martedì 21 marzo 2017
Torna "Il tallone di ferro" di Jack London
Intervista. Il cantore americano del socialismo nei ricordi della pronipote Tarnel Abbott
Fabrizio RostelliManifesto Alias 18.3.2017, 19:26
Il tallone di ferro è uno dei libri che, durante la Resistenza
contro i nazifascisti, i comandanti delle brigate suggerivano ai
partigiani italiani di leggere nei momenti di pausa, tra un’azione e
l’altra. Romanzo distopico, scritto da Jack London nel 1908, che predice
con lucidità l’avvento del fascismo e al tempo stesso descrive
attraverso dialoghi semplici quanto avvincenti i meccanismi della
produzione capitalistica. Il sottotitolo del libro potrebbe essere:
come spiegare il socialismo e la lotta di classe. Ho intervistato negli
Stati Uniti la pronipote di London, Tarnel Abbott, attivista e
bibliotecaria in pensione, che recentemente ha curato un adattamento
teatrale del romanzo.
Cos’è che rende Il tallone di ferro un testo così attuale e dirompente?
Questo romanzo non solo predice quello che è accaduto negli anni ’20 e
’30 con l’ascesa del fascismo in Europa, ma descrive la situazione
attuale con la supremazia dei super ricchi, quella che London chiama
oligarchia. I politologi oggi descrivono il nostro Paese come
un’oligarchia dove il potere estremo dei soldi ha preso il sopravvento
sulla democrazia e l’ha distrutta e lo Stato è diventato una specie di
dittatura del capitale. London sostiene che quella cosa mostruosa che
noi chiamiamo fascismo si sarebbe potuta evitare e questo vale anche
oggi. Dal romanzo emerge un messaggio di ribellione, di speranza e di
fratellanza: combattere il fascismo e non permettere che ci danneggi.
Prima di diventare un affermato scrittore, London ha vissuto una
serie di esperienze incredibili, penso al suo libro di ricordi La strada
e alle sue avventure con il Kelly’s Army, l’esercito dei disoccupati;
credi sia diventato socialista in quel periodo?
Credo abbia iniziato a formare la sua coscienza politica in quel
periodo. Forse non sarebbe entrato in contatto con il socialismo se non
fosse stato influenzato dagli intellettuali hoboes (vagabondi
senzatetto) con i quali discuteva dell’idea di socialismo. Ha imparato
sulla strada ma anche quando è andato nel Klondike (per fare il
cercatore d’oro ndr) e ha portato con sé alcune opere di Marx per
studiarle.
Secondo la figlia Joan, London ha scritto Il tallone di ferro dopo la
sconfitta della rivoluzione russa del 1905. London inoltre era
preoccupato dal moderatismo crescente del Partito socialista americano,
al quale era iscritto. Qual è stato il suo rapporto con il Socialist
Labor Party e poi con l’American Socialist Party?
Non conosco bene la storia dei due partiti ma so che alla fine della sua
vita ha lasciato il partito perché secondo lui non era abbastanza
radicale e aveva smesso di combattere. London invece credeva che si
doveva combattere perché il socialismo non ti viene servito su un
piatto. Lo stesso vale per la libertà, non ti viene concessa, devi
combattere per ottenerla, te la devi guadagnare, devi lavorare per
questo e lui sentiva che erano troppo moderati.
Perché i critici letterari spesso cercano di ridimensionare l’idea socialista e rivoluzionaria di London?
Direi che in questo Paese a partire dagli anni ’50, durante l’era
McCarthy, si è diffusa la “paura rossa” ed una propaganda contro
qualsiasi cosa fosse di sinistra. Gli accademici poi tendono ad essere
conservatori, devono giustificare le loro carriere e non vogliono
assumersi rischi, di certo ci sono delle eccezioni come Jonah Raskin. Ad
esempio, nel Richiamo della foresta i critici si concentravano sulle
avventure del cane e sullo stile di scrittura naturalistico e
pionieristico e ignoravano l’allegoria sociale delle bestie al lavoro
che erano oppresse e trattate crudelmente.
London è stato presidente dell’Intercollegiate Socialist Society, di
cui era segretario Upton Sinclair, cosa può raccontarci in proposito?
L’hanno fondata per diffondere l’idea del socialismo tra i giovani e
London era un oratore eccellente, molto qualificato, carismatico ed era
abbastanza famoso da attirare un pubblico vasto. Ha fatto un tour
elettorale in diverse università degli Stati Uniti tenendo dei discorsi
che poi sono stati raccolti in un saggio chiamato Revolution. Questo era
il suo modo di raggiungere le masse e di influenzarle direttamente
attraverso il suo sogno utopico di fratellanza tra gli uomini.
Quando viveva nel Beauty Ranch London aveva concesso agli operai
giornate lavorative di 8 ore e ospitava spesso vagabondi ma soffriva il
fatto di essersi allontanato dal proletariato. Non accettava il fatto di
essere diventato ricco?
Senza dubbio era lo scrittore vivente più pagato del suo tempo ma ha
speso i suoi soldi tanto velocemente quanto ha impiegato a guadagnarli.
Aveva investito nella fattoria e faceva sperimentazioni nella produzione
del cibo, era un pioniere in quella che oggi chiameremmo coltivazione
biologica e sostenibile. Aveva una visione: creare una piccola utopia
socialista nella sua fattoria, voleva ottenere il benessere per i
lavoratori, voleva costruire una scuola per i bambini, un ufficio
postale… Credo che il suo ranch fosse pensato per essere un luogo dove
poteva intrattenere hoboes, intellettuali e persone dalle più svariate
provenienze, un ritiro per artisti e scrittori dove mescolarsi e
contaminarsi a vicenda. Nelle sue lettere scriveva che non era un uomo
della working class ma al tempo stesso ripensava alla sua infanzia
trascorsa in povertà, in un quartiere della working class, nonostante
sua madre provenisse da una famiglia benestante. Per questo era a suo
agio sia tra le persone ricche che tra quelle molto povere. La maggior
parte delle persone non può muoversi tra le classi sociali come ha fatto
lui, credo che questo lo avesse reso un uomo diverso e al tempo stesso
lo facesse sentire solo ed alienato.
London ha sempre lottato contro l’individualismo, credeva in un
superuomo collettivo, possiamo dire che ha tentato di coniugare
Nietzsche e Marx?
Certamente London credeva nell’idea di forza ma sapeva di essere un
anti-individualista. Nella storia del Lupo di mare, Wolf Larsen è una
sorta di superuomo ma guarda cosa gli accade, si ammala, rimane solo e
muore. Penso che volesse confrontarsi con la teoria di Nietzsche ma non
credo ci si riconoscesse.
Hai qualche aneddoto familiare sul tuo bis-nonno?
Leggendo le memorie personali di mia nonna ho scoperto molte cose sui
genitori di Jack. Ho fatto delle ricerche sulla madre Flora Wellman, che
secondo quasi tutti i biografi non amava il figlio e lo aveva persino
rifiutato. La vita di Jack da neonato era stata salvata da una donna
nera, una ex schiava che lo ha tenuto con sé probabilmente fino all’età
di 2 o 3 anni. È cresciuto quindi in entrambi i contesti, “nero” e
“bianco”, e questo ha permesso che non diventasse razzista come molta
gente invece lo considera. Penso che il loro rapporto sia stato male
interpretato. Flora, preoccupata, gli ha scritto una lettera amorevole
mentre lui era in viaggio e lui le ha scritto una dedica all’interno di
un libro in cui dice una cosa del tipo: tu e io abbiamo sempre viaggiato
insieme e penso che tra noi sia sempre andato tutto bene. È una frase
molto affettuosa e questo credo sia il principale aneddoto di famiglia
che ho.
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