lunedì 6 aprile 2020
Il mito della democrazia liberale da Bobbio a Sartori a Pasquino
I nervi sensibili della politica
Paolo Pombeni Domenicale 5 4 2020
Vagamente ispirato ai Minima Moralia di
Adorno (ma l’autore subito avverte che non vuole andar oltre una
suggestione per il titolo), questo volume si pone l’obiettivo di aiutare
il lettore a capire la politica. Soprattutto in un contesto in cui,
come Pasquino avverte anche con una certa verve polemica, ormai
si parla a vanvera di un mondo che si pensa non abbia alcuna regola e
men che meno alcuna razionalità, è quanto mai opportuno richiamare che
la politica deve essere capita e rappresentata all’interno delle sue
logiche. È la lezione che l’autore presenta come risalente ai suoi
maestri Bobbio e Sartori che tanto hanno lavorato per dare fra il resto
“definizioni” ai concetti della politica.
Il libro è articolato,
come suggerisce anche il titolo, su sei argomenti, indubbiamente
centrali nell’attuale dibattito. Per la verità c’è una certa differenza
fra la trattazione dei primi tre casi in cui maggiormente si sentono la vis
polemica e la passione politica di Pasquino, e gli altri tre dove è più
marcato lo sforzo didattico (anche se lo stile si mantiene comunque
leggibile).
Parlare di leggi elettorali, rappresentanza politica e
presidenti della repubblica significa di questi tempi toccare nervi
assai sensibili, per di più se a farlo è un autore che è stato anche
attore all’interno dei dibattiti che queste tematiche hanno suscitato.
Giustamente viene sottolineato che tra rappresentanza e governabilità
non c’è quel nesso che viene a torto reclamato da qualche apprendista
stregone e che la rappresentanza politica è tutt’altra cosa dalla
rappresentanza populistica. L’autore non si sottrae mai, qui come
altrove, dal prendere posizione sulle questioni in campo, per esempio
schierandosi a favore dell’uninominale a due turni in materia di sistemi
elettorali: lo fa però sempre argomentando e portando esempi su quanto
avviene nei vari contesti, cioè dando un contributo utile anche a chi
non fosse d’accordo con le sue tesi.
Il capitolo forse più “caldo”
è quello dedicato ai presidenti della repubblica, figure divenute
sempre più centrali nelle vicende politiche degli ultimi decenni.
Pasquino si sofferma sulla nota immagine della “fisarmonica
presidenziale” che si gonfia o si restringe a seconda dei contesti
politico-parlamentari che richiedono e/o concedono più o meno spazio
agli interventi del Quirinale. Viene discusso quel che emerge dai volumi
dedicati ai presidenti della repubblica curati da Cassese, Galasso e
Melloni, ma qui mi permetterei di dire che se si andasse un po’ oltre
quelle rappresentazioni si vedrebbe che gli inquilini del Quirinale (e
probabilmente i loro staff su cui si sa pochino) hanno sempre cercato di
dare un loro apporto alle dialettiche politiche.
I capitoli
dedicati a questioni legate più al dibattito sulla politica che al
confronto politico corrente affrontano temi cruciali su cui è ancor più
opportuno auspicare una crescita di consapevolezza nella pubblica
opinione. Non che siano questioni di scarso rilievo. Partiamo dal tema
del “deficit democratico”, una formula di cui Pasquino denuncia
giustamente l’ambiguità, che viene applicata ai fenomeni più diversi:
dal funzionamento della Ue alla vita interna dei partiti e dei
sindacati. Se è vero che nella sua più corretta accezione il concetto
stigmatizza una situazione in cui i cittadini hanno scarse possibilità
di intervenire sulla politica e sui politici, viene anche fatto notare
che a volte i cittadini che lamentano questo stato di cose sono
deficitari nell’informarsi e nel partecipare.
Anche il tema della
governabilità, intesa come la compresenza di stabilità politica e di
efficacia decisionale viene sottoposto ad analisi critica, anche se in
questo caso l’attacco en passant alla riforma costituzionale proposta da Renzi ci pare un po’ fuori target.
La
conclusione sulle cosiddette “democrazie illiberali” tocca un tema di
grande rilevanza oggi. Assolutamente condivisibile il rigetto della
accettabilità di questo che è un autentico ossimoro: la democrazia è
pluralismo competitivo, è poliarchia, non semplice presenza di
strumentazioni tipo le elezioni o la distribuzione nominale dei poteri
in organi diversi, che si possono benissimo manipolare per ricondurle ad
una unica centrale che impedisce ogni dialettica e competizione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Sartori della democrazia liberale non ha mai capito nulla.
Infatti definì UK e Germania democrazie monopartitiche.
Questo chiarisce quanto sapesse di democrazia e di politica in generale.
Posta un commento