venerdì 18 marzo 2016

La rivoluzione digitale e la scrittura come professione di mercato

Risultati immagini per fréderic martel“Salviamo gli scrittori dell’era digitale” 

Frédéric Martel spiega come cambia un mestiere “Vivere di libri sarà ancora più difficile Bisognerà diventare performer a pagamento”

FABIO GAMBARO Restampa 17 3 2016 ©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INCONTRO
PARIGI Le pratiche culturali nate dalle nuove tecnologie rischiano di mettere in discussione la sopravvivenza economica degli scrittori e il loro statuto sociale. È questo l’allarme lanciato dal sociologo Frédéric Martel in uno studio commissionato dal Ministero della Cultura francese e intitolato “Lo scrittore sociale. La condizione dello scrittore nell’era digitale”. Lo studioso francese lo presenterà oggi a Milano, nella giornata d’apertura di “Bellissima”, la nuova Fiera di libri e cultura indipendente che si svolge fino al 20 marzo. Per l’autore di Mainstream e Smart (Feltrinelli), nei prossimi anni anche il mondo del libro, come già quello della musica e del cinema, subirà le conseguenze della rivoluzione digitale che favorirà nuove forme di commercializzazione, come ad esempio l’abbonamento illimitato a piattaforme con migliaia di testi. «Oggi gli abbonamenti illimitati riguardano il cinema e la musica, per i libri siamo ancora nella fase sperimentale, la tendenza però è questa », spiega Martel». «Sono molti i libri che si prestano a questo tipo di abbonamento: i libri di studio e di consultazione, la manualistica e i libri di cucina, le guide di viaggio e i libri per l’infanzia. Sono opere che non abbiamo bisogno di comprare e possedere, ma solo di consultare di tanto in tanto. A prima vista, l’abbonamento illimitato sembra essere meno attrattivo per la letteratura, tuttavia un’offerta illimitata consente di scoprire nuovi autori di continuo. Insomma, l’abbonamento illimitato rischia di diventare la modalità di fruizione del futuro, trasformando il libro da prodotto a servizio. Con tutte le conseguenze che ne derivano per gli autori, che vedranno ridursi drasticamente i loro diritti. A parte pochi nomi famosi, diventerà sempre più difficile vivere della propria scrittura. Se a ciò si aggiunge il costante aumento della produzione accompagnato dalla riduzione delle tirature, si capisce che le prospettive economiche degli scrittori non sono rosee ».
Con quali conseguenze?
«Gli scrittori saranno sempre più fragili economicamente e molti libri non verranno più scritti. Alcuni autori potranno continuare a scrivere solo se sostenuti da istituzioni e università oppure se indipendenti economicamente, con il rischio di ritornare al XIX secolo, quando gli autori appartenevano quasi tutti alle classi agiate. Per evitare un simile scenario, che impoverisce tutta la cultura, occorre cercare nuove forme di remunerazione che consentano agli autori di vivere del loro lavoro».
A cosa pensa?
«Oggi l’attività dello scrittore non si limita più alla sola scrittura, dato che le pratiche di accompagnamento dell’opera diventano sempre più importanti e onerose. Agli scrittori si chiede di moltiplicare gli incontri in pubblico, le letture, senza dimenticare i blog, le pagine Facebook e Twitter. Tutto ciò però non può più essere fatto gratuitamente. Occorre quindi remunerare la partecipazione degli scrittori ai festival, alle fiere, agli incontri nelle librerie. Molti festival letterari ottengono importanti finanziamenti pubblici, ma poi non pagano gli autori che partecipano».
Come i musicisti vivono di concerti, così gli scrittori saranno chiamati a svolgere più attività in pubblico...
«In futuro, i diritti d’autore saranno solo una parte molto limitata dei redditi di uno scrittore. Lo scrittore diventerà un performer e la scrittura scivolerà verso lo spettacolo».
Lo scrittore però resta un artigiano… «Ma deve imparare a promuoversi e ad accompagnare l’uscita dei suoi libri con un insieme di attività che lo trasformano un piccolo imprenditore di se stesso capace di declinare il proprio marchio in molti modi. Tutto questo lavoro deve però trovare un modello economico: tutti devono partecipare al finanziamento degli autori, anche i festival letterari, le librerie, le manifestazioni culturali in senso lato. Le sovvenzioni pubbliche non devono servire solo a pagare i compensi dei presidenti delle associazioni».
Per molte manifestazioni con pochi fondi non sarà facile… «È vero, ma la sopravvivenza economica degli scrittori è una necessità collettiva. Per quanto riguarda le librerie, per sopravvivere dovranno diventare veri e propri centri culturali. In questa prospettiva gli autori svolgeranno un ruolo fondamentale. La loro retribuzione sarà un costo che però sarà un buon investimento per tutti».
Se lo scrittore si pauperizza, il suo statuto all’interno della società cambia?
«Il suo statuto inevitabilmente s’indebolisce, ma non solo per delle ragioni economiche. Oggi le nuove tecnologie permettono a moltissime persone di scrivere. La scrittura alla portata di tutti banalizza la figura dello scrittore, ne riduce l’aura. Eppure sempre più persone desiderano pubblicare. La società continua a mettere gli scrittori su un piedistallo, anche se poi non si preoccupa di come farli vivere».
La rivoluzione digitale apre anche prospettive positive?
«Naturalmente. Nei prossimi vent’anni tutta la catena del libro si trasformerà e probabilmente nasceranno nuovi modelli economici. I social network non solo consentiranno ad ogni autore di trovare un pubblico anche se di nicchia, ma probabilmente apriranno spazi per ora imprevedibili. Si pensi a Instagram, che sta resuscitando la poesia. Oppure si consideri la forza dei booktubers che riescono ad avvicinare al mondo del libro le nuove generazioni che leggono sempre di più sugli smartphone ».


PERCHÉ È NECESSARIO RIDARE VALORE (ECONOMICO) ALLA SCRITTURA 

BRUNO ARPAIA
Mentre in Francia gli autori e gli artisti possono contare su un minimo di welfare, qui da noi la situazione è molto peggiore e tutta la “classe creativa” è abbandonata a se stessa. Tuttavia, ci piacerebbe che il rapporto di Martel venisse studiato dal governo. Dallo stato della cultura italiana dipende, infatti, anche quello dell’economia. Come ormai molti studiosi, da Richard Florida a Enrico Moretti, hanno dimostrato, nella “società della conoscenza” è proprio la creatività diffusa ad avere un importante valore economico perché permette di sviluppare idee e innovazioni competitive sul mercato. Inoltre, secondo un rapporto del Russell Group, il passaggio dall’economia industriale classica all’economia della conoscenza si realizza solo ed esclusivamente lì dove c’è un humus adatto all’innovazione, un ambiente culturale e umano «complessivamente creativo ».
Alla fine del suo studio, Martel avanza 25 proposte “pratiche” per «rallentare l’estinzione di una specie umana pericolosamente in via di scomparsa: lo scrittore». Noi ne aggiungiamo due. La prima: creare un ben finanziato sistema di incentivi alla traduzione dei nostri autori all’estero, perché siamo uno dei pochi Paesi che ne è praticamente privo. La seconda: prevedere, almeno sotto un certo limite di reddito, un’esenzione fiscale totale per i redditi derivanti da diritto d’autore. Si tratta davvero di infime briciole nel bilancio dello Stato, ma potrebbero almeno contribuire a non far peggiorare la situazione. Come sottolineava qualche anno fa Jonathan Littell, «tutta la filiera del libro vive del libro; tranne l’autore». È un paradosso difficile da sopportare.
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