tendenza oggi si è modificata».
Che Paese è la Francia di oggi?
«Un Paese in cattivo stato. I cinque anni della presidenza Hollande sono stati disastrosi, non è stato capace di lottare contro la disoccupazione e far crescere il tenore di vita. Ora la Francia sembra girare pagina, ma c’è il pericolo del terrorismo e il problema dei migranti. La sicurezza è una delle esigenze principali: con Le Pen non ci saranno più immigrati, perché chiuderà le frontiere. Ma c’è un gran numero di cristiani che votano il Front National, non capisco come possano aderire al programma di un partito che vuole chiudere le porte».
Ha delle paure per il mondo della cultura?
«La lingua francese va malissimo, è difficile lottare contro l’inglese. È vero che i libri e i giornali sono in difficoltà. Alcuni editori vanno bene, ma le vendite si sono ridotte dal 5 al 15% in libreria. Certamente, gli avvenimenti attuali hanno un po’ rinvigorito il desiderio di leggere il giornale. Per il momento, la libertà di stampa è totale in Francia».
E se vincesse il Front National?
«Non sarà soltanto un disastro per poveri e ricchi. Colpiranno la cultura, la libertà di stampa sarà minacciata».
Oggi gli intellettuali in Francia hanno ancora una voce?
«Io non sono un intellettuale, mi considero un modesto scrittore. Gli intellettuali di sinistra mi stanno superando a destra. Tutta la Francia sta passando a destra. Il partito comunista e i socialisti sembrano non esistere più. Però gli scrittori hanno ancora una situazione di privilegio nella società. Certo, il mito del grande scrittore come Hugo, Mauriac o Gide non esiste più. La gente ha rigettato violentemente la classe politica, anche la stampa non è vista molto bene».
La sua nazione ha ancora un’egemonia culturale in Europa?
«La Francia segue il destino dell’Europa. Il dominio dell’Europa è stato totale per secoli, ma economia e cultura vanno di pari passo. Questo lo hanno capito molto bene sia Luigi XIV sia Napoleone. Domani saranno più importanti i filosofi indiani, cinesi e brasiliani. L’avanzata del populismo avviene per via della debolezza dell’Europa».
Secondo lei la Francia è un Paese anacronistico?
«Sì, per esempio non si riesce a ridurre il numero dei libri che si pubblicano ogni anno, anzi sono in aumento».
E gli Stati Uniti?
«Chi avrebbe mai previsto quattro mesi fa un’America con Trump, il contrario di quello che il mondo pensa sia l’America. Sia in America sia in Europa oggi vi è grande ostilità verso il sistema. La vera vittima di tutto questo è la democrazia».
Pensa che ci saranno di nuovo delle guerre?
«Non ci sarà guerra perché abbiamo creato l’Europa, ma se il populismo trionfa, le cose cambieranno. Bisogna assolutamente salvaguardare l’idea dell’Europa. Che è riuscita in due cose: la moneta unica e l’assenza di guerre. Le guerre certamente continueranno in Africa e Asia, ma bisogna vigilare contro il populismo. Le persone giovani hanno tendenza ad essere estremiste, bisogna impedire che votino per il Front National».
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Richard Haass “Rischiamo di tornare all’epoca delle guerre fra le grandi potenze”
Presidente del Council on Foreign Relations
Paolo Mastrolilli Stampa
Il mondo è nel caos, e rischiamo di tornare all’epoca delle guerre dirette fra potenze. È l’allarme che lancia Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations di New York, discutendo il suo nuovo libro «A World in Disarray».
Lei scrive che la relativa stabilità degli ultimi 70 anni, in particolare in Europa, è l’eccezione e non la regola della storia. Teme un ritorno al clima delle guerre mondiali?
«Sì, mi preoccupa la potenzialità di conflitti fra grandi potenze, e la rottura di pace e stabilità in Europa, Asia, Medio Oriente, dove è già in corso. Se i governi non collaborano sul concetto di “sovereign obligation”, gli obblighi reciproci derivanti dalla sovranità, gli effetti negativi della globalizzazione prenderanno il sopravvento e ci porteranno più indietro».
La linea «America First» scelta da Trump è un rimedio?
«No, penso che aumenti il caos. Il mondo non si auto-organizza, ha bisogno che gli Usa svolgano un ruolo significativo. Se non lo fanno il globo diventa più disordinato, e questo è un male per noi. America First è una prospettiva troppo ristretta».
Trump cerca il dialogo con la Russia: non è utile?
«In linea di principio sono favorevole, ma il dialogo deve avvenire in un contesto di maggior fermezza, rafforzando la Nato e la capacità dell’Ucraina di difendersi. Nello stesso tempo dobbiamo rassicurare Mosca, mostrando rispetto, includendola nelle discussioni regionali e globali, chiarendo che il nostro obiettivo non è rimuovere Putin o portare Ucraina e Georgia nella Nato».
Come giudica la linea di Trump sulla Cina?
«É partito col piede sbagliato, mettendo in discussione la One China Policy, ma ora ha cambiato. Spero che la sua attenzione non sia su Taiwan, il Mar Cinese Meridionale o lo scontro commerciale, ma la cooperazione per fare pressioni sulla Corea del Nord. Sono estremamente preoccupato per il programma missilistico e nucleare, la priorità nelle relazioni con Pechino dev’essere contenerlo».
Sarà possibile farlo senza usare la forza?
«Bisogna esplorare a fondo le potenzialità della collaborazione con la Cina. Se fallisce, la scelta diventerà tra accettare la Corea come potenza nucleare o usare la forza militare».
Perché Trump non dovrebbe attaccare i commerci globali?
«La storia dimostra che sono utili agli Usa. Capisco che in alcuni casi hanno eliminato posti di lavoro americani, ma questo è avvenuto per l’innovazione tecnologica. Criticando i commerci rischiamo di perderne i vantaggi economici e strategici, senza aiutare gli americani che hanno perso il posto».
Trump sbaglia quando forza le aziende a tornare negli Usa?
«Non avrà successo. Dobbiamo preparare i lavoratori per una vita di continua innovazione, e dove serve supporto finanziario. Ma ci prendiamo in giro se pensiamo al protezionismo come risposta».
Agli Usa conviene la dissoluzione dell’Unione europea?
«No, dovremmo essere i suoi più forti difensori. Negli ultimi 70 anni l’integrazione europa è stata uno dei più grandi risultati della diplomazia moderna. Ha tenuto il continente stabile per generazioni, e questo è nell’interesse degli Usa».
Quali errori hanno fatto gli europei?
«Bassa crescita, frutto di politiche economiche sbagliate; troppi rifugiati in un periodo troppo breve; problemi strutturali, come l’adozione della politica monetaria comune senza quella fiscale; l’aggressione russa in Ucraina. Il progetto europeo ha perso fascino tra la gente, è remoto, troppo regolato. Bisogna ritrovare equilibrio tra Bruxelles e le capitali nazionali. Però chi dà per scontata la stabilità e dimentica le ragioni del progetto commette un grave errore: la storia dimostra che quando nazionalismo e populismo dominano l’Europa non ne risulta nulla di buono».
L’Italia è molto preoccupata dalla Libia e dalle migrazioni.
«In Libia le parti non mi sembrano pronte al compromesso, e quindi temo che il caos continuerà. Le migrazioni si risolvono solo alla radice, cioè affrontando i problemi economici e i conflitti che le provocano. Tutto il resto sono palliativi».
Cosa prevede per l’Isis e la Siria?
«L’Isis ha quasi perso tutto l’Iraq, e presto perderà anche Raqqa, ma resterà una minaccia terroristica globale. Il problema è cosa succederà dopo alla Siria, che resterà divisa».
L’accordo nucleare con l’Iran va cancellato?
«No. Non è particolarmente buono, ma se lo abbandoniamo unilateralmente finiamo isolati noi americani, non l’Iran. Teheran si considera un potere imperiale che spinge per un’ampia influenza regionale, e il nostro obiettivo dev’essere collaborare con gli alleati arabi, occidentali e Israele per contenerlo». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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