venerdì 22 settembre 2017
Il carteggio tra Hannah Arendt e Leni Yahil
Hannah Arendt: L’amicizia e la Shoah. Corrispondenza con Leni Yahil, introduzione di Ilaria Possenti, traduzione di Fabrizio Iodice, Edb, pagine 112, euro 9,80
Risvolto
Nella primavera del 1961 Hannah Arendt viene inviata dal settimanale
«New Yorker» a seguire il processo ad Adolf Eichmann, il gerarca
nazista rifugiato nel 1945 in Argentina, rapito dal Mossad nel 1960,
processato per genocidio l’anno successivo e condannato a morte per
impiccagione nel 1962. In quella circostanza Arendt diviene amica di
Leni Yahil, storica di origine tedesca e studiosa della Shoah. Inizia
così una corrispondenza che alterna questioni personali, filosofiche e
politiche.
Nel 1963, dopo la pubblicazione degli articoli sul
processo Eichmann, riuniti poi nel volume «La banalità del male», il
rapporto tra le due donne si interrompe bruscamente. Nella più
controversa delle sue opere, Arendt sostiene che il male perpetrato da
Eichmann sia da attribuire a una completa inconsapevolezza sul
significato delle proprie azioni e solleva il tema della responsabilità
dei capi delle comunità ebraiche nell’aver agevolato la politica di
sterminio nazista.
Il tentativo di Yahil di far rivivere la
corrispondenza con Hannah Arendt otto anni più tardi è destinato a
fallire. L’amicizia tra le due donne non riesce a reggere la polemica
suscitata dal processo e dal libro.
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