domenica 18 dicembre 2016

La sinistra neoliberale sente sul collo il fiato delle destre populiste e se la fa addosso. Dappertutto tranne in Italia dove ai neoliberali di oggi si contrappongono i neoliberali di ieri



L’ex ministro dell’Economia Arnaud Montebourg tra i favoriti alle primarie socialiste: «Seguire le regole del Patto di stabilità consegnerà il Paese alla destra. No a patti con il sistema finanziario» 
di Stefano Montefiori Corriere


“La gente ora si sta spaventando perché vede un passato che torna” 

Renzi immagina la rivincita in un election day politiche-comunali 

Carlo Bertini  Busiarda 17 12 2016
Ieri mattina, quando è esplosa la notizia bomba da Roma, Matteo Renzi era a far colazione al bar Marcello in viale Europa a Firenze, dove un suo fan lo ha fotografato. Anche sull’onda delle notizie capitoline, il leader era più ottimista sul clima che si sta creando per un suo ritorno sulla scena politica: perché al di là delle ultime vicende, gli sembra che in pochi giorni il quadro politico generale sia cambiato. «L’Italia di oggi è totalmente diversa rispetto a due settimane fa», ragionava con i suoi interlocutori romani. Che hanno tratto la netta impressione di un leader che «rivede il campo da gioco». «E’ talmente cambiata la situazione che mi sembra plausibile ci sia voglia di far rivivere una sfida di cambiamento». Almeno, questa è la speranza del leader Pd. «La gente si sta spaventando nel vedere tutti questi segnali di un passato che torna», come le interviste a personaggi quali Monti e Dini e non solo. 
Detto ciò, l’umore è altalenante e Renzi non ha ancora deciso cosa fare col partito. Mentre la cornice più amplia del medio termine, lo porta a immaginare un election day per il 4 o l’11 giugno. «Accoppiando alle politiche un turno di comunali dove il Pd storicamente è più competitivo, che contribuirebbe a lanciare la palla nel terreno di gioco nazionale», raccontano i suoi spin doctor.
Fin dalla mattina l’ordine di scuderia è chiaro, andare al voto per strappare la rivincita in vari terreni di gioco. L’election day esteso ai mille campanili che rinnoveranno consigli e primi cittadini, può evocare una rivincita in grande stile: senza far correre il pensiero a Roma, «dove per votare a giugno, dovrebbe arrivare un commissario entro fine anno, ma tanto la sindaca non si dimetterà».
Ma non c’è dubbio che questo terribile danno d’immagine dei 5 Stelle, nell’immaginario renziano può favorire una risalita della china, una riconquista di elettori delusi dal Pd. Questo è l’auspicio. Come dice su Facebook, «si perde una battaglia ma non la voglia di cambiare l’Italia, forza e andiamo avanti». Così risponde a un follower abbattuto per la sconfitta al referendum. In uno scambio di impressioni con chi aveva chiamato a dargli consigli sulle cose da fare. 
A chi gli suggerisce di imparare ad ascoltare, risponde che in futuro cercherà di farlo. «Il modo in cui ci si pone è sostanza? Interessante riflessione». E il programma d’attacco della nuova fase poggia su due parole, il lavoro e il sud.
Se l’input è rilanciare la battaglia, il problema è come. I suoi uomini stanno verificando se siano necessarie modifiche statutarie per convocare il congresso senza che Renzi si dimetta da segretario del partito. E in primis se domenica le truppe renziane potranno garantire il numero legale dell’assemblea nazionale nella settimana prima di Natale. Andrebbe votata una norma per accorciare i tempi e arrivare alle primarie in marzo. Una forzatura su cui il «giglio magico» è diviso: tra chi vuole congelare tutto fino alla sentenza della Consulta sull’Italicum, per non dar la pistola fumante ai compagni in odor di scissioni; e i falchi convinti che comunque vada «loro se ne andranno». Una cosa è certa, «in un modo o nell’altro, Matteo rilancerà un segnale di sfida».
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