sabato 30 marzo 2019
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Nietzsche profeta e artista decadente? Oppure filosofo-guerriero del darwinismo pangermanista? O forse teorico di un socialismo "spirituale" che fonde in un solo fronte destra e sinistra e prepara la rivincita della Germania?
Nella lettura di Arthur Moeller van den Bruck la genesi della Rivoluzione conservatrice e uno sguardo sul destino dell'Europa.
È la stessa cosa leggere Nietzsche quando è ancora vivo il ricordo della Comune di Parigi e i socialisti avanzano dappertutto minacciosi e leggerlo qualche anno dopo, quando la lotta di classe interna cede il passo al conflitto tra la Germania e le grandi potenze continentali? Ed è la stessa cosa leggerlo dopo la Prima guerra mondiale, quando una sconfitta disastrosa e la fine della monarchia hanno mostrato quanto fosse fragile l’unità del popolo tedesco?
Arthur Moeller van den Bruck è il padre della Rivoluzione conservatrice e ha anticipato autori come Spengler, Heidegger e Jünger. Nel suo sguardo, il Nietzsche artista e profeta che tramonta assieme all’Ottocento rinasce alla svolta del secolo nei panni del filosofo-guerriero di una nuova Germania darwinista; per poi, agli esordi della Repubblica di Weimar, diventare l’improbabile teorico di un socialismo spirituale che deve integrare la classe operaia e preparare la rivincita, futuro cavallo di battaglia del nazismo.
Tre diverse letture di Nietzsche emergono da tre diversi momenti della storia europea. E sollecitano un salto evolutivo del liberalismo conservatore: dalla reazione aristocratica tardo-ottocentesca contro la democrazia sino alla Rivoluzione conservatrice, con la sua pretesa di fondere destra e sinistra e di padroneggiare in chiave reazionaria la modernità e le masse, il progresso e la tecnica.
In appendice la prima traduzione italiana dei quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck su Nietzsche.
1 commento:
Certamente, l'evasione fiscale è una questione fondamentale della lotta di classe dall'alto e del trasferimento di risorse dai lavoratori ai benestanti. Ma mi sembra che il prof. Azzará trascuri l'importanza del debito pubblico all'interno delle nuove regole europee (fine della possibilità di acquisto diretto da parte del Tesoro e obbligo di piazzare direttamente sul mercato, ossia direttamente presso i capitalisti, i titoli del debito) come parte della medesima questione. In sostanza, nonostante i numerosi avanzi primari del bilancio dello stato, il debito pubblico aumenta per pagare sempre più interessi ai capitalisti. Il solito meccanismo di trasferimento di risorse tra le classi, e di controllo dello stato, operato storicamente dal debito pubblico, con le regole europee viene rafforzato.
Sono d'accordo generalmente con l'impostazione del prof. Azzará, ma mi sembra che tenda a trascurare e a mettere in secondo piano la natura dell'UE di strumento e involucro del capitale nella lotta contro i lavoratori. L'assetto istituzionale non è indifferente, essendo la sua organizzazione strumento attivo e funzionale nella lotta di classe. Lo so di scoprire l'acqua calda dicendo questo, ma se lo faccio è per segnalare che nel tentativo di controbilanciare tendenze errate (social scioviniste, ecc.), si può rischiare di cadere in un errore opposto, come quando, strattonando troppo forte per resistere ad una forza contraria, si finisce per cadere all'indietro.
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