giovedì 24 maggio 2012
Luciano Canfora sull'affaire-Gramsci
Luciano Canfora
Gramsci, il finto giallo del quaderno sparito
“l
dubbi e le discontinuità sono sempre presenti in lui: ipotizzare un
anello mancante, magari per insinuare un’abiura dal marxismo, non serve”
di Luca Telese
il Fatto 24.5.12 da Segnalazioni
E
poi alla fine della nostra intervista, Luciano Canfora sorride e trae
le sue conclusioni. In primo luogo sulla montagna di polemiche nate,
dalla proliferazione di pubblicazioni incandescenti e contrapposte sul
pensatore di Ales. Gramsci attuale, Gramsci controverso,
Gramsciancorauna volta conteso. Gramsci avvolto nel mistero, da quando
lo storico Franco Lo Piparo ha posto un interrogativo fondato sulla
possibile sparizione di uno dei quaderni: “Vede–diceCanfora-iomirendo
conto che questo possa dare fastidio a qualcuno, e scompigliare le
teorie preconfezionate di altri: Antonio Gramsci non è stato un
pensatore settario, e nemmeno un precursore del pensiero
liberaldemocratico. Non ha avuto conversioni in punto di morte, o se
così è stato, come proverò a dimostrare, per ora non ce ne sono prove”.
Chiedo al più raffinato professoredellafilologiacomunista cosa sia stato
Gramsci per lui. Il professore sorride, dietro le sue lenti: “Un
comunista eretico in tempi di ortodossia. Le pare poco? Basta questo a
renderlo terribilmente contemporaneo”. Il filosofo barese ha appena
pubblicato un libro (Gramsci in carcere e il fascismo, Salerno editrice,
14 euro) sul fondatore de l’Unità. Un libro che si inserisce nella
contesa storiografica con una tesi “neoclassica”, che ha già fatto
arrabbiare Gianni Riotta e Europa, e che invece è piaciuta a l’Unità
(recensione entusiasta di Giulio Ferroni).
Professore, la divertono stroncature ed elogi?
Guardi,
l’articolo di Ferroni mi ha reso felice, quello di Europa mi è
sostanzialmente indifferente. Spero che questo tale che ha firmato la
recensione sia un uomo di lettere, sono certo che ha scritto del mio
libro senza peritarsi di leggerlo, visto che mi rimprovera di aver
omesso temi e problemi a cui dedico un intero capitolo del libro!
Provo
a semplificare la disputa: alcuni polemisti, in questi mesi, sostengono
che ci sia un quaderno che è stato occultato da Palmiro Togliatti. E
che gli studiosi “di sinistra”, fra cui ovviamente anche lei, tendano ad
occultare questa verità.
Ovviamente la seconda cosa è una sciocchezza. La prima mi pare non impossibile, ma altamente indimostrabile.
Proviamo a spiegarlo ai lettori de Il Fatto come se fossero i suoi studenti….
Primo
fatto. Lo Piparo, che è uno studioso molto serio, e che io stimo, si
pone un interrogativo filo-logicamente corretto. Quale? Se fosse un
mistero, il giallo comincerebbe così: nel celebre discorso di Napoli del
20 Aprile 1945, Palmiro Togliatti esibisce un quaderno e dice: “Gramsci
ci ha lasciato 34 grossi quaderni come questo – eccone uno! – coperti
di scrittura minuta, precisa e uguale”. Solo che proprio qui iniziano i
problemi: perché, come nota correttamente lo Piparo, i quaderni di cui
oggi siamo a conoscenza sono solo 33. Ne manca uno? È stato trafugato?
Censurato? C’è un errore di numerazione, come sostengono altri?
Non mi sembra convinto di queste tesi.
Infatti.
Però, se restiamo nel campo della scienza, la cosa più improbabile è
partire da un dato vero per sostenere un’idea non provata né
dimostrabile. Che il quaderno mancante sia l’ultimo, quello in cui
Gramsci avrebbe esplicitato la sua inverosimile presa di distanze dal
comunismo, fino ad abbracciare improbabili conversioni.
Mi spieghi perché è così scettico.
I
quaderni sono un corpus in evoluzione, non un fotoromanzo a
puntateanimatodacolpidiscena. Come provo a ricostruire nel mio libro,
gli strappi e i passaggi di discontinuità di Gramsci sono tanti, e
molteplici. Non serve ipotizzare un quaderno segreto, per apprezzarli,
basta leggere per trovare una miniera di pensieri non conformi ai suoi
tempi e alla disciplina del partito in cui militava.
Mi faccia un esempio…
Basta
legge la pagina 1949-1950 dell’edizione di Gerratana per trovare una
riflessione perfettamente sistematizzata sui sistemi politici. Gramsci
descrive quelli che definisce “sistemi totalitari”: ‘Entrambi fanno
pedagogia alle massechevengonoviziate’. Èevidente che sta parlando sia
del comunismo reale che del nazismo. Ma che quel giudizio riferito al
paese di Stalin, ed espresso da un comunista, è durissimo….
In quella pagina si parla male anche dei sistemi liberali, dicendo che non sono rappresentativi
Oh,
sì. Le ripeto, Gramsci resta comunista, senza dubbio. Ma visto che
bisogna leggere il contesto, aggiunga anche che le stesse
coselepensavaunostudiosonon sospetto di ostilità al pensiero liberale
come Benedetto Croce, che lo aveva scritto già nel 1910.
I “revisionisti” dicono: Gramsci supera il marxismo.
Partiamo
da un altro dettaglio: nelle lettere a Mussolini Gramsci chiede a
Mussolini di poter leggere testi di De Man, un pensatore che teorizza il
superamento del marxismo. Ma il fatto che Gramsci leggesse idee diverse
dalle sue non prova nulla sulla presunta conversione.
E se invece dovesse rispondere con una pagina a quelli che contestano la modernità di Gramsci?
Indicherei
la sua riflessione attualissima sul “Cesarismo”. Una interpretazione
che, sia detto per inciso, veniva sconsigliata da Togliatti e anche da
Marx. Mentre i materialisti dialettici esaltano il ruolo delle masse e
sottovalutano quello dei leader, Gramsci nel quaderno 11 prende a
modello Napoleone III per uno studio attuale sul carisma del capo.
Sarei blasfemo se dicessi che in questa categoria potrebbe trovare posto anche Berlusconi?
Il
paragone con Napoleone III sarebbe troppo lusinghiero per lui, a mio
parere. Gramsci ipotizza un cesarismo regressivo e uno progressivo, e
forse ha più in mente Mussolini.
Perché Gramsci oggi torna prepotentemente sulla scena?
Perché
come vede ha delle cose da dire. Ci sono tanti testi dimenticati che
saltano fuori. Ci sono dei classici, delle perle come “Odio gli
indifferenti”, pubblicato da Chiarelettere e. Oppure la preziosa
antologia di D’Orsi e Chiarotto. Anche quella è una miniera di idee.
Quindi le polemiche non la preoccupano?
No.
Perché credo che le crisi finanziarie e i popoli in rivolta, ovvero i
due elementi su cui pensatori come Gramsci si sono rotti la testa sono i
ferri del mestiere contemporanei. Non un Gramsci liberale, quindi, ma
un Gramsci più attuale: proprio perché passa dieci anni a interrogarsi
su quale rivoluzione sogna, e su come realizzarla.
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