mercoledì 13 maggio 2020

"Ingrata" e bandita dalla Comunità. Valore d'uso e valore di scambio dell'umano

La riduzione dell'umano a forza lavoro astratta quantificabile mediante l'equivalente universale del denaro e resa perciò anonima e interscambiabile è una cosa terribile, senza dubbio.
Tuttavia, questo processo può essere denunciato in nome di una critica dell'ideologia progressiva oppure di una critica dell'ideologia reazionaria.
Una critica, ques'tultima, che quello stesso umano vorrebbe ridefinire non già secondo la capacità storica di produrre e padroneggiare autonomamente le relazioni personali e sociali dopo averle riappropriate, ma secondo vincoli e rapporti di dipendenza personale eteronoma e comunitaria.
Esiste infatti qualcosa di ancora peggiore della riduzione della vita al mero valore di scambio nel capitalismo pienamente dispiegato.
Ed è la sua riconduzione al valore d'uso secondo la definizione che ne dà la comunità.
Quella comunità intesa come Gemeinschaft alla quale si richiama il sovranismo. Il quale va inteso in realtà come quel fondamentalismo dei liberali conservatori che ritorna alla purezza originaria del protoliberalismo, o comunque a un liberalismo che - non avendo ancora conosciuto la democrazia - configura in forme ancora non pienamente moderne lo spazio sacro della libertà.
Questa comunità può espellerti in qualunque momento se metti in dubbio i vincoli dell'appartenenza, ad esempio convertendoti a una religione diversa da quella riconosciuta, o anche solo contaminandoti troppo da vicino con coloro che sono esclusi. E a quel punto solo l'esecrato valore di scambio - forse, se sei fortunato - ti può salvare.
Nello specifico, per contestare a Silvia romano di essersi convertita alla religione del nemico - una religione tacciata di non saper riconoscere, a differenza delle religioni dell'occidente, il pluralismo delle forme di coscienza -, la si espelle dalla comunità misconoscendo il medesimo pluralismo che si dice di voler difendere.
Non a caso, il marxismo intende superare i limiti del capitalismo e del liberalismo dopo aver fatto tesoro dei loro vantaggi in termini di limitazione del potere e definizione dei diritti e dopo averli universalizzati, e guarda pertanto in avanti al mondo nuovo.
E in nesun modo può essere assimilato a quelle forme di retorica anticapitalista o antiliberale che, inseguendo in realtà l'incubo di un capitalismo limitato dai valori piccolo-borghesi e di un liberalismo padronale compassionevole, guardano indietro al mondo vecchio [SGA].

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