martedì 31 marzo 2020
I nuovi standard della democrazia socialista
Nella quotidiana diffamazione della Cina in cui è impegnato il sistema industriale dei media la palma spetta oggi a Repubblica, giornale che la nomenclatura ufficiale colloca a sinistra al fine di confondere la geografia politica reale ma che costituisce invece l'agenzia politica capofila dell'ala liberaldemocratica della destra italiana.
L'equiparazione di Xi Jinping, semplice espressione di un partito che è stato capace di dirigere un lunghissimo processo rivoluzionario e di risollevare la Cina dopo un secolo di umiliazioni, a personaggi come Duterte, Al Sisi e Erdogan, con Orban sullo sfondo (i quali comunque rappresentano cose diverse e non sono assimilabili se non da una prospettiva assai superficiale), risponde alle consuete linee guida della teoria del totalitarismo (democrazia e libertà occidentali versus autoritarismo e dittatura orientale) e si colloca nel frenetico lavoro di manipolazione preventiva dell'opinione pubblica nel momento in cui l'immagine della Repubblica popolare cinese sta cambiando anche in Occidente.
Su un piano filosofico-politico, però, ciò che più conta è la riaffermazione del classico universalismo astratto e immediato di matrice wilsoniana che identifica tout court i valori e gli interessi dell'Occidente con i valori e gli interessi del genere umano e nega per definizione che possa esistere una democrazia al di fuori di quella liberale.
Proprio questo è il punto decisivo.
Se questa visione è ben radicata e infrangibile nella sinistra moderata, che è in realtà una destra moderata, essa finisce per essere condivisa anche dalle frange socialscioviniste, le quali replicano a loro volta la teoria del totalitarismo e si limitano semplicemente a rovesciarla di segno: nel nome di una sorta di socialismo da caserma, equiparano anch'esse queste diverse esperienze, le rivendicano apprezzandone il primato dello Stato e del decisionismo e soprattutto le contrappongono alle democrazie "decadenti". Regalando in tal modo questa parola ai liberali invece di contendergliela e rinnegando in un colpo solo il senso di tutta la storia del movimento comunista internazionale.
Si tratta di un pessimo servizio verso la Cina e soprattutto di un pessimo servizio verso quel socialismo di cui si proclamano fautori.
Bisogna fare esattamente il contrario, invece: riconoscere e valorizzare ciò che nel socialismo con caratteristiche cinesi ha assunto già le forme di una nuova tipologia di democrazia, sebbene ancora imperfetta, e contendere su queste basi ai liberali la parola e il concetto, ridefinendoli nel senso di una democrazia integrale.
Il socialismo è in realtà più democratico della democrazia liberale, non meno democratico.
Mentre in Occidente la democrazia si è esaurita nelle sue forme pienamente moderne e siamo ormai in una democrazia post-moderna che è per tanti aspetti una post-democrazia, in Cina la democrazia moderna è in piena fase di costruzione.
Il socialismo è in realtà autentico socialismo nella misura in cui è democrazia socialista.
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