domenica 20 novembre 2011

Il libro di Canfora sulla "democrazia" ateniese

Luciano Canfora Il mondo di Atene, Laterza

«Sì, noi lo guidammo quel sistema politico: perché ritenemmo nostro dovere tenere in piedi il regime. Però sia chiaro: noi, gente da senno, sapevamo bene cosa fosse la democrazia. Ma su questa forma di follia universalmente riconosciuta non c'è molto di nuovo da aggiungere. Abbatterla non potevamo ancora, mentre c'era la guerra e voi ci stavate addosso».
In questa sferzante diagnosi dell'erede di Pericle è racchiusa la spiegazione dell'enigma Atene: governo di popolo e dominio di signori.
Da oltre duemila anni, Atene rappresenta molto più che una città nell'immaginario occidentale. Il secolo compreso tra le riforme di Clistene (508) e la morte di Socrate (399) è diventato modello universale, insieme politico e culturale. Politico perché si ritiene che ad Atene sia stata inventata la democrazia, cioè il regime istituzionale e di governo oggi più diffuso nel mondo. Culturale perché ad Atene fiorirono filosofia, storia, teatro, letteratura, arte e architettura che ancora oggi consideriamo riferimenti obbligati. Il mondo di Atene riporta la città alla sua storia, incrinando la sua immagine idealizzata e restituendocela così come emerge dalla ricchezza delle fonti contemporanee. Luciano Canfora smonta la macchina retorica su Atene, dimostrando che i critici più radicali del sistema furono proprio gli intellettuali ateniesi. Eventi centrali dell'intera narrazione sono la parabola dell'impero marittimo ateniese sconfitto da Sparta, la lacerazione che esso determinò nel mondo greco fino a coinvolgere il regno di Persia, la rinascita dell'impero nella medesima area geo-politica, la sua crisi e l'esito inedito, rappresentato dal trionfo dell'ideale monarchico realizzato dall'egemonia macedone.
Democrazia realizzata in età classica, idealizzata dal 700 ad oggi. Fu governo di popolo e dominio di signori. Ma resta il fatto che l’élite raffinata accettò di sottoporsi al controllo dei cittadini
Luciano Canfora Corriere della Sera 18 novembre 2011

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