venerdì 9 ottobre 2015

I post-post-operaisti italiani alla conquista della tv di Stato quando purtroppo è già morta

Alfabeta2Gli unici veri leninisti in Italia sono loro [SGA].



Incursioni in un mondo in perenne transizioneIncontri. La messa in onda di sei parole chiave della rivista «Alfabeta 2». Amare, Spendere, Giocare, Combattere, Usare e Creare. I termini delle trasmissioni che prenderanno il via domenica (22.30) su Rai 5 


Benedetto Vecchi il Manifesto 9.10.2015
Sei parole chiave per acce­dere alla com­pren­sione del reale. Non alla sua tota­lità, sia ben chiaro, bensì agli aspetti con­trad­dit­tori, meglio ambi­va­lenti di un mondo che appare, sostiene la reto­rica domi­nante, inin­tel­li­gi­bile, per­ché segnato da una eterna tran­si­zione verso un «nuovo» sem­pre annun­ciato ma mai dav­vero dive­nuto realtà. La rivi­sta «Alfa­beta 2» non vuole quindi offrire una inter­pre­ta­zione tota­liz­zante del mondo, ma si pro­pone, appunto, di sce­gliere campi tema­tici dove con­vi­vono istanze di libertà, ma anche dispo­si­tivi — vec­chi e nuovi — di oppres­sione. Per que­sto ha scelto sei verbi decli­nati all’infinito per fare incur­sioni in campi dove si mesco­lano, oltre alla cop­pia libertà e oppres­sione, anche la ten­sione tra sin­go­lare e col­let­tivo. «Amare, Spen­dere, Gio­care, Com­bat­tere, Usare e Creare» sono que­sti i lemmi scelti dalla rivi­sta che andranno a scan­dire sei pun­tate tele­vi­sive che occu­pe­ranno una parte del palin­se­sto serale del canale Rai 5 tra­smesso sul digi­tale ter­re­ste (l’inizio è pre­vi­sto per dome­nica 11 otto­bre, alle 22.30). Le tra­smis­sioni tele­vi­sive saranno con­dotte da Andrea Cor­tel­lessa, cri­tico let­te­ra­rio e uno degli agit prop di «Alfa­beta 2», ma vedranno la par­te­ci­pa­zione di gran parte della reda­zione della rivi­sta, da Nanni Bale­strini a Maria Teresa Car­bone, Nico­las Mar­tino che inter­vi­ste­ranno filo­sofi, scrit­tori, poeti, gior­na­li­sti che hanno affron­tato, ognuno dal pro­prio osser­va­to­rio, il tema della puntata. 


Uno degli ele­menti che emerge dai mate­riali — su carta, audio e girati — è che ognuno dei temi può essere scan­dito dagli altri. Den­tro l’amore, infatti, ci si spende, si gioca, si com­batte, si usa e si crea. Amare, infatti, signi­fica spen­dere le pro­prie ener­gie, il pro­prio tempo. Ma si gioca, anche, il com­plesso e sem­pre avvin­cente duello dove desi­de­rio, rico­no­sci­mento, iden­tità sono le armi indi­spen­sa­bili per quell’incontro con l’altro o l’altra, cioè l’unica misura della pro­pria sin­go­la­rità. Dun­que si può anche com­bat­tere, oppure usare l’altro. Oppure creare una rela­zione, un figlio o una figlia.
E solo un esem­pio di come ogni ter­mine rac­chiuda gli altri. L’operazione però non è solo meta­lin­gui­stica. Gli autori delle pun­tate voglio anche regi­strare cosa è cam­biato in ognuno dei campi individuati. 
Sull’amore il punto di par­tenza è la crisi della cop­pia tra­di­zio­nale, meglio dei tra­di­zio­nali ruoli che vede un maschio domi­nante e una donna subal­terna. E se Luisa Muraro può illu­strare gli effetti di lunga durata dell’affermazione della libertà fem­mi­nile, Mas­simo Recal­cati non può che regi­strare e nar­rare come l’implosione della cop­pia alterna gioia, ma anche sof­fe­renza. E di come l’amore sia anche una com­po­nente del rap­porto tra madri e figli e padri e figlio. E se la cro­naca non fosse impre­gnata anche di bana­lità, un fat­tore è emerso final­mente dalla clan­de­sti­nità è che amore non è legato solo alla dimen­sione ete­ro­ses­suale, bensì vede pro­ta­go­ni­sti due maschi o due donne. A par­lare di tutto ciò gli scrit­tori e scrit­trici Wal­ter Siti, Aldo Nove, Ros­sana Campo, Gilda Poli­ca­stro, oltre i già ricor­dati Luisa Muraro e Mas­simo Recalcati. 
La pun­tata sullo «spen­dere» prende invece atto della pul­sione più o meno indotta al con­sumo. E di come la crisi eco­no­mica abbia com­presso sicu­ra­mente i con­sumi, ma ali­men­tato invece almeno tre vie di fuga dal pro­gres­sivo impo­ve­ri­mento indi­vi­duale e col­let­tivo, almeno nel Nord del pia­neta. Da una parte, la scelta dell’indebitamento. Per man­te­nere lo stesso stile di vita, uomini e donne hanno accu­mu­lato debiti, facendo deli­neare all’orizzonte la strana, ricat­ta­bile figura dell’«uomo inde­bi­tato». Di que­sto par­le­ranno sicu­ra­mente gli eco­no­mi­sti Andrea Fuma­galli, Lelio Demi­che­lis e la filo­sofa Elet­tra Sti­milli. L’altra via di fuga sono forme anti­che e moder­nis­sime di mutuo soc­corso. E dalla loro dif­fu­sione che la rifles­sione di Toni Negri parte per affron­tare che la crisi mette al cen­tro della scena quel «comune» pro­dotto da uomini e donne dive­nuto un rovello poli­tico visto che il potere costi­tuito punta, in una dina­mica just in time, a creare le con­di­zioni per una sua espro­pria­zione da parte delle imprese. 
La terza pun­tata, quella sul «gio­care», ha una matassa da dipa­nare molto ingar­bu­gliata. Ci sono molti risvolti, che vanno da chi pro­pone una con­ce­zione del lavoro come gioco a chi guarda all’industria del gioco come un set­tore eco­no­mico che fa leva sui desi­deri di affer­ma­zioni, di riscatto, ma anche di fuga da un’esistenza sem­pre più scan­dita dalla precarietà. 
Il lavoro come gioco è parte inte­grante dell’attitudine hac­ker in Rete. La dimen­sione ludica dell’essere con­nessi, di coo­pe­rare, di svi­lup­pare un buon soft­ware — o una facile app — viene con­trap­po­sta al lavoro di rou­tine, stan­dar­diz­zato che carat­te­riz­zava la società indu­striale. Il risvolto gio­ioso emerge anche, ad esem­pio, nella pro­get­ta­zione dei tem­pli del gioco (i casinò) o le mac­chi­nette man­gia soldi che ormai sono diven­tate pre­senza fami­liare anche in Ita­lia. Chi pro­getta gli spazi, ma anche le inter­facce gra­fi­che delle mac­chi­nette, fa di tutto per ren­dere gli ambienti con­for­te­voli, al fine di non stan­care i gio­ca­tori o a distrarli. Gio­care deve rima­nere un’attività pia­ce­vole, anche quando si per­dono soldi con la con­se­guente cre­scita dell’indebitamento individuale.

Alfabeta”va in tv “Parliamo della cultura non ridotta a merce” 
Intervista a Nanni Balestrini, autore con Andrea Cortellessa e Maria Teresa Carbone di un ciclo in sei puntate in onda da domani su Rai 5
STEFANIA PARMEGGIANI Repubblica 10 10 2015
Vogliamo portare alla luce le contraddizioni del presente, opporci alla deriva di una cultura anestetizzata, piatta, ridotta a merce da supermercato». Lo scrittore Nanni Balestrini racconta Alfabeta , il nuovo programma di informazione culturale, che da domani per sei puntate andrà in onda su Rai5 alle 22.30. Lo spirito è quello della storica rivista da cui prende il nome e della quale condivide il comitato di indirizzo composto da Umberto Eco, Paolo Fabbri e Angelo Guglielmi. Gli autori, oltre a Balestrini anche Maria Teresa Carbone e Andrea Cortellessa, hanno scelto sei verbi cardine dell’esistenza umana - amare, combattere, creare, giocare, spendere, usare - uno per ogni puntata, da declinare grazie a critici e intellettuali che su quel soggetto hanno lavorato. Tra gli altri Luisa Muraro, Massimo Recalcati, Achille Bonito Oliva, Carolyn Christov-Bakargiev, Marc Augé, Toni Negri, Walter Siti…
Balestrini, qual è il legame tra la rivista “Alfabeta” e la trasmissione che sta per andare in onda?
«È un rapporto di continuità. Alfabeta era stata fondata per riordinare le questioni culturali dopo i tumultuosi anni Settanta. Esaurito il suo compito, è stata chiusa. È rinata come Alfabeta2 cinque anni fa, dopo che nel periodo berlusconiano la situazione, nel campo della cultura ma anche della politica e della morale, era degenerata a tal punto che gli intellettuali non potevano restare alla finestra. Inizialmente ci siamo rivolti alla carta, poi ad altri media, al web e adesso alla televisione».
Continuano gli anni difficili?
«Viviamo in un’epoca di passaggio, è come se un velo di fumo offuscasse la nostra visione del mondo, impedisse alle contraddizioni di emergere».
E voi, come intendete portarle alla luce?
«In ogni puntata il conduttore Andrea Cortellessa dialoga con autori e intellettuali. Li invita a riflettere sulla fine dell’amore romantico o sul passaggio dalla società del possesso a quella dell’utilizzo, sul nuovo capitalismo o sul gioco che ha invaso la sfera dell’utile. Non in studio, ma in luoghi che sono tutto fuorché scenari neutri. Ad esempio alcune parti della puntata “combattere” sono ambientate nei cimiteri di guerra di Anzio. Agli incontri si alternano letture di testi narrativi e poetici, opere di video arte, documentari...».
Alcuni di questi materiali sembrano incongruenti.
Prendiamo la puntata di domani, quella in cui declinate il verbo amare. I contributi video sono tratti dalle opere di Sylvain George, un autore che di solito viene citato quando si parla di immigrazione, di non luoghi, diconfini… «Abbiamo cercato di creare dei contrasti, dei rimbalzi. Le incursioni poetiche o narrative, così come il materiale video, spesso non hanno una diretta connessione con quello di cui stiamo parlando, ma esportano sul piano dell’immaginario quello che vogliamo discutere. Il punto è che non ci interessa mettere in vetrina quello che ci piace, ma rimettere in movimento le idee, compiere un viaggio di esplorazione critica del nostro tempo».

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