martedì 10 gennaio 2012
Il libro di Giacomo Marramao sulle trasformazioni del potere
Giacomo Marramao: Contro il potere. Filosofia e scrittura, Bompiani
Un esperimento insolito e originale forma l'oggetto di questo libro di Giacomo Marramao: la messa a fuoco dei punti d'intersezione tra le genealogie filosofiche e le diagnosi radicali del Potere, del Comando e della Legge fornite, in tempi e contesti diversi, da due grandi scrittori mitteleuropei come Elias Canetti (attraverso un confronto costante con l'opera di Kafka) e Herta Müller (lungo l'asse che collega la figura del Lager alle esperienze di sorveglianza, isolamento e derelizione esistenziale presenti nelle stesse democrazie). Per afferrare il senso delle trasformazioni del potere occorre andare alle radici: all'arche o al principio che l'ha originato come fattore transculturale e trans-storico comune a tutte le società umane. Il potere non può essere soppresso: ogni tentativo di 'superarlo' - sopprimendo questa o quella forma del suo esercizio - non ha finora fatto che potenziarlo. Il potere deve essere, invece, sradicato, sovvertito nella sua logica costitutiva: la logica dell'identità, innervata nell'illimitatezza del desiderio e nella doppia scena paranoica della paura e della morte dell'altro. Tracciare una linea di frattura e di opposizione al potere significa, nel cuore del nostro presente globale, spostare il focus sui soggetti e sulla loro potenza di metamorfosi/rigenerazione. Ma ciò è possibile solo staccandosi dal rumore dell'attualità e riprendendo il filo interrotto di opere solitarie ed estreme.
Fenomenologia del potere dalla letteratura alla filosofia
Corrado Ocone - Il Mattino 12 DICEMBRE 2011
Si può ben dire che il nostro sia il tempo della catastrofe. Che non è però da intendere come apocalisse, fine dei tempi, ma come rivolgimento strutturale, cambio di paradigma. La filosofia deve accompagnare il cambiamento, capirlo se non proprio anticiparlo. E lo può fare meglio se si è aiuta con la letteratura: con alcune analisi radicali novecentesche del Potere fatte da grandi scrittori. E’ la tesi di Giacomo Marramao, autore di Contro il potere. Filosofia e scrittura (Bompiani, pagine 153, euro 10). Che la esemplifica con una raffinata analisi dell’archeologia e della fenomenologia del potere che viene fuori dalle opere di due grandi scrittori del Novecento di lingua tedesca..
La lingua come strumento di libertà nel pamphlet di Marramao
Quella letteratura contro il potere. Le opere di Kafka, Canetti e Müller al centro della disputa ingaggiata dal filosofo
di Nadia Fusini Repubblica 9.1.12 da segnalazioni.blogspot.com
L´ultimo libro del filosofo Giacomo Marramao (Contro il potere, Bompiani) si presenta col taglio agile del pamphlet – una forma espressiva dagli intenti polemici, che nel Settecento usò in maniera sublime uno scrittore sofisticato come Jonathan Swift. Esemplare la sua modesta proposta di risolvere la miseria dei nullatenenti irlandesi cattolici, ricchi però di figli, vendendo le loro creature, a tale scopo opportunamente ingrassate, ai proprietari anglo-irlandesi, perché se ne cibassero… E aggiungeva anche deliziose ricette. C´è poco da ridere, ci fu chi disse. In realtà, in tempi estremi, di fronte a mali estremi, la ragione non può che procedere per paradossi. Non a caso, negli ultimi tempi, il pamphlet, in quanto forma, ha ripreso vigore.
Secondo questa nuova tonalità, Marramao oggi riprende temi, su cui altre volte in modo più propriamente filosofico s´era soffermato: il potere, la politica, la potenza, il desiderio. Un´urgenza nuova sembra spingerlo a quelle stesse domande, applicandosi all´ascolto di scrittori-pensatori, che di fronte all´aporia della ragione si sono affidati alla "scrittura".
La scrittura e la differenza intitolava Jacques Derrida un testo giustamente famoso della fine degli anni ´60, dove per l´appunto si dimostrava come la filosofia non fosse un "genere" chiuso, ma costitutivamente aperto a contaminazioni feconde con la letteratura. Sì che, via via leggendo, la congiunzione paratattica del titolo del libro apriva a un´altra figura, quella retorica dell´endiadi, dove due termini esprimono un unico concetto. Allo stesso modo, nel libro di Marramao il potere e l´identità si stringono. Diventano la stessa cosa.
A questa conoscenza il filosofo – è lui a riconoscere il debito – arriva grazie alla frequentazione di Elias Canetti, che allena la sua mente a cogliere il dispostivo anti-metamorfico del potere; e alla lettura dei racconti di Franz Kafka, dove registra una nuova specie di critica dell´esperienza, quasi che il potere lo si conoscesse davvero solo così, nella violenza del contatto sensibile. Non c´è più grande esperto del potere di Kafka, afferma Marramao. Mentre l´incontro con Herta Müller, la scrittrice tedesca nata in Romania, esule nella sua propria lingua, accende nel filosofo italiano l´intuizione di come la disappropriazione dal proprio sé sia, pur nella sventura, una via d´accesso privilegiata alla verità dell´essere. Cui da sempre la filosofia ambisce. Il potere in rapporto alla verità è invece in difetto. Addirittura, alla verità dell´essere il potere si dimostra antagonista per la sua innata vocazione a contrastare il dinamismo, la molteplicità, la pluralità che appartengono al divenire. All´essere in potenza.
Mi è piaciuto questo libro, perché restituisce alla letteratura il prestigio di una speciale intimità con il senso dell´esistenza. Non a caso la polemica, nel senso di controversia e disputa, che Marramao ingaggia "contro il potere" prende avvio dalla figura dello "scrittore" – custode di un´idea della creatura umana in quanto essere in potenza; in potenza, non di potere. Potenza di cui dà testimonianza nella sua esaltazione della capacità di metamorfosi della lingua, nella lingua. È proprio nel linguaggio, che l´uomo si conosce capace di flessibilità; proprio perché gioca con la lingua si ritrova libero, in potenza, di potere congedarsi dalle vette del concetto per celebrare l´esperienza.
Nelle pagine finali la polemica stringe il fuoco sull´epoca nostra chiamando in scena, guarda caso, un linguista, Raffaele Simone. Si disegna qui la figura che sostiene tutto il libro: quella di una vera e propria Auseinandersetzung, un dibattimento in cui l´uno e l´altro si confrontano soprattutto sul bisogno reciproco – a ribadire che il pensiero vivo è di necessità dramma.
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