Nutrivo ammirazione per Stefano Rodotà, giurista sempre molto attento nella difesa della Costituzione repubblicana. Alcune sere fa però, interrogato sulle recenti vicende del governo Monti, Rodotà ha incredibilmente detto che di ingerenza nella sovranità nazionale non si può parlare, che non c'è stato nessun vulnus nei confronti della Costituzione, che l'operazione orchestrata da Napolitano restituisce finalmente centralità al Parlamento e che dunque va tutto benissimo...Ciò che colpisce non è tanto l'uso strumentale dell'autorità politico-morale della Costituzione: prima contro Berlusconi, ora a favore di un governo che ha il sostegno formale del PD. Colpisce soprattutto la totale soggezione psicologica e ideologica degli intellettuali organici al centrosinistra nei confronti della tecnocrazia, l'unico dio che ormai ci può salvare. E colpisce anche il fatto che uno intelligente come Rodotà non abbia capito che con questa mossa il PD si è suicidato almeno per tutta la durata del prossimo secolo. Insomma, non ci si può fidare nemmeno dei migliori. E del moralismo, poi, possiamo fare benissimo a meno.
Marco Revelli, invece, per chi non lo ricordasse, era l'intellettuale più ascoltato dall'onorevole Fausto Bertinotti. Quell'intellettuale che ci aveva fatto la lezioncina sugli orrori del Novecento e che teorizzava l'obsolescenza della militanza e il suo superamento nel volontariato. Il tempo passa [SGA].
Stefano Rodotà: Elogio del moralismo, Laterza
Stefano Rodotà, da sempre attento osservatore delle vicende del nostro paese, ha raccolto in questo volume scritti e riflessioni su un tema fondamentale per il futuro dell’Italia: la questione morale e l’etica pubblica. Sono testi senza tempo, capaci di descrivere la realtà di ieri (come quella di Mani Pulite) tanto quanto quella di oggi. In questi anni il degrado politico e civile ha conosciuto accelerazioni impressionanti. Sono cresciute la scala della corruzione e l’accettazione dei comportamenti devianti. Abbiamo assistito al consolidarsi pubblico delle situazioni di illegalità/immoralità, con l’appannarsi di una politica che ha pensato di poter trarre profitto dall’affrancarsi da ogni controllo, senza accorgersi che in tal modo preparava i contraccolpi che sono puntualmente arrivati. Tra una politica che affonda e un populismo che di essa vuole liberarsi, bisogna riaffermare la moralità delle regole. Tra chi cerca di non annegare, chi grida si salvi chi può o chi si ribella con lo slogan ‘son tutti ladri’, Rodotà riafferma la moralità delle regole che trova il suo primo fondamento in una politica ‘costituzionale’, esattamente quella mancata in questi anni. Solo così il moralismo non è la rivolta delle anime belle, la protesta fine a se stessa, ma si incarna in azione e si fa proposta politica. Per passare dall’indignazione alla lunga lena che l’esercizio della moralità può consentire, è necessario recuperare il ruolo del moralista capace di tallonare gli immorali, tenere l’occhio aperto sulla folla di fatti minuti e indecenti, registrarli e denunciarli per il bene comune.
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