giovedì 7 maggio 2020

Trotula e la medicina medievale

Trotula De’ Ruggiero: La sinfonia del corpo. Trattato medievale sulla salute e il benessere delle donne, Manni, San Cesario di Lecce, pagg. 160, € 15, disponibile in ebook 

I consigli sovversivi di Trotula De’ Ruggiero
Serena Uccello Domenicale 3 5 2020
Alle donne che non riuscivano ad avere figli spiegava che sì l’infertilità aveva causa varie ma che poteva anche dipendere dai loro mariti. Alle donne che dovevano ad ogni costo mostrarsi vergini spiegava che la soluzione c’era ed indicava quale. Un trucchetto? Niente affatto, un atto di vera sovversione in un tempo in cui le donne non disponevano di nulla, men che meno del loro corpo.Ed ancora, alle donne che non avevano mariti o amanti spiegava, senza specificarlo ma dando loro un paio di inequivocabili indicazioni, che il piacere era un diritto.
Non siamo negli anni Cinquanta, né all’inizio del ’900. Di secoli bisogna ripercorrerne fino ad arrivare all’anno Mille per trovare le radici di un pensiero che letto oggi appare rivoluzionario e prezioso. Rivoluzionario perché è frutto degli studi e della vita di una donna che la storia colloca nel XI secolo. Prezioso perché a sbirciarci dentro viene proprio voglia di segnarsi qualche indicazione e di andare a stringerle la mano a questa donna che ebbe marito e figli ma che fu anche riconosciuta come la prima ginecologa dell’antichità, la magistra, la docta mulier.
Lei è Trotula De’ Ruggiero e fu una delle mulieres Salernitanae. Oggi, sappiamo che la Scuola di medicina di Salerno stava a quel tempo come la John Hopkins University di Baltimora sta all’attualità. E lei in quel luogo di eccellenza fu la migliore, costretta – e qui par sia passato un giorno – anche lei a contrastare un certo pregiudizio, insomma la questione di genere. Perché è vero che a Salerno studiarono diverse donne ma anche è vero che a queste donne toccò contrastare il pregiudizio e una certa campagna diffamatoria da parte dei “colleghi” maschi che le definitiva ciarlatane.
Come ci racconta infatti Piero Manni, editore di La sinfonia del corpo, «la tradizione delle medichesse continua nei secoli successivi: Francesca Romana, nel 1321, viene autorizzata dal duca Carlo di Calabria, in seguito all’idoneità rilasciata dalla Scuola Medica Salernitana, ad esercitare la chirurgia, e nell’editto si precisa che le medichesse sono più idonee dei loro colleghi maschi a curare le ammalate costumate (le poco costumate potevano essere curate dai medici maschi!)…».
Più evidente di così! Ma Trotula seppe prendersi le sue rivalse giocando la carta della competenza e, d’accordo che oggi ci fa sorridere la “sua” tecnica per riconoscere a chi attribuire l’infertilità se all’uomo o alla donna («Prendi due vasi e in ciascuno di essi poni della crusca; in uno versa un poco di urina dell’uomo, e nel secondo un poco di quella della donna, e lascia decantare per nove o dieci giorni. Il vaso nel quale si formeranno molti vermi, indica di chi è la sterilità»), quel che conta è l’atto di emancipazione che lei compie nei confronti delle donne: «Vi sono donne che non riescono a concepire…» e ne elenca le ragioni e poi prosegue: «…Altre hanno una vagina talmente rilassata e scivolosa che non riescono a trattenere il seme, che fuoriesce dalla matrice. Questo può accadere anche per responsabilità [vicio] del maschio se ha un seme troppo liquido che, a causa della sua liquidità, scivola via dalla vagina. Altri uomini hanno i testicoli troppo freddi e secchi, e difficilmente, o mai, il loro seme è fecondo».
Così come conta che del dolore delle donne e del loro corpo lei seppe prendersene cura, demolendo l’idea dell’inevitabilità e dell’ineluttabilità della sofferenza: dal tempo della prima mestruazione al parto alla menopausa. A Trotula va sicuramente il merito «di aver elevato la ginecologia e l’ostetricia a disciplina medica, affrancandole dall’appannaggio esclusivo di levatrici e mammane, e sollevando la coltre di superstizione che aleggiava intorno al misterioso momento della nascita di una nuova vita», scrive Piero Manni.
Ma va soprattutto il merito del «ribaltamento»: è stata sicuramente la donna più colta della sua città, scelse tra le discipline mediche le più “scomode”, le trattò non disdegnando di usare anche la conoscenza delle erbe mediche, insomma sulla carta aveva tutti i requisiti per finire al rogo e invece fu una scienziata apprezzata anche dai colleghi uomini (loro malgrado).
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