mercoledì 9 maggio 2012
L'inchiesta di Roy sulla guerriglia maoista in India
Arundhati Roy: In marcia con i ribelli, Guanda
Nitido e scritto a macchina, il biglietto in
busta sigillata infilato sotto la porta confermava l'appuntamento.
Arundhati Roy aspettava questa notizia da mesi, era pronta: doveva farsi
trovare al tempio di Ma Danteshwari nell'orario e nel giorno stabiliti,
con la macchina fotografica, il tika e una noce di cocco. In questo
modo il pericoloso ribelle adivasi che avrebbe incontrato, a sua volta
provvisto di cappellino, rivista hindi "Outlook" e banane, avrebbe
potuto riconoscerla. Ad accoglierla, però, c'era un ragazzino dall'aria
tutt'altro che minacciosa, e per giunta senza giornale né banane, veloce
spuntino consumato per ingannare l'attesa. Molto poco professionale per
chi costituiva "la più grande minaccia per la sicurezza interna"
dell'India, come sostenuto senza mezzi termini dal primo ministro
Chidambaram in persona. Comincia così questa coraggiosa e sorprendente
ricognizione attraverso un'India sconosciuta, il cui orizzonte fisico ed
economico negli ultimi decenni è stato completamente ridisegnato dalle
multinazionali. Con la connivenza del governo, le grandi aziende si sono
impadronite delle terre, delle foreste, delle vite delle popolazioni
locali in maniera del tutto illegittima e anticostituzionale. Ma i
poveri di questi villaggi hanno deciso di fare fronte comune e di unirsi
alla ribellione maoista per guidare la più grande democrazia del mondo
verso un futuro alternativo al capitalismo selvaggio e all'avidità
dilagante.
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