«Uscire dalla galera terapeutica» e «prendere la via del largo» sono le colorite espressioni con le quali Freud, pur privilegiando il rapporto di cura, apre la psicoanalisi al confronto con altri ambiti disciplinari e a un più vasto contesto sociale. Un compito ineludibile negli anni 20-30 quando l'Europa si sta avviando, senza esserne pienamente consapevole, verso la catastrofe della Seconda guerra mondiale. Saggi quali Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), Il disagio della civiltà (1929), Perché la guerra? Carteggio con Einstein (1932) rappresentano contributi fondamentali per comprendere l'interazione che intercorre tra individuo e società, mondo interno e mondo esterno, economia psichica e regole sociali.
giovedì 24 maggio 2012
La festa è finita ma non per tutti
Il repentino e pressoché unanime richiamo alla sobrietà, alle regole a al realismo che investe numerosi ambiti culturali dovrebbe essere salutato come la fine del delirio postmoderno. Comincio a temere, tuttavia, che nasconda un'enorme fregatura. Ciò che è terminata è quell'illusione di accesso infinito e generalizzato al consumo che per diversi decenni ha ubriacato le classi subalterne. Ma non termina per nulla l'allargamento delle fratture sociali, né termina il divertimento delle élites [SGA].
«Uscire dalla galera terapeutica» e «prendere la via del largo» sono le colorite espressioni con le quali Freud, pur privilegiando il rapporto di cura, apre la psicoanalisi al confronto con altri ambiti disciplinari e a un più vasto contesto sociale. Un compito ineludibile negli anni 20-30 quando l'Europa si sta avviando, senza esserne pienamente consapevole, verso la catastrofe della Seconda guerra mondiale. Saggi quali Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), Il disagio della civiltà (1929), Perché la guerra? Carteggio con Einstein (1932) rappresentano contributi fondamentali per comprendere l'interazione che intercorre tra individuo e società, mondo interno e mondo esterno, economia psichica e regole sociali.
Denaro, potere e narcisismo: è tempo di rifondare le regole
La psicoanalisi al tempo della «speculazione sfrenata»
di Silvia Vegetti Finzi
Corriere 24.5.12 da Segnalazioni
«Uscire dalla galera terapeutica» e «prendere la via del largo» sono le colorite espressioni con le quali Freud, pur privilegiando il rapporto di cura, apre la psicoanalisi al confronto con altri ambiti disciplinari e a un più vasto contesto sociale. Un compito ineludibile negli anni 20-30 quando l'Europa si sta avviando, senza esserne pienamente consapevole, verso la catastrofe della Seconda guerra mondiale. Saggi quali Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), Il disagio della civiltà (1929), Perché la guerra? Carteggio con Einstein (1932) rappresentano contributi fondamentali per comprendere l'interazione che intercorre tra individuo e società, mondo interno e mondo esterno, economia psichica e regole sociali.
Se ora quel compito si ripropone
con forza è perché la crisi epocale che stiamo attraversando pone
domande nuove e chiede più vaste assunzioni di responsabilità. Ne ha
preso atto la freudiana Società psicoanalitica italiana decidendo, nel
suo Congresso nazionale, non solo di affrontare temi inconsueti alla sua
riflessione quali «Denaro, potere e lavoro tra etica e narcisismo», ma
anche di sottoporli al dialogo e al confronto con istituzioni e
protagonisti della scena sociale.
Benché eterogenei gli ambiti
prescelti rivelano, alla luce dello scandaglio analitico, di condividere
le dinamiche inconsce latenti in ogni esperienza umana. Sfuggendo al
controllo della coscienza, l'inconscio introduce infatti, nei
comportamenti individuali e collettivi, un fattore di onnipotenza che
compromette, se non viene prontamente riconosciuto e governato, la
razionalità dell'agire umano. Lo vediamo in atto nella speculazione
finanziaria che produce a dismisura denaro dal denaro, lo riconosciamo
nel potere che persegue forme di dominio assoluto, nel lavoro che cede
alle esigenze del profitto, nel narcisismo patologico ove l'Io,
oltrepassando l'amor proprio, si impone incondizionatamente, incurante
delle esigenze altrui. Lasciata a se stessa, l'onnipotenza, incapace di
scegliere — in quanto scegliere significa limitare le pretese e
rinunciare alle altre alternative — finisce per tradurre il tutto in
niente, trasformandosi alla fine in impotenza, inerzia, stagnazione. Se
ne colgono gli effetti psichici più gravi in situazioni di eccitazione
incontrollabile oppure di blocco e di vuoto dove la vita sembra girare
su se stessa, incapace di ammettere la propria insufficienza e di
procedere verso obiettivi parziali. Per evitare i danni provocati
all'individuo e alla società dalla dismisura e dalla cancellazione dei
limiti, appare necessario approntare nuove regole, valide per gli
individui e per la collettività. Ma prima di affrontare i processi di
decostruzione e ricostruzione dei sistemi normativi, il programma del
Congresso affida alla filosofia il compito di fondare la necessità e il
fine delle regole.
Silvana Borutti, docente di Filosofia teoretica
all'Università di Pavia, le radica nell'incompiutezza del soggetto
umano, sempre esposto al riconoscimento degli altri per costituirsi e
realizzarsi. Di qui la necessità e la funzione di norme, non solo
proibitive, ma anche capaci, proiettandosi al di là dell'esistente, di
aprire nuovi orizzonti di valore e di senso. Non sarà certo possibile
rispondere ai tanti interrogativi suscitati dal tema prescelto, ma
confronto e dialogo con studiosi e rappresentanti della realtà sociale
potrà essere sorprendente. La psicoanalisi, dopo più di un secolo di
ascolto, ha maturato un patrimonio di conoscenza e sapienza che può
costituire un «sistema di riferimento» sul quale riflettere. Senza
dimenticare che, come sosteneva Elvio Fachinelli, si tratta di un
«sapere della domanda» più che della risposta.
Dopo lo slogan
antiautoritario del '68 «proibito proibire», di fronte a tante forme di
deregulation, gli psicoanalisti freudiani valorizzano ora la funzione
protettiva, contenitiva, strutturante delle regole. Anche nel momento
più creativo l'artista riconosce le regole dell'arte, se non altro per
infrangerle. L' «elogio delle regole» rischia però di risultare
regressivo e reazionario se non viene sottoposto a una analisi critica,
se non si confronta con le esigenze di liberazione insite nel pensiero
di Freud e dei suoi successori. Di fronte all'eterna contesa tra Es e
Super-io, tra istanze pulsionali e antipulsionali, l'analista, dice
Stefano Bolognini, si propone, restando neutrale, di far raggiungere al
paziente nuove forme d'equilibrio. Operando in un setting accuratamente
regolato, la terapia psicoanalitica si propone come laboratorio
sperimentale per un buon uso delle norme. Analista e analizzato si
accordano infatti su spazio, tempo, denaro e la regola fondamentale
delle libere associazioni. Ma non tutto è negoziabile. Anche
nell'analisi più democratica le posizioni restano asimmetriche:
l'analista si colloca in una posizione più alta rispetto
all'analizzante. Non per autoritarismo ma per senso di responsabilità
verso il più debole, per tutelarlo e aiutarlo ad esprimere tutte le sue
potenzialità. Il paradigma di riferimento è quello parentale, riportato
però alla forma edipica tradizionale contro le modalità paritetiche
della famiglia tardo moderna, dove tutte le relazioni, come tra
coetanei, si pongono come simmetriche. Ma in realtà non sono reciproche.
Ho udito spesso un padre dire: «sono il miglior amico di mio figlio»,
mai il contrario.
Intervista
a Stefano Bolognini, presidente dell’associazione che riunisce i
freudiani del mondo alla vigilia del Congresso della Società
psicoanalitica "Oggi ci illudiamo di poter adeguare l’ordine esterno ai nostri desideri onnipotenti"
intervista di Luciana Sica da dirittiglobali
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