venerdì 14 febbraio 2020

Altri colori di Pastoureau

Michel Pastoureau: Un colore tira l’altro, Ponte alle Grazie, Firenze, pagg. 229, € 16



Cromaticamente condizionabili

Franco Cardini Domenicale 9 2 2020
Che la A sia nera e la C sia rossa lo sappiamo tutti: ce l’ha spiegato Rimbaud nella poesia Voyelles, che conoscono anche i bambini (anzi, soprattutto i bambini). Anche le note musicali hanno ciascuna un loro colore: e gli studiosi di storia dell’arte ma anche gli amanti degli oroscopi sanno che ogni colore ha un suo significato. Anzi, è simbolo di qualcosa; più ancora, può essere simbolo di molte cose diverse e magari contrastanti.
Noialtri occidentali siamo soliti associare il nero al lutto e il bianco alla festa, ma per i cinesi (come per gli antichi romani) il bianco è al contrario un colore funebre, mentre gioioso e festivo è il rosso, che tale può essere anche per noi ma che è anche, per la nostra sensibilità, eccitante (pensate alla corrida; o al celebre abito rosso di Marylin Monroe), allarmante e minaccioso: e comunque simbolo di divieto e di pericolo (il rosso dei semafori e delle bandiere sulle spiagge quando il mare è mosso). Quanto al verde, colore della speranza che ci suggerisce immagini di pace e di riposo, qualcuno troverà paradossale che esso sia contemporaneamente il simbolo dell’Islam e di un partito politico, la Lega, che con la religione coranica non simpatizza granché.
Siamo comunque circondati dai colori; e il colore è anche un importante oggetto di studio, dall’ottica all’antropologia. Michel Pastoureau, medievista tra i più noti al mondo, è forse il più grande e il più famoso (e certo il più grasso, aggiungerebbe lui con la sua ormai celebre autoironia) tra gli specialisti della storia dei colori e della disciplina detta cromoantropologia. Si occupa principalmente di due temi, sui quali ha scritto molti libri fra i quali alcuni bestseller di grande successo: la storia dei colori, appunto, e la simbolica medievale degli animali. I suoi libri sul blu, sul nero, sul rosso, ma anche sull’orso, sul maiale e sul lupo, sono celebri: e, pur essendo rigorosamente fondati sul piano metodologico-scientifico, riescono sempre anche di gradevolissima lettura. Leggere la sua ultima opera tradotta in italiano, Un colore tira l’altro, è veramente una festa.
Badate: è un libro meno “leggero” di quanto il suo titolo sembrerebbe promettere. Anzi, è molto serio nella sostanza, come sempre quando si toccano con dottrina ed esperienza temi che sono anche – ma non solo – sociologici e psicoanalitici. I colori e le loro combinazioni ci condizionano molto più di quanto non crediamo: e non solo rispetto allo sport o alla politica. Questo, poi, è in qualche misura anche un’autobiografia (il sottotitolo suona difatti Diario cromatico). Ma il bello è che risponde più volte a molte nostre magari inconsce domande: a cose, come si dice, che non abbiamo mai osato chiedere.
Può darsi che diventar gialli o verdi di bile o d’invidia, o rossi di vergogna, o bianchi di paura, o neri di cattivo umore, siano variazioni cromatiche ovvie: ci sono motivi fisiologici per questo. Ma voi conoscete davvero le ragioni cromatiche alla base della scelta dei colori dei semafori? E sapete perché molte bandiere sono tricolori, e c’è sempre una dichiarata “la più bella”? Io e Pastoureau, a costo di farci lapidare dai nostri rispettivi connazionali, sosteniamo che né quella italiana né quella francese sono tali; lui propende per la giapponese e le groenlandese, io non ho dubbi: quella del Québec, a pari merito con quella albanese.
Ma altri episodi rendono queste pagine illuminanti e al tempo stesso irresistibili. Che ne pensate di un hotel svizzero di lusso che vi offre camere da letto con lenzuola nere? Vi sta suggerendo una turbinosa notte erotica o vuol portarvi male? E siete davvero convinti di poter dominare – a proposito di eros: e non solo... - tutte le sfumature del grigio? E come reagireste se, trovandovi a passare una notte in una residenza vaticana, vi trovaste in una camera da letto con relativa sala da bagno rigorosamente monocroma e tutta color cioccolato, per non dir peggio...?
Per non parlare poi delle variazioni cromatiche cutanee, magari associate a un allarmante sfogo di natura allergica: vesciche dal rosa confetto al viola pervinca, attraverso tutte le gradazioni del rosso. Conseguenza di una cena in un ristorante cinese che il gourmet Pastoureau, una volta tanto, aveva mal selezionato.
Non prendertela, Michel. Ricordi quella sera di alcuni anni fa – e, ahinoi, di molti chilogrammi or sono -, quando m’invitasti a cena in uno spettacoloso cinese parigino? Ambiente simpatico ed elegante, cameriere carinissime, cibo eccellente. E, la notte successiva, niente sfoghi cutanei. Lì, avevi fatto centro: e la vie est belle...
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