lunedì 11 settembre 2017
L'edizione Adelphi della "Cognizione del dolore" di Gadda
Risvolto
A Lukones, in una villa isolata, una madre e un figlio si fronteggiano.
Lui, don Gonzalo, che le dicerie vogliono iracondo, vorace, crudele e
avarissimo, è divorato da un male oscuro, quello che «si porta
dentro di sé per tutto il fulgurato scoscendere d’una vita». Lei, la
Signora, è ridotta da una desolata vecchiezza e dal lutto per la morte
dell'altro figlio (il «suo sangue più bello!») a una spettrale
sopravvivenza. Li unisce un amore sconfinato, li separa un viluppo di
gelosia, senso di colpa, rancore, dolore – preludio al più atroce degli
epiloghi. Intorno a loro una casa dissennata, feticcio narcissico ed
epicentro di ogni nevrosi, estremo rifugio e tomba, e un'immaginaria
terra sudamericana identica alla nostra Brianza, vessata dai Nistitúos
provinciales de vigilancia para la noche ‒ che a tutti vorrebbero
imporre la loro violenta protezione ‒, assediata da robinie e banzavóis,
disseminata di strampalate ville, popolata di «calibani gutturaloidi»
che come miserabili Proci dilapidano le attenzioni della Signora. E che
Gonzalo vorrebbe cancellare, insieme al barcollante feudo e a tutte le
«figurazioni non valide». Perché il «male invisibile» da cui è affetto
lo condanna a distinguerle e negarle, quelle «parvenze»: a respingere la
«cara normalità», la turpe contingenza del mondo. Anche a prezzo di
negare se stesso, anche a prezzo della più dura cognizione, quella che
consegna alla solitudine e alla «rapina del dolore».
"La cognizione del dolore" e la lettura come piacereIl solo vero romanzo europeo del '900 italiano è molto citato e poco gustato. Ecco perchéDavide Brullo Giornale - Sab, 02/09/2017
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