giovedì 3 dicembre 2009
Religione e schiavitù razziale
Sin dalla celebre polemica tra Las Casas e Sepulveda, il ruolo della religione e degli ordini religiosi nella storia del fenomeno schiavistico moderno, e dell'ideologia razziale che l'accompagna, è stato piuttosto controverso. Ecco la recensione di un libro uscito di recente - Carlos Alberto de Moura Ribeiro Zeron, Ligne de foi: la Compagnie de Jésus et l'esclavage dans le processus de formation de la société coloniale en Amérique portugaise (XVIe-XVIIe siècles), Paris, Honoré Champion, pagg. 574, euro 67,00 -, che fornisce nuovi elementi di comprensione [SGA].
Schiavi della Compagnia
di Michela Catto, Il Sole 24 Ore, 28 novembre 2009
Dal loro arrivo sino alla loro espulsione dal Brasile, avvenuta nel 1759, i gesuiti utilizzarono, come gli altri ordini religiosi e i coloni europei, la manodopera amerinda e africana e praticarono il commercio degli schiavi dall'Angola, prima provincia degli ignaziani in Africa. Nel 1640 un visitatore contava nel solo collegio gesuitico di Rio de Janeiro la presenza di ben 600 schiavi, quasi tutti africani.
Come conciliare questa realtà storica con una storiografica, non solo apologetica, che ci ha abituato a pensare ai gesuiti come ai difensori della libertà degli indios, oppositori morali della loro schiavitù e promotori di una umanizzazione della schiavitù dei neri?...
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