mercoledì 21 marzo 2012

Tradotta "La variazione" di Charles Darwin

Charles Darwin: La variazione degli animali e delle piante allo stato domesticoa cura di Alessandro Volpone, Einaudi, pagg. 915, euro 85

La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico va considerata una delle tre opere maggiori di Darwin, insieme all'Origine delle specie e all'Origine dell'uomo. Sono i tre libri che fondano il pensiero evoluzionista. Però del terzetto, la Variazione è senz'altro quello che ha avuto meno attenzione fra gli studiosi. In Italia, addirittura, non ha avuto traduzioni successive a quella di Giovanni Canestrini del 1876. Qualcuno ha pensato che quest'opera valesse soltanto per le pezze d'appoggio che forniva alla teoria generale darwiniana, ma in realtà è il luogo dove Darwin definisce questioni fondamentali come le leggi per l'ereditarietà, l'incrocio e la variazione. I meccanismi della selezione naturale e della selezione artificiale indotta dall'uomo procedono con modalità diverse, ma appartengono allo stesso ordine di fenomeni, e questa è un'acquisizione scientifica che conferma la teoria evoluzionistica e la apre a una serie di questioni mai affrontate prima da Darwin. 


Per il lettore non specialista va anche aggiunto che lo stile argomentativo di Darwin è sempre comprensibile e accattivante, anche perché gli scienziati dell'epoca non avevano ancora elaborato linguaggi troppo tecnici, accademico-esoterici. E dunque ripercorrere queste pagine significa accedere a uno degli snodi principali della scienza moderna imparando tante cose che riguardano piante e animali ben noti coi quali abbiamo a che fare quotidianamente.

Come scrive Telmo Pievani nella sua prefazione: «Immedesimandoci ora negli ospiti occasionali di un gentiluomo di campagna che ci sta per accompagnare in visita alla sua tenuta, non resta che tuffarsi nel mondo vittoriano della variazione darwiniana, tra fiere di bestiame, orgogliosi allevatori, parroci naturalisti, collezionisti di stranezze, giardinieri, cacciatori e viaggiatori, tra esperimenti casalinghi e fitte corrispondenze che servivano per rinsaldare una rivoluzione scientifica. Giovanni Canestrini a suo tempo ebbe la fortuna e l'onore di confrontarsi direttamente con l'autore. A qualche generazione di distanza, non priva di favorevoli variazioni ereditate, l'Italia rinnova quella capacità di ricezione e di approfondimento della visione evoluzionistica che aveva stupito anche il grande naturalista inglese».                  


Qual è il vero? I due Darwin che fecero litigare il mondo

Est vs Ovest: su ereditarietà e ambiente si è giocata una lunga partita ideologica Ora potrebbe risolversi con la nuova traduzione della sua opera “La variazione”

di Alessandro Volpone  La Stampa TuttoScienze 21.3.1 da Segnalazioni



Negli Anni 50 del secolo scorso, in Occidente, la Grande Sintesi evoluzionistica suffragava «L’origine delle specie» di Charles Darwin del 1859, riformulando la teoria darwiniana in accordo con le moderne conoscenze genetiche. Nello stesso periodo anche l'Urss magnificava il naturalista inglese, ma per un'altra opera: «La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico» del 1868. Sulla base delle cognizioni dell'epoca in cui fu scritta, la «Variazione» poneva particolare enfasi sul ruolo dell'ambiente e proprio per questo veniva apprezzata nei Paesi che, sotto l'egida di Stalin, avevano abbracciato le teorie ideologizzate dell'agronomo ucraino Trofim D. Lysenko. Si ebbero così due Darwin, corrispondenti a due differenti visioni della scienza della vita.
È questo il culmine di una lunga controversia di natura sia scientifica sia politico-culturale iniziata già alla fine degli Anni 20. Nel corso del 900, infatti, la «Variazione» aveva ricevuto un' attenzione sempre più scarsa, cadendo nell'oblio. In Italia si può prendere ad esempio la voce «genetica» della Grande Treccani, scritta dal padre dello studio di geni e cromosomi, lo statunitense Thomas H. Morgan. Menzionava l'«Origine» di Darwin tra i lavori anteriori alla riscoperta delle leggi di Mendel nel 1900. Ma taceva sulla «Variazione», opera ciclopica e specificamente dedicata all'argomento. Questo e altri silenzi appaiono oggi significativi. Le uniche riproposizioni novecentesche dell'opera si ebbero in nazioni che ruotavano nell' orbita sovietica: nel 1951 fu realizzata una nuova traduzione in russo, seguita nel 1959 da traduzioni in polacco e in ungherese.
Ciò che era in discussione non era il darwinismo in sé, ma il meccanismo ereditario alla sua base. La genetica mendeliana-morganiana - oggi ancora essenzialmente valida - era etichettata come scienza «borghese e reazionaria», perché radicava le mutazioni nelle dinamiche «interne» di geni e cromosomi e riteneva che fossero casuali. I genetisti sovietici d'impostazione «occidentale», come Nikolaj Vavilov, furono perseguitati e uccisi, le loro scuole disperse. L'idea di Lysenko di poter modificare indefinitamente la struttura ereditaria «dall'esterno», al contrario, sembrava soddisfare le tesi del marxismo-leninismo, che prevedeva nei processi trasformativi sia della società sia della natura azioni reciproche di tipo «dialettico».
La contrapposizione ideologica, probabilmente, spinse a irrigidire le interpretazioni delle idee di Darwin in materia di variazione ed ereditarietà, che sono rimaste misconosciute a lungo e solo di recente l'argomento è stato affrontato con maggiore lucidità. Qual è, dunque, il vero Darwin? L'origine della variazione, nella sua ottica, era basata sull'interazione di (almeno) tre fattori. Darwin identificava la causa primaria con l'azione «indefinita» dell'ambiente e la causa secondaria con gli effetti dell'incrocio e ad entrambe affiancava come con-causa la natura dell'organismo. Non credeva, però, nella trasmissione dei caratteri acquisiti, come talvolta si sostiene; e nel principio dell'uso e del disuso non vedeva una causa di variabilità, ma una modalità di crescita.
La nuova traduzione italiana della «Variazione», in versione integrale, rappresenta ancora, clamorosamente, l'unica riedizione post-ottocentesca dell'opera in un Paese occidentale. La posizione di Darwin, così come emerge in questa pubblicazione edita da Einaudi e da me curata, non coincideva né con l'una né con l'altra stigmatizzazione culturale, ma era intermedia tra internalismo ed esternalismo. È interessante notare che oggi la ricerca sviluppa una diversa concezione del rapporto organismo-ambiente, tenendo conto sia dei fattori interni (mutazione e ricombinazione) sia di quelli esterni (l'interazione con l'ambiente). C'è stato quindi un maggiore avvicinamento alle idee originali di Darwin, che possono essere viste sotto una nuova luce. Anche in questo caso, però, bisogna non eccedere con le attualizzazioni: Darwin è stato uno scienziato acuto e lungimirante, ma resta pur sempre un naturalista della sua epoca.
A cura dell’Agi - Associazione Genetica Italiana

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