giovedì 12 gennaio 2012

Nostalgie del Bottino che fu

Sinistra. Insegnamento anche per il presente nel volume curato da Acquaviva e Gervasoni
Il duello che nessuno vinse
Così fallirono i disegni contrapposti di Craxi e Berlinguer
di Michele Salvati Corriere della Sera 12.1.12

«Perché l'Italia fu teatro di un lungo, acceso e spesso aspro "duello a sinistra"?... Perché questa lotta politica ebbe l'esito infausto che conosciamo, che nel 1992-94 si espresse nella morte del Psi e nell'involuzione dell'esperienza del Pci?... Quali conseguenze ebbe questo esito traumatico nel favorire il crollo della "Repubblica dei partiti"?». Non si tratta di «questioni archeologiche», sostiene Gennaro Acquaviva nella nota introduttiva da cui ho tratto la citazione. Ha ragione: ora che (forse) siamo all'epilogo della Seconda Repubblica, è illuminante riflettere sull'epilogo della Prima: due sistemi politici all'apparenza molto diversi, l'uno il frutto della crisi dell'altro, ma entrambi incapaci di assicurare all'Italia un buon governo ed entrambi conclusi da una grave crisi politica ed economica. Così grave da richiedere governi «tecnici», Ciampi e Dini nel 1993-95, Monti oggi.
La raccolta di saggi Socialisti e comunisti negli anni di Craxi (Marsilio, pagine 398, 29), curata da Acquaviva e da Marco Gervasoni, si riferisce alla fase finale della Prima Repubblica, alla sua crisi, e in particolare ai rapporti tra due dei suoi tre grandi protagonisti: socialisti e comunisti. Trattandosi di lavori seri, i vizi originari del sistema politico che si formò in Italia nel dopoguerra sono però sempre presenti. Ed è sempre presente il terzo grande protagonista, la Democrazia cristiana: se non direttamente, lo è attraverso i riflessi sugli altri due. E l'aver fissato l'attenzione sui difficili rapporti tra Psi e Pci ha il grande merito di concentrarsi sul nucleo centrale dell'anomalia italiana, al quale va fatto risalire il cattivo governo del nostro Paese nei lunghi trent'anni del centrosinistra: il predominio del Partito comunista nella sinistra e di conseguenza — nelle condizioni internazionali di allora — la conventio ad excludendum e l'impossibilità di alternanza. Conseguenza di questa conseguenza: quando la Dc e i partiti laici minori non furono più in grado di ottenere la maggioranza e un tentativo di riforma elettorale maggioritaria non andò a buon fine («legge truffa», 1953), l'alleanza tra Dc e Psi, il centrosinistra, divenne inevitabile. E fu inevitabile un cattivo governo, composto da partiti costretti a stare insieme ma con orientamenti e interessi profondamente diversi, tallonati da un partito escluso ma forte nella società e nelle istituzioni, radicato nel movimento sindacale. L'eccezionale inflazione degli anni Settanta e Ottanta e l'accumulazione del debito pubblico che ancora ci portiamo appresso — due indicatori importanti di cattivo governo economico — si manifestano proprio con il centrosinistra.
Questo è lo scheletro della storia. I nervi e i muscoli, i diversi aspetti del «duello a sinistra», sono analizzati in modo illuminante da tredici saggi di storici seri — di prevalente orientamento socialista, ma capaci di tener distinte le loro inclinazioni ideologiche dal mestiere di studioso — e sono arricchiti da tre gruppi di testimonianze di politici socialisti e comunisti di allora. Impossibile dare un'idea di 480 dense pagine in una breve recensione: la semplice indicazione dei nomi degli autori e degli argomenti trattati porterebbe via troppo spazio. Mi limito allora al saggio di Marc Lazar, non perché sia migliore di altri, ma perché la sua analisi comparata dei rapporti tra socialisti e comunisti in Italia e in Francia lo porta più vicino allo scheletro della nostra storia. Anche in Francia i comunisti emersero dalla Seconda guerra mondiale più forti dei socialisti e così restarono — anche se la sproporzione era minore che in Italia — per tutta la Quarta Repubblica e ben oltre l'inizio della Quinta. Che cosa determinò l'inversione dei rapporti di forza, l'accesso della sinistra al governo con un'alleanza Pcf-Ps a predominio socialista (Mitterrand, 1981) e poi il rapido declino dei comunisti?
Tanti sono i fattori finemente analizzati da Lazar e mi limito a sottolineare i tre che mi sembrano più importanti: le riforme costituzionali di de Gaulle, abilmente usate contro le intenzioni di chi le aveva proposte; l'attenzione di Mitterrand verso i comunisti — non un «duello a sinistra» — in vista di una possibile alleanza contro i «partiti borghesi» (e si trattava di una attenzione credibile, perché praticata da un partito, il Ps, che con i partiti borghesi non aveva contratto un accordo organico di centrosinistra, come invece aveva fatto il Psi); la maggiore libertà d'azione della sinistra in un Paese vincitore della guerra, cui gli americani non potevano imporre una conventio ad excludendum. Al di là dei diversi caratteri personali, queste erano le condizioni — insieme alla maggior forza del Pci rispetto al Pcf — che impedirono a Craxi di diventare il Mitterrand italiano.
Anche se sono frequenti, in saggi scritti nel 2010, i riferimenti successivi alla crisi politica del 1992-94, e dunque all'esperienza della Seconda Repubblica, nella sostanza i contributi di questo libro si attengono al tema che era stato loro proposto: il «duello a sinistra» tra socialisti e comunisti nella sua fase finale, nella crisi della Prima Repubblica. Non affrontano dunque il problema politico che li rende interessanti, «non archeologici», per un lettore di oggi.
Comunisti e socialisti non ci sono più, almeno come grandi forze politiche; prima l'alternanza non era possibile e oggi lo è; nella Prima Repubblica il sistema elettorale era proporzionale e ora è maggioritario: a queste differenze viene spesso attribuita la responsabilità del cattivo governo che condusse alla crisi e alla necessità di governi tecnici tra il 1993 e il 1996. Come mai, allora, ci troviamo oggi nella stessa situazione? La domanda è urgente, se ci preoccupiamo di che cosa accadrà dopo il governo Monti: ricadremo ancora in un cattivo governo «politico»? A questa domanda il nostro libro non può rispondere, ma fornisce buoni materiali per riflettere e soprattutto per escludere risposte superficiali.

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