La tesi è banale: l’uomo moderno si crea dei doppi. Un doppio mondo, una doppia vita. Il rischio, grave, è delegare a questa immagine allo specchio ogni pulsione e ogni voglia. Con il virtuale il mondo si svuota di senso, e anche la partecipazione politica e la libertà si spengono. Perché lottare, se liberi possiamo già esserlo nel mondo del doppio? «Da qui l’astensione in aumento, l’indifferenza virale». Eh già: «Le persone non solo non vogliono più essere rappresentate, ma non vogliono nemmeno più essere liberate».
Ora, trascorso appena un anno in cui la rete è stato il mezzo della libertà, l’errore di valutazione è chiaro. Ma Baudrillard va più a fondo. Il punto non è tanto la rete come strumento di comunicazione troppo poco allarmante. È l’ontologia a preoccuparlo, il tema del doppio, del clone. Ed è proprio qui che Baudrillard svela l’incompatibilità tra Internet e la filosofia, o meglio l’immensa paura che il web fa alla seconda.
Il doppio ci svuota, impoverisce! Davvero? In una scena dell’Amleto, il principe di Danimarca inchiodava lo zio con uno stratagemma: faceva assistere la corte a una commedia che rappresentava il crimine che aveva compiuto. Splendido esempio di duplicazione: l’uomo comprende e si comprende “uscendo da sé”, guardandosi agire in duplicato, fissando lo specchio della messa in scena. Il teatro, la letteratura, l’arte, non sono in fondo altro che questo: lo stratagemma trovato dall’uomo per duplicarsi e per guardarsi agire. Una “second life”, nonché la prova più plateale che non è affatto il doppio a svuotarci, ma è, casomai, un’arma per capirci.
Se è così, allora, come mai i filosofi odiano la duplicazione? Perché Baudrillard grida all’apocalisse? L’accusa che muove al web è identica a quella che Platone muoveva a tutti i doppi artistici: pittura, teatro, poemi. Secondo il filosofo distoglievano dalla realtà, e portavano il popolo a confondere la vita col sogno, le cose con le loro ombre, e dunque la “life” con la “second life”. Perciò Platone concludeva: l’unica soluzione era instaurare una repubblica governata dai filosofi, diffidare dell’arte e bandire ogni duplicato. Dal suo, Baudrillard sprona alle scienze umanistiche. Voilà spiegato il grande arcano. Quello che è in ballo è una sfida millenaria tra spiegazione e intuizione, cioè tra filosofi e artisti, potere mediato e immediato.
Nelle rivoluzioni, nel quotidiano, Internet vince perché è questo: immediatezza. Informazione, televisione, comunicazione, del tutto libera dai media, dagli intermediari. Lo stesso ruolo degli artisti. L’artista, il pittore, il drammaturgo, come il creatore di mondi virtuali, è per antonomasia il creatore di doppi, di rappresentazioni, cioè qualcuno che permette all’uomo di capirsi in maniera visiva e intuitiva, come davanti a uno specchio: d’istinto. L’esatto contrario del filosofo, dell’ideologo, dell’analista, che è medium per definizione. Baudrillard non capisce Internet semplicemente perché Internet non capisce Baudrillard, non ne capisce più il ruolo e non ha più bisogno di lui. Così, il filosofo grida alla fine del mondo, perché intuisce che nell’altro mondo, il mondo visuale oltre lo specchio, libero, doppio e immediato, un clone del filosofo non c’è. Urla allo scandalo, alla fine dei tempi, perché Internet libera dall’ideologia. E mentre lo urla, e si dispera, la Storia, intanto, fortunatamente, è altrove.
2 commenti:
Ammesso e non concesso che sia tutto qui, quel che dice Baudrillard (che il doppio impoverisca mi pare proprio sia un'eccessiva semplificazione del suo pensiero), mi sembra che si sia dimenticato che quel saggio è del 1999, pubblicato in Italia nel 2000. Altri tempi, soprattutto per parlare di Internet.
Grazie per la precisazione. SGA
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