martedì 25 febbraio 2020
Eliade e le religioni dell'Eurasia
Religioni d’Eurasia a tavola con Re Artù
Armando Torno Domenicale 23 2 2020
Una
favola diffusa tra gli eschimesi della Groenlandia (versioni ridotte
circolavano anche nel Labrador) parla di un cannibale che mangiava le
proprie mogli e si risposava continuamente. I suoi delitti furono
scoperti grazie a un canto accompagnato da un tamburo. Aldilà dei fatti
narrati, la vicenda invita a disilludersi sull’amore e testimonia una
condanna morale e sociale degli uomini immaturi; evoca i significati
della musica e illustra le magie che gli dei offrono agli uomini.
Impossibile qui elencare quanto accade nelle poche pagine del racconto
fiabesco: chi volesse verificarlo alla fonte, può consultare il lavoro
di Henrik Rink, Tales and Traditions of the Eskimo (William Blackwood & Sons, Londra 1875; ristampato nel 1975).
Non
è escluso che un racconto come questo nasconda il ricordo dei sacrifici
umani, che anche i popoli artici avrebbero praticato. I greci urlarono
il dolore di tale ricordo nella tragedia, la quale - notò tra gli ultimi
René Girard - fu un tentativo di strapparsi di dosso la violenza
necessaria per comunicare con gli dei. Anche nella religione megalitica,
attiva al Nord tra il V e il II millennio prima della nostra era, vi
sono tracce di sacrifici umani: tumuli ritrovati in Gran Bretagna nelle
camere mortuarie (mortuary houses) e, tra l’altro, in Danimarca hanno rivelato ossa e crani, probabili indizi del terribile rito.
Qualcuno
aggiungerà che in Irlanda, in Bretagna e anche altrove tali luoghi
sacri, dove si celebravano funerali, liturgie annuali e iniziazioni,
erano probabilmente delle “tombe santuario”. Del resto, il tumulo ovale
che ricopre una costruzione di questo genere a Newgrange (nella contea
di Meath), è ricoperto di quarzo bianco e assomiglia a un’enorme cupola.
Forse rappresentava un gigantesco uovo cosmico, grembo del mondo. È più
antico di Stonehenge e delle piramidi egiziane.
Chi avesse la
pazienza di seguire le mille connessioni che legano questo mondo, non
potrà prescindere da Odino, dai molteplici attributi e dalle
innumerevoli funzioni. «Il più vecchio di tutti gli dei» - così lo
definisce Snorri Sturluson nella ventesima stanza de L’inganno di Gylfi, parte dell’Edda
- oltre a essere patrono dei poeti, è dio dei morti, mago, veggente,
maestro delle rune. E come tale è libero di muoversi tra incantesimi e
canti magici. Prova piacere a incitare i conflitti, nell’impedire la
pace; i sacrifici che gli vengono offerti rivelano aspetti inquietanti,
come la trasformazione dei visceri della vittima. Ma qui non ce la
sentiamo di andare oltre.
Abbiamo seguito alcuni suggerimenti e indicazioni del Dizionario delle religioni dell’Eurasia, a cura di Mircea Eliade, pubblicato come un’altra dozzina di opere simili da Jaca Book, tutte tratte della vasta Encyclopedia of Religion
edita da Macmillan Library, diretta dal ricordato studioso (nella
seconda e ultima edizione, del 2005, è di 10.902 pagine, in 15 volumi;
vi hanno collaborato oltre duemila specialisti). Anche nelle sole pagine
dedicate all’Eurasia, si scopre un universo e ci si rende conto che
elementi religiosi si riflettono nelle leggende di Re Artù (dimenticate
il capo della Tavola Rotonda o il promotore della ricerca del Santo
Graal: appartengono al dominio della letteratura); altri si ritrovano
nella festività di Halloween, che rimanda a simboli nati nel mondo sacro
dei popoli indoeuropei pagani. Qui il discorso si amplia, giacché
questa festa da poco importata dal mondo anglosassone aiuta a infrangere
barriere culturali o a liberarsi della propria identità. Del resto, nel
mondo dei Celti era una fuga annuale dalla realtà e dalle normali
aspettative.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento