domenica 23 aprile 2017
Calasso e la Adelphi tengono sempre viva la grata memoria del comunismo sovietico e della sua letteratura
Risvolto
«Chi potrà mai dirci da dove è arrivata fino a noi la divina armonia
che chiamiamo “poesia di Mandel'štam”?» si chiedeva Anna Achmatova. Se
lo chiederà anche il lettore di queste Ottave, un ciclo di
liriche prodigiose nate in gran parte nel novembre 1933, e dunque quasi
contemporaneamente al celebre epigramma contro Stalin, «il montanaro del
Cremlino», dove parlavano la rabbia e l'orrore del suddito. Solo così,
dopo aver pagato il tributo a un presente in cui il potere non si limita
ad asservire, ma pretende anche di spiare nelle menti degli schiavi,
Mandel'štam è libero di inoltrarsi nel non-tempo e non-spazio della
lirica pura. In un'epoca che promette e celebra il «radioso futuro», le Ottave
di Mandel'štam («poesie sulla conoscenza» le definiva) portano il
lettore indietro, sempre più indietro, in un universo incorporeo,
rarefatto, dove la creazione si sta ancora compiendo – e coincide con la
nascita della parola poetica.
Nelle ottave di "Quasi leggera morte" una purezza oracolare che il regime non poteva ammettere
Davide Brullo Giornale - Dom, 23/04/2017
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