sabato 16 marzo 2019
Cambiamento climatico e lavoro umano
Molti ex compagni divenuti "sovranisti" denunciano l'ambientalismo come
un complotto del capitale, il quale dopo aver tratto profitto
dall'inquinamento si modernizza in chiave ecologica e trae ulteriore
profitto dal business verde.
Altri - che si sentono non meno
furbi - lo sbeffeggiano addirittura, perché, proprio come i diritti
umani, distrarrebbe dalla contraddizione principale e contribuirebbe ad
abbassare il costo del lavoro.
Il grottesco episodio del sen.
Bagnai, il quale in tutta serietà e senza percepire ridicolo ritwitta
Rita Pavone, è emblematico di questa forma di coscienza degradata.
Non bisogna cascare in queste trappole di ambiguità.
Il polimorfismo del capitale è ben noto dal XIX secolo ed è implicito nel suo concetto astratto.
Anche la dimensione pornografica dell'ecologia e cioè l ecologismo
farlocco strumentale è una cosa che conosciamo da almeno 30 anni.
Chi scopre ora queste cose scopre l'acqua calda.
Anche le periodiche campagne umanitarie di mobilitazione dell'opinione
pubblica per l Amazzonia e per la pecunia da parte delle classi
dominanti sono note da oltre un secolo e mezzo.
Non è un caso
che l'ecologismo accompagni la storia della sinistra nel dopoguerra e
dello stesso marxismo teorico e che in Italia fosse entrato nel
programma del PCI (quello vero).
Magari i capitalisti volessero davvero un mondo pulito!
La critica marxista del feticismo ecologista, sacrosanta e necessaria,
non dovrebbe perciò mettere in discussione l'obiettivo di uno sviluppo
ambientalmente sostenibile ma i mezzi, così come la critica del
postmoderno non deve mettere in discussione le libertà individuali e
negative ma il fatto che tali libertà non siano per tutti e la mancanza
di libertà collettive positive.
Occasioni come quella odierna
offrirebbero semmai ai comunisti - se questi ci fossero - una tribuna
per diffondere su scala di massa la propria denuncia dell'inquinamento
strutturale del capitalismo e cioè per spiegare l'impossibilita di
risolvere la questione ambientale in regime di prevalenza della
proprietà privata, cosa che gli ambientalisti borghesi nella loro
ingenuità liberale non possono fare.
Ed è paradossale che chi si è
illuso di poter fare egemonia tra i populisti, tra i Gilet Gialli e
persino nell'estrema destra si rifiuti sdegnato, per malinteso purismo,
di mescolarsi a una manifestazione ambientalista già orientata a
sinistra.
Si tratta, per molti ex compagni, del solito difetto di
dialettica. Il conflitto non è un gioco a somma zero. E la negazione
dialettica non è mai negazione assoluta e astratta ma sempre negazione
determinata e concreta.
Come i diritti dei gay non tolgono nulla
alla lotta di classe economica, così avviene per la salvaguardia del
metabolismo tra uomo e natura. Per non parlare dell'effetto potenziale
di modernizzazione delle energie rinnovabili e dell'enorme sviluppo
delle forze produttive che esse comportano (come ben sanno i compagni
cinesi, i quali su questo terreno sono all'avanguardia, nonostante la
propaganda occidentale).
Lavorismo particolarista e romanticismo
decrescitista, in questo senso, sono molto più vicini tra loro di
quanto non appaia, perché il primo tende a degradare le istanze
socialiste alla caricatura di una caserma animata dalla morale austera
quanto il secondo è intrinsecamente populista e reazionario.
La
presunta critica lavorista dell'ecologismo è perciò sempre lo stesso
socialsciovinismo trasposto su un altro piano ed è tutt'altro che
critica e tutt'altro che una difesa del lavoro [SGA].
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